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UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA ALLA POVERTÀ. AL VIA LA CAMPAGNA “BANNING POVERTY 2018”

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 29/09/2012

36856. ROMA-ADISTA. «Nessuno nasce povero né sceglie di essere o diventare povero». È il primo dei «dodici principi dell’illegalità della povertà» messi nero su bianco dal gruppo promotore della Campagna “Banning poverty 2018-Dichiariamo Illegale la povertà”, nata nell’ambito delle attività dell’Ass. Monastero del Bene Comune di Verona e coordinata da una rete di circa 30 realtà, tra associazioni, riviste e singole personalità della società civile italiana e della Chiesa di base, tra cui Adista, Rete interdiocesana Nuovi Stili di Vita, Gruppo Abele, Libera, Comunità degli Stimmatini di Sezano, Rete Radié Resch di Pistoia, Fcei-Federazione delle Chiese evangeliche, l’altrapagina, Combonifem, Missione Oggi, Nigrizia (v. Adista Segni nuovi n. 3/12). La Campagna – lanciata ufficialmente in chiusura dell’annuale “Marcia per la giustizia Agliana-Quarrata” lo scorso 8 settembre – ha come obiettivo a lungo termine, che l’Assemblea Generale dell’Onu emani una risoluzione per il 2018 (70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) che dichiari «illegali» quelle pratiche sociali e culturali, quelle istituzioni e quelle leggi che generano e alimentano meccanismi di impoverimento e di esclusione a livello locale e globale. Perché, si legge ancora nei 12 punti, poveri non si nasce ma si diventa: «La povertà è una costruzione sociale», ossia nasce all’interno di regole del gioco squilibrate, in contesti dove la disuguaglianza diventa un dato acquisito e parte strutturale delle stesse istituzioni che garantiscono diritti ineguali ai diversi gruppi sociali. Infatti, denuncia la Campagna, «l’impoverimento è figlio di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Terra».

Tra le armi più affilate per creare l’esclusione e la disuguaglianza, al primo posto sembra collocarsi proprio quella gestione dei beni comuni, come l’acqua, per la salvaguardia dei quali si è costituita l’Associazione Monastero del Bene Comune presso la comunità dei religiosi stimmatini di Sezano: «Il “pianeta degli impoveriti” – recita il sesto “principio” – è diventato sempre più popoloso a seguito dell’erosione e della mercificazione dei beni comuni, perpetrata a partire dagli anni ’70».

Ma quali sono, nello specifico, i meccanismi di impoverimento – chiamati dal gruppo promotore «le fabbriche della povertà» – che andrebbero smontati per garantire uguaglianza e parità di diritti? Proprio su questioni specifiche (leggi, istituzioni e pratiche) la mobilitazione, che nel frattempo ha assunto una dimensione internazionale, sta avviando alcune “sotto-campagne” per intervenire in alcuni Paesi le cui società civili hanno già aderito, in diverse forme, a Banning Poverty 2018 (tra questi, oltre l’Italia, Belgio, Québec, Argentina, Malesia, Indonesia, Filippine, ecc.).

In Italia, l’iniziativa avvierà una mobilitazione collettiva per l’abrogazione delle leggi che hanno legalizzato la finanza speculativa e “creativa”; l’abrogazione delle ultime disposizioni sull’articolo 18 e sulle politiche migratorie (propone anche la chiusura dei Centri di identificazione ed espulsione); una normativa più stringente sulle “finte cooperative” che sfruttano il lavoro, anche attraverso le attività di caporalato con i cittadini extracomunitari; la sensibilizzazione su quelle pratiche politiche, economiche e culturali che alimentano l’idea che il povero sia un potenziale criminale da “controllare” e da escludere. Pratiche radicate che tendono a mettere “fuori legge” le persone povere piuttosto che i meccanismi che le hanno costrette alla povertà.

«Niente sarà facile», ha commentato Riccardo Petrella (Monastero del Bene Comune) in un articolo pubblicato dal manifesto il 14 settembre scorso, perché «non solo l’Italia non ha una vera e propria strategia di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, ma anche perché, come accade in tanti altri campi nel nostro Paese, le classi dirigenti hanno raggiunto livelli così alti di mistificazione e di travestimento della realtà che il solo strumento che resta in mano ai cittadini è, da un lato, l’abbandono, l’apatia/indifferenza (il ciascuno per sé) o, dall’altro, l’opposizione violenta. “Dichiariamo illegale la povertà” è un atto forte di fiducia nei cittadini, nella democrazia e nello Stato dei diritti secondo la Costituzione della Res Publica».

Prossimo appuntamento della Campagna italiana, il lancio in conferenza stampa, il prossimo 17 ottobre a Roma (informazioni e adesioni: tel. 045/4853060, cell. 347/2256997, fax 045/550811; e-mail: info@banningpoverty.org; internet: www.banningpoverty.org). (giampaolo petrucci)

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