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MOTU PERPETUO. IL RIPRISTINO DELLA MESSA TRIDENTINA NON DÀ PACE A BENEDETTO XVI

Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 16/02/2008

34275. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Le polemiche dopo la promulgazione del Motu Proprio con cui Benedetto XVI ha liberalizzato l'uso del Messale di San Pio V non accennano ad esaurirsi. Questa volta nell’occhio del ciclone è finita la preghiera per la conversione degli ebrei, che il messale tridentino prevede all’interno della liturgia del Venerdì Santo. In origine, nelle funzioni del Venerdì Santo si pronunciavano una serie di preghiere: per la Chiesa, per il papa e tutto l'ordine sacerdotale, per il popolo fedele, per i catecumeni, per gli scismatici ed eretici, per i pagani ed anche per gli ebrei. La preghiera per la conversione di questi ultimi recita: "Oremus et pro perfidis Judaeis": "Preghiamo anche per i ‘perfidi’ giudei"… e poi, dopo una genuflessione: "Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam judaicam perfidiam a tua misericordiam non repellis": "Dio onnipotente ed eterno che non ricusi la tua misericordia alla ‘perfidia’ dei Giudei, degnati di esaudire le nostre preghiere". Il problema sorgeva sul significato da attribuire all’aggettivo latino "perfidus" ed al sostantivo "perfidia". Mentre i tradizionalisti eccepiscono che etimologicamente in latino, le parole "perfidus" e "perfidia" sono composte dal suffisso "per" (oltre, al di là) e dal sostantivo "fides" (fede), e vanno intese nel senso di "non fedeli di Cristo" e "ostinata incredulità"; per gli altri, ebrei inclusi, la formula conteneva l’ennesima dimostrazione del secolare antigiudaismo della Chiesa cattolica. Giovanni XXIII, tramite la Sacra Congregazione dei Riti (dichiarazione del 19 marzo 1959), aveva perciò provveduto ad eliminare dalla preghiera per gli ebrei l'aggettivo "perfidi" e il sostantivo "perfidia": di conseguenza, nell'edizione del Messale tridentino del 1962, l’ultima edito typica prima della riforma liturgica postconciliare promossa da Paolo VI, essi non compaiono. La stessa Congregazione nel novembre 1960 eliminò la frase "Horresce Judaicam perfidiam, respue Hebraicam superstitionem" ("Ripudia l'infedeltà giudaica, rifiuta la superstizione ebraica") dal rito del battesimo per gli ebrei che volevano convertirsi. Rimase perciò, nella liturgia del il Venerdì Santo, soltanto la preghiera per la conversione dei giudei. Che la comunità ebraica ha continuato a ritenere offensiva. E che – ripristinato l’antico rito di S. Pio V, è tornata ad essere pietra di inciampo nel dialogo tra cattolici ed ebrei. Il Papa ha disposto così che la preghiera sia ulteriormente cambiata. Lo ha annunciato una nota della segreteria di Stato vaticana, pubblicata Dall'Osservatore Romano. Il testo che sarà in vigore dal prossimo venerdì santo non prevede più che si preghi per la conversione degli ebrei.Questo il testo in latino della nuova preghiera: "Oremus et pro Iudaeis Ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum, ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum. Oremus. Omnipotens sempiterne Deus, qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant, concede propitius, ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat. Per Christum Dominum nostrum. Amen". In italiano la preghiera suona così: "Preghiamo per gli Ebrei. Il Signore Dio Nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini. Dio Onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo".Ma per la comunità ebraica, la toppa rischia di essere peggiore del buco. Secondo David Rosen, presidente del Comitato ebraico internazionale sulle consultazioni interreligiose, in attesa della pronuncia dei due massimi rabbini di Israele, ha detto che "la nuova liturgia è un passo indietro rispetto alla strada intrapresa con le enunciazioni del secondo Concilio Vaticano". Anche l'ufficio di Gerusalemme della Anti-Defamation League ha parlato di carattere ‘cosmetico’ della revisione della liturgia per il Venerdì Santo e che quella preghiera resta "profondamente preoccupante", insistendo nella richiesta agli ebrei "di riconoscere Gesù come il salvatore". Per il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni con questo testo si torna "indietro di 43 anni" e si "impone una pausa di riflessione nel dialogo ebraico-cristiano". Per Di Segni è tutto sbagliato: "La sostanza, ma anche la formula" della preghiera. Il rabbino ha precisato inoltre che "non è vero che è stata tolta la frase che urta la sensibilità del popolo ebraico. In questa nuova formulazione è tutto che urta questa sensibilità". (valerio gigante)

 

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