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L’“AVVENIRE” DEI PRETI GAY: FA SCALPORE UN ARTICOLO SUL QUOTIDIANO DEI VESCOVI

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 24/01/2009

34797. ROMA-ADISTA. Lanciare il sasso e poi nascondere la mano: così si dice – nel gergo popolare – quando qualcuno cerca di sottrarsi alle responsabilità di una iniziativa disconoscendola subito dopo averla promossa. È quanto ha fatto Avvenire dopo aver pubblicato un interessante articolo dello psichiatra Vittorino Andreoli su sacerdozio e omosessualità.

Da circa un anno Andreoli conduce sul quotidiano della Cei - all’interno della rubrica “I preti e noi” - un’inchiesta sulla vita dei sacerdoti italiani, e giunto alle ultime tappe del suo viaggio sta dedicando una serie di articoli ai sacerdoti “nei casi estremi”. Tra questi, appunto, l’omosessualità (Avvenire, 7/1). Ma l’approccio proposto da Andreoli - per quanto lui stesso sottolinei a più riprese di non volersi mettere “neppure lontanamente in conflitto con le determinazioni del magistero, sia per quel che concerne la conduzione delle comunità educative particolari che sono i seminari, sia, ancor prima, per quanto riguarda l’impostazione della dottrina morale” - apre la strada a sviluppi inediti nel dibattito che è stato fin qui condotto sull’argomento all’interno del mondo cattolico. La pubblicazione di questo articolo su Avvenire, infatti, costituisce di per sé un fatto rilevante, se non altro perché non capita tutti i giorni che l’organo della Cei ospiti opinioni difformi da quelle del magistero cattolico (che, occorre appena ricordarlo, considera le relazioni omosessuali “gravi depravazioni” caratterizzate da atti “intrinsecamente disordinati”, vedi il punto 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica). A ciò si aggiunge l’introduzione al pezzo scritta direttamente dal direttore Dino Boffo che ha affidato le tesi di Andreoli “alla nostra riflessione libera ed eventualmente ad un dibattito costruttivo”.


Ma cosa sostiene Andreoli alla luce della sua “competenza scientifica”? Innanzitutto che “le manifestazioni e i comportamenti che scaturiscono dall’omosessualità non sono patologie ma variabili all’interno di quella che si chiama normalità, pur se questa è difficile da definire”.

Andreoli afferma inoltre di ritenere “aperta la questione sul perché debbano essere per forza escluse oggi dalla vita sacerdotale le persone di orientamento sessuale omosessuale”. “Nel discorso vocazionale - aggiunge lo psichiatra - deve contare soprattutto la coerenza con il messaggio che si annuncia perché questa sola rende testimoni credibili”. Con il suo articolo Andreoli afferma di “voler portare in scena una visione dell’omosessualità che non è più quella degli stereotipi culturali di un tempo. Occorre stare attenti infatti a non infliggere stigmi non solo intollerabili ma anche falsi. C’è un’evoluzione culturale in atto che, acquisendo i portati della scienza, può oggi presentare l’omosessualità entro uno schema diverso da ieri”.

Andreoli dichiara infine di non potersi esimere “dall’inviare un pensiero di riguardo ai sacerdoti che si sono scoperti omosessuali, e che in questa declinazione affettiva soffrono per restare fedeli alla loro vocazione: a costoro vorrei dire - io non credente - di rivolgersi a Dio per chiedergli l’aiuto a far sì che anche questa ‘caratteristica’ diventi una ricchezza a servizio della missione cui stanno dedicando la loro vita”.

L’articolo di Andreoli è stato salutato da molti come un importante segnale di apertura manifestato dal quotidiano dei vescovi: “Il fatto che Avvenire abbia ospitato questo scritto va segnalato come un’ottima scelta, un gesto di coraggio che va riconosciuto”, ha scritto sul suo blog don Franco Barbero, autore, recentemente, di Omosessualità e Vangelo (Gabrielli editore, 2008). Aurelio Mancuso, presidente nazionale dell’Arcigay, ha dichiarato: “L'iniziativa dell'Avvenire, e di altri giornali, riviste, gruppi cattolici rivelano un fermento assolutamente positivo, che potrebbe consentire un dialogo, nel rispetto delle reciproche e distanti posizioni, tra il movimento lgbt e l'articolato mondo cattolico italiano”. La Repubblica ha parlato addirittura di un “piccolo terremoto”, mentre il quotidiano genovese il Secolo XIX ha riferito della “svolta di Avvenire” intervistando sugli stessi temi un (anonimo) prete ligure omosessuale, successivamente intervenuto anche alla trasmissione “Storie di Vita” su Rai Tre.

Ma Dino Boffo non ha gradito affatto l’attenzione che i media hanno dedicato all’iniziativa. L’articolo di Andreoli “era impeccabile quanto a equilibrio e rispetto dell’impostazione che la Chiesa cattolica ha dato al problema dell’omosessualità al suo inter­no”, ha scritto Boffo in un editoriale intitolato “Se nei giornali giocano su ciò che per tutti è cosa seria” (10/1). “Ebbene, approfittare di questo, per attribuire al giornale cattolico il contrario di quanto normalmente sostiene e di ciò che ha argomen­tato anche nella presente circostanza, è un’operazione indegna. Ver­rebbe da dire squallida, e che richiama – per l’intreccio tra elementi biografici e surreale linea ‘politica’ – i vizi della propaganda in voga nei regimi oscuri di altre epoche. Meglio: è un’ulteriore prova del ba­nalismo e della superficialità arrogante che circolano oggi in talune im­prese editoriali. E poi chiedono una Chiesa meno assediata: merite­rebbero solo il mite sorriso dell’indifferenza”. “Per certa stampa, per troppa stampa”, ha scritto inoltre Boffo rispondendo lo stesso giorno alla lettera di un lettore, “la Chiesa – e Avvenire – o pronuncia anatemi, si scaglia contro, condanna inesorabilmente, oppure, giuliva, dà il 'liberi tutti'. Ma quando? Ma dove? Si può chiedere, prima della decenza, almeno un po’ di professionalità, cioè di affrontare gli argomenti con documentazione appropriata e strumenti seri. I giudizi restano liberi, ma per essere credibili devono appoggiarsi su dati di fatto attendibili – meglio, veri –: in questo caso nulla di tutto ciò”.

Molto ferma la replica del direttore del Secolo XIX (11/1) Lanfranco Vaccari, che ha difeso sia la lettura fatta dal suo giornale dell’articolo di Andreoli, che la scelta di interpellare su questi argomenti un prete omosessuale. L’editoriale di Boffo è per Vaccari “un raro concentrato di gratuita violenza e infima volgarità”. “Che cos’è un’apertura di dibattito su un tema da sempre tabù se non una svolta?”. Boffo lancia “accuse disarticolate” e sparge “contumelie a casaccio”. “Piaccia o no a Boffo (ed evidentemente non gli piace), aprire un dibattito non significa, come lui ridicolmente sostiene, affermare che Avvenire e tanto meno la gerarchia cattolica hanno dato il ‘via libera a tutti’. Pretenderlo significa banalizzare la lingua italiana, prima ancora che manipolare il pensiero degli altri”. (e. c.)

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