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Diaconato femminile /2. Cambiano i sacramenti, ma non il diaconato per le donne!

Diaconato femminile /2. Cambiano i sacramenti, ma non il diaconato per le donne!

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 27/12/2025

In Vaticano è stata resa pubblica la decisione negativa riguardo all’accesso delle donne al diaconato... «alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero della Chiesa». Vorrei esprimere brevemente il mio parere su tale deplorevole posizione.

È evidente che gli studi biblici contemporanei, in particolare dopo la Divino Afflante Spiritu (Pio XII) e la costituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano II, hanno fatto progressi e sono cresciuti in modo notevole, suscitando timore in alcuni e interesse nella maggior parte.

Così, mentre anticamente la Bibbia era solo qualcosa che doveva confermare ciò che la dogmatica affermava («Dicta probantia»), oggi si sostiene – non dappertutto, bisogna riconoscerlo – che la Bibbia è «l’anima della teologia».

Così, ad esempio, è stata abbandonata una mentalità che potremmo definire “giuridicista”, che cercava di dimostrare il momento preciso in cui Gesù avesse istituito determinati sacramenti. Oggi sembra più sensato affermare che non si tratta di Gesù che “fonda” la Chiesa, ma piuttosto del fatto che la Chiesa deve “fondarsi” su Gesù. E, come si dice, i sacramenti devono essere collocati all’interno di questa vita e tradizione ecclesiale.

È evidente che il Battesimo, ad esempio, veniva inizialmente amministrato «nel nome di Gesù», come si legge in Paolo e negli Atti degli Apostoli. Solo negli ultimi decenni del I secolo Matteo usò la formula «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», che in seguito si impose. Tuttavia, solo con il tempo fu accettata un’alternativa all’immersione del battezzando, con il versamento di acqua sulla sua testa. E persino di fronte alla conversione di massa degli indigeni in Messico, dovuta all’evento di Guadalupe, fu accettata l’aspersione con acqua (sebbene in seguito fosse proibita). Nel XX secolo inoltrato il grande teologo luterano Karl Barth sottolineò l’inopportunità del battesimo infantile, una visione che si è riflessa in numerosi trattati teologici europei.

Anche il sacramento della riconciliazione ha avuto i suoi momenti di cambiamento. Ispirato alla Lettera agli Ebrei (9, 26- 28; 10,10), per diversi secoli si amministrava una sola volta nella vita, con le ovvie conseguenze che ciò comportava. Oltre al momento penitenziale, importanti sono stati i pellegrinaggi al Santo Sepolcro, a Roma e a Santiago de Compostela (molto più tardi Francesco riesce a far aggiungere anche Assisi a questo gruppo), con le complicazioni e le conseguenze economiche che ciò comportava.

Sappiamo che anche l’Eucaristia ha attraversato fasi diverse nel corso della storia: l’unità tra “mensa” e “messa” era comune nei primi tempi, sebbene in seguito le due si sono divise. È interessante notare che il testo eucaristico nel vangelo di Giovanni (Gv 6, 9.13) inizia con il pane d’orzo (pane dei poveri), non di grano. Sappiamo persino che un tempo si partecipava alle preghiere del mattino e poi di nuovo a quelle della sera. Sappiamo anche che solo i battezzati potevano partecipare alla celebrazione eucaristica; pertanto, i catecumeni potevano parteciparvi solo parzialmente durante il primo anno e, nel secondo anno, fino al «Padre Nostro». Sappiamo anche che, in seguito alla crisi con il protestantesimo, la comunione al calice fu omessa. Ma l’Eucaristia – soprattutto sotto l’influenza del neoplatonismo – veniva celebrata nel mistero, qualcosa che solo chi aveva accesso all’altare poteva percepire. La celebrazione «circolare» del popolo attorno alla mensa dell’altare, ripresa dal Concilio Vaticano II, in lingua volgare, è stata certamente un nuovo cambiamento che, in generale, ha goduto di ampia ricezione.

Su questa stessa linea di pensiero, è evidente che nella storia della Chiesa ci sono stati diversi momenti per i ministri ordinati. È noto che l’attuale struttura dei tre «gradi» – diaconato, presbiterato ed episcopato – è stata stabilita solo nella «Traditio Apostolica» (Ippolito di Roma, III secolo). È vero che questi termini erano già utilizzati negli scritti tardi del Secondo Testamento e in alcuni Padri della Chiesa del II secolo (in particolare Ignazio di Antiochia) ma, da un lato, in questo stesso tempo non sono universalmente (cattolicamente) accettati e, inoltre, non è evidente che siano saldamente stabiliti o duraturi, almeno non sempre. Così, ad esempio, si afferma che l’accesso delle donne al diaconato e al presbiterato (solo una frase su una lapide menziona l’episcopato e il suo significato non è chiaro) non deve essere inteso nel modo attuale di intendere i ministeri. Possiamo essere d’accordo se, e solo se, lo stesso vale per gli uomini; non ha senso affermare che Stefano sia stato un diacono ma Febe no, per esempio; o che nessuno dei due lo fosse, o che lo fossero entrambi...

L’antica (e antiquata) nozione secondo cui Gesù avrebbe istituito l’Eucaristia nell’ultima cena (visione giuridicista) e anche il ministero ordinato dicendo «fate questo...» entra in crisi, non solo per quanto detto sopra, ma anche per la concreta possibilità che anche alcune donne abbiano partecipato alla cena con Gesù. È ovvio che nel Secondo Testamento non si specifichi come si svolgessero le celebrazioni comunitarie, ma nella prima generazione (Paolo, ad esempio) la partecipazione delle donne allo stesso livello degli uomini è evidente. La strutturazione ecclesiastica secondo il modello romano della «casa» ha gradualmente fatto retrocedere le donne, sebbene nei primi secoli la loro partecipazione sia più che evidente (soprattutto perché, se il “posto” delle donne era all’interno della “casa”, era lì che si celebrava l’Eucaristia….). Numerosi sono i casi di celebrazioni presiedute da donne, sebbene questo divenne sempre più limitato e, in seguito, persino proibito.

Il recente “no” della commissione vaticana incaricata di valutare l’accesso delle donne al diaconato è sorprendente. Quantomeno sorprendente. Innanzitutto, perché afferma che «al momento non è possibile formulare un giudizio definitivo, come nel caso dell’ordinazione presbiterale»: vale a dire che, se alla fine si prendesse una decisione contraria, le donne non possono, in nessun caso, aspettarsi o anche solo sognare di accedere al presbiterato...

Devo confessare che l’argomentazione avanzata da alcuni – che «Gesù era uomo» – mi sembra la più fragile e irragionevole che potessi immaginare. Gesù era un laico, ricordiamocelo! E quando sento “giustificare” il presunto rispetto per le donne nella Chiesa con l’amore per la Vergine Maria, mi chiedo se mi stiano prendendo in giro. Gesù non è un modello per gli uomini e la Vergine Maria per le donne, ovviamente! Maria è un modello di discepola sia per le donne sia per gli uomini; Gesù è la parola che diventa carne umana (uomini e donne) per rivelare un Dio che viene incontro all’umanità, uomini e donne.

Purtroppo, devo anche confessare che non mi sorprende; dagli ambienti della curia vaticana non mi aspettavo apertura di genere, attenzione ai segni dei tempi e neanche docilità allo Spirito Santo. Il patriarcato, la paura, l’autoritarismo e la misoginia (quando non addirittura ginofobia) dilagano nella «Santa Madre» (sic). Curiosamente dicono che l’argomento necessita di ulteriori approfondimenti, anche se grandi teologhe e alcuni teologi lo stanno studiando attentamente e coscienziosamente da quasi un secolo.

Forse sarebbero almeno più onesti se, invece di dire «per ora», o «dobbiamo approfondire», abbiano il coraggio di dire «abbiamo paura», «consideriamo le donne inferiori», «non vogliamo cedere il potere», o qualcosa del genere. Non sarebbe piacevole, ma almeno sarebbe più credibile. Nel frattempo, ci tocca continuare ad aspettare che lo Spirito Santo, «l’anima della Chiesa», un giorno si decida a «battere un pugno sul tavolo».

Eduardo De La Serna è membro del "Gruppo di sacerdoti per l'opzione per i poveri" in Argentina, voce critica contro il settore conservatore della Chiesa cattolica argentina e difensore delle politiche kirchneriste. L’articolo è stato pubblicato il 6.12.2025 nel Blog dell’autore in “Religión Digital”. Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli 

*Foto prese da Unsplash, immagine originale e licenza 

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