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LA “GRANDE BLASFEMIA” DEL CAPITALE NON SCUOTE LA GERARCHIA. LA DENUNCIA DEL CONGRESSO DI TEOLOGIA DI MADRID

Tratto da: Adista Documenti n° 97 del 03/10/2009

DOC-2191. MADRID-ADISTA. Di fronte alla “grande blasfemia” capitalista, secondo la profetica espressione di dom Pedro Casaldáliga, è il momento di dare vita ad una “prassi cristiana” e ad “una Chiesa istituzionale” che la renda “plausibile”. Una prassi che abbia al suo centro l’eucarestia, intesa “come attualizzazione della memoria sovversiva dinanzi ai codici e alle mappe che reggono il nostro mondo, per camminare insieme verso un mondo meno disumano dell’attuale”. Ad affermarlo è stato il sociologo basco Demetrio Velasco, nell’intervento che ha concluso il XXIX Congresso di Teologia dell’Associazione Giovanni XXIII, prima della messa finale coordinata dal Moceop (Movimento per il celibato opzionale) e concelebrata dai 700 partecipanti al Congresso, che, tutti insieme, hanno consacrato il pane e il vino.

Svoltosi dal 3 al 6 settembre nella sede del sindacato di origine comunista Comisiones Obreras - avendo la gerarchia già da tempo negato all’associazione di teologi ogni spazio in strutture religiose -, il Congresso di Teologia, affrontando quest’anno il tema “Il Cristianesimo di fronte alla crisi economica”, non ha lanciato solo un duro atto d’accusa contro il sistema capitalista, ma anche denunciato con decisione - come sottolinea il Messaggio finale - “l’apatia e la mancanza di impegno sociale delle confessioni religiose”, più preoccupate dalle questioni di potere e di privilegio che dalle ingiustizie di un sistema che opprime i settori più bisognosi. L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica - ha sottolineato il teologo Juan José Tamayo, segretario generale dell’Associazione Giovanni XXIII, nel suo intervento di introduzione al Congresso - appare più simile “a quello del sacerdote e del levita della parabola evangelica” che “a quello del Buon Samaritano, sensibile e solidale nei confronti del fratello sofferente”. La gerarchia, ha proseguito, “avrebbe dovuto mobilitarsi come istituzione e promuovere una campagna di coscientizzazione tra i cristiani e le cristiane, e anche tra la cittadinanza, trattandosi di un problema che va oltre le convinzioni e le pratiche religiose”. E, invece, se ha reclamato più fondi, non è stato “per una loro distribuzione tra i settori più colpiti dalla crisi”, bensì per il consolidamento delle istituzioni ecclesiastiche. E, se è entrata in conflitto con il governo, non lo ha fatto “per esigere politiche sociali redistributive e politiche economiche a favore dei settori più vulnerabili, bensì per mantenere i privilegi di prima e persino per aumentarli”.

Quanto al compito dei cristiani di fonte alla crisi economica, esso, secondo Julio Lois, presidente dell’Associazione Giovanni XXIII, deve svolgersi sul doppio versante dell’aiuto concreto a quanti si incontrano in situazioni gravi – in questo senso appare molto significativa la scelta dei membri del Forum dei Preti di Madrid di destinare il 5% del proprio salario ai progetti sociali – e della lotta per il cambiamento strutturale, attraverso la militanza dei cristiani nei partiti, nei sindacati, nelle ong, nei gruppi di base: “In tempi di crisi - ha affermato - bisognerebbe incrementare la partecipazione e l’impegno”. Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, il Messaggio finale del Congresso di Teologia e ampi stralci dell’intervento introduttivo di Juan José Tamayo. (claudia fanti)

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