“LA CHIESA È CON ME”. IL MINISTRO MARONI RIVENDICA L’APPOGGIO DI “AVVENIRE”
Tratto da: Adista Notizie n° 55 del 19/07/2008
34531. ROMA-ADISTA. “La posizione della Chiesa viene espressa dalla Cei che, attraverso il quotidiano Avvenire, ha spiegato con chiarezza e senza pregiudizi le mie iniziative e sui rom è stata nettamente favorevole”. Ha risposto così Roberto Maroni al giornalista del Corriere della Sera (7/7) che gli chiedeva conto delle critiche mosse dal mondo cattolico alle sue recenti iniziative su sicurezza e immigrazione, prima fra tutte la schedatura dei rom residenti nei campi nomadi. Ed in effetti, sfogliando nelle ultime settimane le pagine del quotidiano della Cei, sarebbe difficile dare torto al ministro degli Interni, per quanto ben diverse siano le convinzioni diffuse in larga parte dell’associazionismo, della stampa e perfino dell’episcopato cattolico (come, ad esempio, l’editoriale di Famiglia Cristiana che aveva parlato di “indecente proposta razzista”, v. Adista n. 53/08).
Avvenire, infatti, ha cercato di difendere in tutti modi il ministro, coerentemente - del resto - con il marcato “filo-berlusconismo” che sta contraddistinguendo la linea del giornale anche in materia di “giustizia” e leggi ad personam. Il 3/7 il quotidiano dei vescovi ha pubblicato su un’intera pagina un’intervista a Maroni in cui il ministro ha spiegato che il suo “primo obiettivo è tutelare chi vive nei campi nomadi in condizioni che troppo spesso di umano non hanno nulla”. Quanto alle critiche che gli sono state rivolte, Maroni le ha definite “una tempesta in un bicchier d’acqua, motivata da polemiche infondate che non fermeranno l’azione del governo”. La colpa sarebbe di “qualcuno nella sinistra”, che “si è mosso. E subito è partito il network mediatico informativo a livello europeo”. Il giorno dopo la pubblicazione dell’intervista Avvenire ha dedicato un’altra intera pagina a “spiegare” l’ordinanza del ministro, finalizzata a “combattere abusivismo e accattonaggio, con grande attenzione ‘ai profili umani e assitenziali’”. Questi i titoli dei box laterali: “Crotone. L’arcivescovo Graziani: ‘Le impronte? Danno un nome ai bambini che ne sono privi’”; “Unicef. I provvedimenti del ministro in linea con le nostre priorità”; “Giuristi cattolici. D’Agostino: prendere le impronte non è discriminazione”; “La storia. ‘Io rom, che ho sempre lavorato e cresciuto onestamente i figli, vi dico: i controlli sono giusti’”. Il giorno successivo (5/7), un editoriale in prima pagina di Carlo Cardia ha sostanzialmente avvalorato la tesi del ministro sui problemi di “comunicazione” all’origine delle critiche verso la schedatura dei rom, mentre l’iniziativa che l’Arci ha organizzato a Roma il 7 luglio per protestare contro le misure promosse dal governo attraverso una “raccolta di impronte” all’Esquilino, cui hanno partecipato varie personalità del mondo della cultura e molti esponenti politici della sinistra e dell’opposizione, è stata rubricata sotto il titolo: “Impronte, l’Opera nomadi boccia la piazza”.
L’asse Avvenire-Maroni non si è incrinato nemmeno quando è scoppiata la polemica sulla moschea di viale Jenner a Milano. Dopo l’incontro tra il ministro degli Interni leghista e i rappresentanti dei cittadini del quartiere milanese svoltosi lo scorso 4 luglio, incontro nel corso del quale il ministro aveva garantito il trasferimento del centro islamico dove ogni venerdì si radunano per pregare circa 4000 musulmani, Umberto Bossi aveva sentenziato: “Oggi Maroni ha chiuso la moschea di viale Jenner. Questa è casa nostra. Non vogliamo regalare il nostro Paese a nessuno”. Non si era fatta attendere la reazione della curia di Milano, per voce di mons. Gianfranco Bottoni, responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose della diocesi. “Solo un regime fascista o populista arriverebbe a tali metodi dittatoriali”, aveva dichiarato il prelato. “Dubito che le istituzioni civili di un Paese democratico possano proibire un diritto costituzionale come la libertà religiosa e di culto”.
“Lui e il suo capo”, aveva commentato il deputato e capogruppo leghista in consiglio Comunale Matteo Salvini riferendosi a mons. Bottoni e al card. Tettamanzi, “sono come quei magistrati che facendo politica screditano la categoria intera. Personaggi che con le parrocchie hanno poco a che fare”. Proprio Avvenire, si era subito prodigato per stemperare la polemica con un’intervista al vicario generale della diocesi di Milano, il vescovo Carlo Redaelli. “Le ‘parole grosse’ usate dal nostro responsabile delle relazioni interreligiose facevano riferimento non a provvedimenti concreti, ma all’ipotesi, considerata giustamente incredibile, di un intervento nettamente contrario alla libertà di religione e di culto”. Il pericolo per la libertà religiosa, ha aggiunto mons. Redaelli, “non lo ritengo un problema attuale”.
Nel frattempo i colloqui tra il prefetto di Milano e i responsabili del centro islamico hanno portato ad un primo accordo affinché, dal prossimo 18 luglio, la preghiera del venerdì sia “provvisoriamente” ospitata al velodromo Vigorelli, nei pressi della Fiera.
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