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IL CRISTIANESIMO DI FRONTE ALLA CRISI ECONOMICA

Tratto da: Adista Documenti n° 97 del 03/10/2009

1. Lo shock sofferto nel cosiddetto primo mondo, i cui effetti si sono proiettati immediatamente a livello planetario, in conseguenza della crisi economica del 2008-2009, paragonabile solo allo storico crack o “grande depressione” del 1929, sta incrinando la situazione di benessere raggiunta ne-gli ultimi decenni da un piccolo numero di Paesi privilegiati, sommergendo il resto del pianeta in un caos di effetti incalcolabili. Questi fatti rappresentano una prova del fuoco non solo per i dirigenti mondiali, ma anche per le coscienze di molti cristiani che si interrogano sul loro impegno di solidarietà.

2. Una situazione come questa deve essere guardata non solo in un’ottica economica, ma anche da un punto di vista sociologico e, soprattutto, con una profonda sensibilità cristiana. Si tratta di una realtà di ingiustizia economica che esclude i più bisognosi e i più deboli della società; una situazione già presente tra di noi prima del 2008 ma ora esplosa, rendendo evidente la fragilità di una società nella quale i valori cristiani sono stati sostituiti da arricchimento facile e ostentazione illimitata, dando origine ad uno stato di ingiustizia a causa del quale gli indici di disuguaglianza e di povertà non si sono ridotti nemmeno negli anni di prosperità e di sviluppo sociale, mantenendosi costanti per tutto questo periodo.

3. In questo periodo buio, nel quale non solo l’economia e la politica, ma anche la fede e l’etica sono in crisi, è ora di solidarizzare con i gruppi più fragili dell’umanità e recuperare alcuni valori cristiani come l’opzione preferenziale per i poveri e come l’identificazione con i martiri della terra, rispondendo tanto alle rivendicazioni del terzo mondo quanto alle sacche di povertà del quarto mondo, e creando così ponti di comunicazione a partire da una sensibilità genuinamente cristiana.

4. Sebbene consideriamo quale responsabile della crisi il sistema capitalista, che permette a pochi di arricchirsi a costo della povertà delle maggioranze popolari, denunciamo l’apatia e la mancanza di impegno sociale delle confessioni religiose, che si preoccupano più di questioni di potere e di difendere situazioni di privilegio in ambito economico e sociale, che di denunciare le ingiustizie di un sistema che stritola i settori sociali più bisognosi. Per questo motivo, crediamo che si debbano attivare le migliori tradizioni di giustizia, uguaglianza e solidarietà di tutte le religioni e movimenti spirituali attraverso iniziative comuni che, a partire da lineamenti etici responsabili, aiutino ad introdurre un cambiamento radicale nel comportamento sociale.

5. Nel corso del dibattito aperto nel Congresso si è evidenziata la necessità di costruire un nuovo ordine mondiale - politico, economico, giuridico - alternativo al neoliberismo, che sia basato sulla cooperazione e sulla solidarietà e sia capace di effettivi controlli sull’attuale sistema finanziario per evitare gli abusi che si producono sistematicamente. E, a livello nazionale, è stata sottolineata l’urgenza di un cambio di rotta in una politica economica che beneficia i potenti e l’avvio di politiche fiscali e sociali a favore dei settori più sfavoriti della popolazione.

6. In ambito personale, come cittadini e come credenti, dobbiamo lasciarci interpellare dalla crisi attuale e assumere impegni concreti ai diversi livelli in cui ci muoviamo, rinunciando al consumo irrazionale ed egoistico, vivendo con austerità, solidarizzando concretamente con le vittime della crisi, lavorando per la giustizia e lottando contro la discriminazione in tutte le sue forme e manifestazioni, siano esse etniche, razionali, sessiste, sociali o culturali.

7. In quanto partecipanti al Congresso di Teologia e come espressione della nostra identità cristiana, facciamo nostra la sofferenza di un’umanità dolente, in special modo dei settori esclusi dal mercato del lavoro, spogliati di ogni tipo di diritti sociali, e invochiamo l’avvento di una società più giusta ed equilibrata, nella quale si dia ascolto alla voce e al pianto dei più poveri fra i poveri, di quelli che sono stati espulsi dal mercato del lavoro, e privati del sostentamento e della loro stessa dignità.

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