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PER UNA CHIESA INCLUSIVA E LIBERANTE, DOVE TUTTI ABBIANO LA PAROLA. UN DOCUMENTO “VERSO NAPOLI”

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 01/05/2010

35562. NAPOLI-ADISTA. “Uno spazio di comunione dove nessuno sia escluso, dove non ci siano censure, dove ognuno possa alimentare la propria speranza ed essere sostenuto nella fede, dove i conflitti non vengano messi a tacere ma vissuti con la magnanimità di coloro che sanno che l’amore del Padre abbraccia e ‘sostiene’ tutti”. Questo sono stati, nelle intenzioni dei promotori, i due incontri di Firenze - “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”, del maggio 2009 e “Il Vangelo ci libera e non la legge” del febbraio 2010 (v. Adista nn. 30, 54, 59, 116/09 e 6, 8, 15/10) - e questo si propone di essere anche il terzo appuntamento di riflessione e approfondimento - che si svolgerà a Napoli dal 17 al 19 settembre - promosso da un gruppo di cristiani che, come spiegava il “Documento di convocazione” del primo incontro, avverte “la sofferenza di non vedere al centro della comune attenzione proprio il Vangelo del Regno annunciato da Gesù ai poveri, ai peccatori, a quanti giacciono sotto il dominio del male, mentre cresce a dismisura la predicazione della Legge”.

“Due cose ci sembrano prioritarie in questo momento della vita della Chiesa in Italia”, scrivono nell’invito i promotori (Angelina Alberigo, Maria Cristina Bartolomei, Simona Borello, Gianfranco Bottoni, Mario Cantilena, Angelo Casati, Gion Gieli Derungs, Paolo Giannoni, Luciano Guerzoni, Licinia Magrini, Giancarlo Martini, Giovanni Nicolini, Enrico Peyretti, Ugo Gianni Rosenberg, Giuseppe Ruggieri, Silvia Scatena): “La prima è la doverosa costatazione che la Chiesa che vuole vivere del primato del Vangelo, fedele al Concilio, esiste e si esprime in forme innumerevoli: in tanti gruppi, in tante parrocchie, spesso anche se non sempre attorno a un prete”. “Lo spirito vitale di questa Chiesa non si lascia spegnere. Non è una Chiesa di ‘puri’, senza peccato. Non è una Chiesa a parte dalla grande Chiesa una sancta catholica, ma dentro di essa, grata ad essa come alla propria madre, sofferente per essa e assieme ad essa, partecipe della sua santità e del suo peccato”. “La seconda cosa è che questa Chiesa non ha oggi voce. Esiste un disagio sensibile, per quanto coperto dal silenzio o sommerso dalle voci dominanti, e questo disagio ha una ragione di fondo. Il regime di separatezza che vige nella Chiesa, separando lei dal mondo, a cui pure è inviata, e dividendola al suo interno tra chierici e laici, che pure sono accomunati da una medesima vocazione battesimale”.

Lo scandalo della pedofilia, proseguono i promotori, ha fatto “emergere l'una e l'altra cosa in modo evidente”: “La dirigenza ecclesiastica sembra ritenere, di fatto, se non anche di diritto (ma spesso anche di diritto!), di non dover rendere conto al mondo dei suoi comportamenti, e solo davanti all'esplosione dello scandalo ha ritenuto, ma con grande fatica, dopo un istintivo arroccamento e diversi tentativi di minimizzazione, di correggere quest'atteggiamen-to. Quasi che l'onore e la santità della Chiesa non consistesse, evangelicamente, nel riconoscersi peccatrice e bisognosa di perdono, e quasi che i reati commessi dal clero non dovessero essere giudicati dai tribunali civili, come quelli di tutti gli uomini. Ciò che questo scandalo ha messo in crisi è, in definitiva, come dice il padre Radcliffe, tutta una ‘concezione del sacerdozio, con la sua distanza dalla gente, il suo uso del potere, la sua concezione della morale come controllo’”.

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