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UN GOVERNO AUTORITARIO CON IL POPOLO E SERVILE CON I PADRONI. LA DENUNCIA DI UN VESCOVO IN AMAZZONIA

Tratto da: Adista Documenti n° 38 del 14/05/2011

DOC-2353. BRASILIA-ADISTA. Non c’era da aspettarsi che la presidente brasiliana Dilma Rousseff si rivelasse più sensibile di Lula alle questioni ambientali. Dopotutto, era stata sponsorizzata dall’acclamatissimo predecessore proprio nella sua qualità di “madre del Pac”, il famigerato Programma di Accelerazione della Crescita di cui fanno parte faraonici quanto devastanti progetti come la trasposizione delle acque del fiume São Francisco o la centrale idroelettrica di Belo Monte. E infatti Dilma Rousseff si sta mostrando del tutto all’altezza della sua fama, imperterrita nella sua decisione di procedere alla costruzione della terza diga più grande del mondo (dopo quelle delle Tre Gole in Cina e di Itaipú, al confine tra Brasile e Paraguay), quella appunto di Belo Monte, che coprirà 400 acri di foresta pluviale con conseguenze disastrose sul sistema di flora e fauna della regione e sulle condizioni di vita di oltre 25.000 indigeni, liberando inoltre nell’atmosfera un’enorme quantità di metano (25 volte più dannoso dell’anidride carbonica per l’effetto serra) a causa della decomposizione sott’acqua di larghe fasce di vegetazione. Neppure la richiesta avanzata dalla Commissione interamericana dei Diritti umani dell’Oea (Organizzazione degli Stati americani) di sospendere immediatamente i lavori in attesa di rispondere alle preoccupazioni delle popolazioni indigene che abitano sulle rive del fiume Xingu è servita a smuovere la presidente: il Ministero degli Esteri ha dichiarato di aver accolto con «perplessità» la raccomandazione, considerando gli orientamenti espressi dall’Oea «precipitosi e non giustificabili».

Lungi dal dar risposta alle preoccupazioni dei popoli indigeni, il governo non si prende neppure la briga di ascoltarle. Come denuncia in una lettera aperta all’opinione pubblica nazionale e internazionale dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu e presidente del Cimi (Consiglio indigenista missionario), il governo Rousseff si è semplicemente rifiutato di dialogare con le popolazioni interessate dal progetto. Addirittura, di fronte alla denuncia da parte del Consiglio Nazionale di Difesa dei Diritti della Persona (Cddph), organo consultivo del governo, riguardo alla situazione di totale assenza dello Stato nella regione del fiume Xingu e agli abusi di ogni tipo commessi dal consorzio Norte Energia responsabile dell’opera, la ministra della Segretaria dei Diritti Umani del governo, Maria do Rosário, è arrivata a suggerire al Cddph di realizzare una riunione straordinaria con i soli rappresentanti del consorzio, senza la presenza dei rappresentanti delle comunità, per evitare che la riunione si risolva appena in uno «scontro di posizioni». 

«Avvertiamo la società nazionale e internazionale che la costruzione della centrale di Belo Monte si sta fondando sull’illegalità e sul rifiuto del dialogo con le popolazioni interessate», scrive dom Erwin Kräutler nella sua lettera del 25 marzo, additando il governo federale come il responsabile diretto «della tragedia che travolgerà la regione dello Xingu e tutta l’Amazzonia». «Non accetteremo mai - conclude - questo progetto di morte. Continueremo ad appoggiare la lotta dei popoli dello Xingu contro la costruzione di questo “monumento alla follia”».

E in totale solidarietà con il vescovo e la sua causa, anche il frate domenicano Marcos Sassatelli esprime, in un articolo pubblicato su Adital (13/4), la sua profonda indignazione nei confronti dell’«autoritarismo del governo Dilma», lo stesso mostrato da Lula rispetto alla trasposizione delle acque del São Francisco. «Che governo è questo – scrive – che si dice democratico e non dialoga con nessuno? Che si dice “popolare” e “dei lavoratori” e si rifiuta di parlare con il popolo?». Un comportamento che, secondo Sassatelli, «ha una sola spiegazione: la sottomissione servile e codarda del governo federale agli interessi delle grandi multinazionali e dei detentori del potere economico».

E una condanna dei grandi progetti idroelettrici come Belo Monte - ricondotti alla volontà del governo di «incrementare la crescita a qualsiasi costo, con una chiara assenza di preoccupazioni ambientali», piegandosi agli «interessi del capitale, degli investitori, dell’industria delle grandi opere» - viene pure dal testo-base della Campagna di Fraternità promossa ogni anno in Quaresima dalla Conferenza dei vescovi del Brasile, un lungo, dettagliato e duro atto di accusa contro l’attuale modello di sviluppo: «L’Amazzonia, tanto preziosa per il Paese e per l’umanità, sembra essere vista dal governo – si legge nel documento – come un vuoto demografico e improduttivo che, perlomeno, deve produrre energia, anche a costo di sacrificarne la biodiversità».

Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, la lettera aperta di dom Erwin Kräutler. (claudia fanti)

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