IL TAR DELLA TOSCANA: “L’HA NOMINATO IL VESCOVO. IL DOCENTE DI RELIGIONE. NON PUÒ PASSARE AD ALTRA CATTEDRA”
Tratto da: Adista Notizie n° 55 del 19/07/2008
34537. FIRENZE-ADISTA. Religione cattolica è una materia scolastica anomala – anche perché facoltativa –, inoltre l’idoneità per tale insegnamento viene rilasciata dal vescovo, “cioè da un’autorità estranea all’ordinamento italiano”, quindi il docente di religione non può chiedere di passare ad insegnare un’altra materia per cui è previsto il superamento di un concorso pubblico o di un corso abilitante statale. Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale della Toscana, rigettando il ricorso di una docente di religione, la prof.ssa Polimeri, la quale chiedeva che le fosse riconosciuto il servizio prestato come insegnante di religione cattolica per accedere ad un corso riservato per conseguire una nuova abilitazione in un’altra disciplina.
La vicenda è piuttosto complessa, anche perché si inserisce nella non semplice normativa scolastica. All’inizio del 2001 il ministero della Pubblica Istruzione – guidato allora da Tullio De Mauro, durante il governo di centro-sinistra presieduto da Giuliano Amato – attiva una “sessione riservata di abilitazione” per i docenti non di ruolo che nei due precedenti anni scolastici hanno insegnato per almeno 360 giorni. Tutti i supplenti, quindi, che hanno lavorato con continuità per due anni possono partecipare ad un corso speciale – della durata di qualche mese – al termine del quale viene loro rilasciata l’abilitazione, ovvero l’idoneità all’insegna-mento nelle scuole statali, primo e necessario passo verso l’assunzione in ruolo a tempo indeterminato. La prof.ssa Polimeri, che insegna religione cattolica alle scuole elementari – materia di solito affidata alle maestre e ai maestri e non ad un docente ad hoc – chiede di poter essere ammessa al corso abilitante, ma il direttore dell’Ufficio scolastico regionale della Toscana respinge la sua richiesta, non ritenendo l’irc un insegnamento equivalente agli altri.
La docente, allora, impugna il provvedimento e fa ricorso al Tar, che però, dopo 7 anni, respinge il ricorso e dà ragione al direttore regionale. “Non può essere computato il servizio di insegnamento della religione nella scuola statale – si legge nella sentenza del Tar della Toscana, che rimanda anche ad una sentenza della Corte Costituzionale –, non esistendo rispetto ad esso, in considerazione del regime concordatario operante nella materia, una classe di abilitazione o di concorso, né uno specifico titolo di studio, ed essendo il titolo abilitante costituito dal certificato di idoneità rilasciato dall’Ordine diocesano, e cioè da un’autorità estranea all’ordinamento italiano”. L’idoneità all’irc rilasciata dal vescovo quindi – stabilisce la Corte e ribadisce il Tar –, essendo lui “un’autorità estranea all’ordinamento italiano”, non può essere equiparata a quella conseguita dai docenti che hanno superato un concorso o un corso abilitante statale. Inoltre, scrivono ancora i giudici del Tar, “l’insegnamento prestato non può costituire una generica esperienza didattica da far valere in ogni settore disciplinare, bensì uno specifico elemento di qualificazione professionale ai fini di un insegnamento corrispondente al posto di ruolo cui si vuole accedere”; e per quanto riguarda l’irc, tutta la giurisprudenza “ha espresso il costante indirizzo nel senso della non apprezzabilità dell’insegnamento della religione cattolica, trattandosi di insegnamento privo di corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari e di collegamento con una individuata classe di concorso”. Religione, pertanto, è una materia particolare, priva di una classe di concorso specifica, per cui l’esperienza didattica maturata in tale insegnamento non può essere trasferita sic et simpliciter ad altra disciplina.
Un precedente normativo importante quello del Tar della Toscana. Soprattutto ora che con l’immissione in ruolo di oltre 14mila docenti di religione negli ultimi anni, portata avanti dal premier Berlusconi e dall’ex ministro dell’Istruzione Letizia Moratti (v. Adista nn. 79/01, 17 e 91/02, 47/03, 75/05 e 3/06), la mobilità dall’insegnamento di religione cattolica ad altre discipline sembrava quasi automatica. (luca kocci)
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