
Oxfam/Greenpeace: una tassa ai grandi inquinatori per cambiare lo stato sulle emissioni globali
Il summit delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, in corso a Bonn (16-26 giugno 2025) è un appuntamento intermedio tra le Conferenze delle Parti (COP) annuali e rappresenta un momento di verifica e di negoziazione in preparazione della COP30 che si terrà a Belém (Brasile) a novembre prossimo. Sul piatto della “Climate Change Conference” il sempre caldissimo tema dei finanziamenti, dell’adattamento e della mitigazione dell’impatto ambientale, della gestione dei "Loss and Damage" legati ai cambiamenti climatici, del rafforzamento degli impegni per la riduzione delle emissioni.
In vista del summit di Bonn, Oxfam International e Greenpeace International hanno pubblicato i risultati di un sondaggio commissionato a Dynata e condotto su un campione di 13 Paesi (tra cui l’Italia). «Una parte sempre più consistente della popolazione mondiale – spiega in sintesi Oxfam in una nota diffusa il 19 giugno scorso – è favorevole a tassare di più le multinazionali dei combustibili fossili per ripagare i danni causati dalla crisi climatica. Allo stesso tempo è convinta che i governi non stiano facendo abbastanza per svincolarsi dal condizionamento che le grandi imprese inquinanti e una ristretta élite di super-ricchi esercitano sulla politica».
A Bonn, si legge nella nota, le Potenze globali cercheranno di mobilitare circa 1.300 miliardi di dollari l’anno per rispondere all’impatto del cambiamento climatico nei Paesi più poveri entro il 2035. Spiega però Oxfam che sarebbe sufficiente un’imposta applicata ai grandi inquinatori (590 multinazionali del comparto fossile) per reperire, nel solo primo anno, «fino a 400 miliardi di dollari».
Il sondaggio rileva informazioni interessanti sull’opinione del campione: l'81% degli intervistati è favorevole all’introduzione di imposte per imprese del petrolio, gas e carbone in chiave risarcitoria; secondo l'86%, questi introiti dovrebbero essere destinati alle comunità più colpite dal climate change; il 66% del campione ritiene che questa tassazione rappresenti «la via maestra per ripagare i costi dei danni e delle perdite economiche, sociali e ambientali causate dai cambiamenti climatici»; il 68% degli intervistati è convinto che il comparto super-inquinante sia una lobby molto potente e influente a livello politico; il 77%, infine, si dice ben disposto a sostenere un candidato favorevole all’introduzione di questa tassa per super-ricchi e grandi inquinatori.
Interessante è anche il dato sull’Italia, sostanzialmente in linea con quello generale ma con picchi superiori alla media. È il caso della tassazione ai grandi inquinanti con l’obiettivo di reperire risorse per far fronte ai danni causati dagli eventi climatici estremi, per il quale l’87% degli italiani si dice favorevole, e questo dato è superato solo da Brasile e Spagna. Dove l'Italia si colloca al primo posto (79% del campione) è invece nel ritenere molto forte il condizionamento delle aziende sui processi decisionali politici.
A che serve una nuova tassa?
Spiega Oxfam che 585 imprese dei combustibili fossili in tutto il mondo hanno realizzato 583 miliardi di dollari di profitti nel 2024 (più 68% sul 2019). Tra queste, 340 imprese – quelle che hanno pubblicato dati – hanno prodotto emissioni di gas serra pari alla metà di tutte le emissioni climalteranti prodotte dall’attività umana.
Non si tratta solo di “fare cassa” per tamponare i danni climatici soprattutto nelle aree del pianeta più povere e più colpite: la tassazione ai grandi inquinatori, proposta da Oxfam in tandem a quella rivolta ai super-ricchi, potrebbe innescare un cambiamento importante, incentivando «le imprese a investire maggiormente in fonti di energia rinnovabile e contribuirebbe a ridurre la mortalità causata dal cambiamento climatico, alimentato dai combustibili fossili». Perché se è vero che «chi più inquina più paga», allora è vero anche che, per ragioni di profitto, le imprese saranno fortemente motivate a ridurre le emissioni. Questo ovviamente si può realizzare solo nel quadro di un coordinamento tra Paesi e di cooperazione fiscale internazionale, per favorire un equo e condiviso «accordo fiscale globale sotto l’egida delle Nazioni Unite».
Commentano Simona Abbate (campagna Clima di Greenpeace Italia) e Misha Maslennikov (policy advisor su Giustizia economica di Oxfam Italia) che «le multinazionali del carbone, del petrolio e del gas sono a conoscenza da decenni dei danni che i loro prodotti inquinanti arrecano al clima del pianeta. Ciò nonostante, continuano a lucrare sulla devastazione climatica e realizzano profitti enormi, distruggendo vite e mezzi di sussistenza di milioni di donne, uomini e bambini, soprattutto nel Sud Globale, area che ha esigue responsabilità storiche per la crisi climatica in atto. I governi devono prestare ascolto alla voce dei cittadini e chiamare i grandi inquinatori a rendere conto dei danni che continuano a causare. Una tassazione più incisiva delle industrie inquinanti potrebbe fornire un sostegno immediato e significativo ai Paesi vulnerabili al cambiamento climatico, incentivare finalmente gli investimenti nelle energie rinnovabili e finanziare una transizione ecologica giusta».
* Foto di Nik Shuliahin
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