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BAGNASCO INVOCA IL RINNOVAMENTO. MA SOLO IN POLITICA

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 06/10/2012

36864. ROMA-ADISTA. «Veniamo da mesi particolarmente impegnativi e intricati, che dettagliano una condizione sempre più complessa, per noi italiani come per l’Europa». Dobbiamo «constatare che c’è carenza di quella visione capace di tenere insieme i diversi aspetti dei problemi e coglierne i nessi, abbarbicati come spesso si è alla propria visione di parte, quando non al proprio tornaconto personale». «L’Italia, riversa nella contingenza, stenta a maturare una prospettiva adeguata». A queste frasi, tratte dalla relazione di apertura del Consiglio permanente della Cei del 24 settembre scorso, il card. Angelo Bagnasco ha fatto seguire l’allarme: «Non si è infranto un equilibrio da riaggiustare; è accaduto qualcosa di più consistente e profondo che ha portato a galla di colpo le contraddizioni, le ingenuità, le fughe in avanti, gli squilibri, i rinvii accumulatisi nei decenni e sui quali evidentemente ci si illudeva di continuare a lucrare».

Uno scoramento, quello del presidente dei vescovi italiani, che pervade un po’ tutta la sua relazione introduttiva e che non sembra mitigato dalla considerazione che il «nostro popolo tiene, resiste; naturalmente si interroga e patisce; ma non si arrende e vuol reagire» e «sempre meno si lascia illudere dalle chiacchiere, ed esige la nuda verità delle cose». «Auspichiamo – è l’augurio del cardinale presidente – che questa componente del Paese sia meno trascurata o resa pressoché invisibile, per essere invece più determinante. Solo un sano anticonformismo ci salva dalla stagnazione e può attrezzarci per cooperare al cambiamento».

«La Chiesa non è moribonda»

Chiaro, nella prolusione del presidente della Cei, è il riferimento agli scandali (Ior, VatiLeaks) che hanno coinvolto la Chiesa e colpito Benedetto XVI, al quale viene espressa la massima solidarietà: «Ci stringiamo a lui – ha detto Bagnasco – come a roccia solida e nocchiero austero, che conduce con trasparenza e parresia la barca di Pietro tra scogli ieri ignoti. Dal laccio di tradimenti impensabili o malevoli interpretazioni, a liberarlo è puntualmente la sua mitezza e la sua disarmante affabilità, procedendo egli nella propria missione ancora più amato». Ma si lancia anche in una convinta quanto prevedibile difesa d’ufficio: «La Chiesa non è moribonda – come a volte si vorrebbe e viene rappresentata –, lacerata da divisioni, soffocata da contro-testimonianze, in condizioni di mera sopravvivenza. La Chiesa è unita e – seppur sotto sforzo – vuole affrontare le traversie del tempo con umiltà, vigore e lungimiranza». E forte è la rivendicazione di un agire giusto e praticamente unico nel panorama umano: «Se nessuno ha interesse a nascondere la verità, non si può tacere che la Chiesa è rimasta forse l’unica a lottare per i diritti veri dei bambini, come degli anziani e degli ammalati, della famiglia, mentre la cultura dominante vorrebbe isolare e sterilizzare ciò che di umano resta nella nostra civiltà».

D’altronde, «l’edificazione di una comunità nazionale che prescinda dalle proprie radici cristiane sarebbe una forzatura antistorica», in particolare in Italia, «culla ed esempio di un modello di civiltà decisivo per i destini del mondo», ma oggi fonte di preoccupazione. In questa stagione, si indigna Bagnasco, «per talune componenti di potere, il Vangelo avrebbe addirittura qualche responsabilità per la situazione in cui si è; e non avrebbe comunque più nulla da dire alla società odierna. Il cristianesimo, in realtà, sa di essere esperienza non di regresso, ma propulsiva, perché capace di proporre modelli di vita in cui l’esasperazione del consumismo e del liberalismo è bandita, in vista di uno sviluppo comunitario più equilibrato e più garantista rispetto alla dignità di ogni persona». La Chiesa, perciò, «fa appello alla responsabilità della società nelle sue diverse articolazioni» «perché prevalga il bene generale su qualunque altro interesse. (…). È l’ora di una solidarietà lungimirante, della concentrazione assoluta sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione dei partiti, delle procedure partecipative ed elettive, di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione». «Nefaste» sono le conseguenze «quando – per interessi economici – sull’uomo prevale il profitto, oppure – per ricerca di consenso – prevalgono visioni utilitaristiche o distorte». «Dispiace molto – aggiunge Bagnasco, con evidente riferimento alla situazione del Lazio e non solo – che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile» (v. notizie precedenti).

Monti sei tutti noi! Per ora

L’analisi politico-istituzionale del card. Bagnasco dimostra, se ce n’era ancora bisogno, il feeling con Monti e il suo governo, non fosse che per averci liberato di Berlusconi, diventato insostenibile da parte delle gerarchie ecclesiali, pur dopo essere stato gratificato di tanto sostegno. «In una congiuntura particolarmente acuta, la classe politica – ricostruisce il presidente della Cei – ha ritenuto proprio di dovere fare un passo indietro rispetto alla conduzione del governo del Paese. Ora è chiaro interesse di tutti che il governo votato dal Parlamento adempia ai propri compiti urgenti, e metta il Paese al riparo definitivo da capitolazioni umilianti e altamente rischiose». Ma bisogna andare oltre, anche perché «non si può sottovalutare il sentimento ostile che va covando nella cittadinanza». «Le elezioni – osserva ancora – non sono un passaggio taumaturgico, ma vincolo democraticamente insuperabile, e quindi qualificante e decisivo. (…). Per questo bisogna prepararsi seriamente, non con operazioni di semplice cosmesi, bensì portando risultati concreti per il Paese e un rinnovamento reale e intelligente delle formazioni politiche e il loro irrobustirsi con soggetti non chiacchierati». Qualche scapaccione ai partiti,  dunque, qualcuno ai poteri finanziari: «in questa stagione sembriamo capitati in un vicolo cieco, costretti a subire la supremazia arbitraria della finanza rispetto alla vitalità civile e culturale», e, in filigrana, quella che sembra una bacchettata a Marchionne: un avanzamento del nostro Paese «non può avvenire a scapito del lavoro, sostegno vitale dei singoli e delle famiglie, nonché di quel sudato patrimonio di professionalità industriale che ha raggiunto livelli di eccellenza mondiale, ed è guardato talora con avidità da altri Paesi. In questo campo è difficile credere ai “benefattori”!».

Unioni omosessuali e fine-vita

Due argomenti “scottanti” all’ordine del giorno di questo Consiglio: unioni omosessuali e fine-vita. Sulle prime, il card. Bagnasco ha fatto in breve rilievi culturali, giuridici, sociologici: «Nell’opinione pubblica – ha fra l’altro detto – la questione viene rappresentata come contrapposizione tra una concezione laica del matrimonio e della famiglia e una concezione cattolica, con l’accusa che si vuole imporre allo Stato laico una visione confessionale. Ma non è così: si tratta invece della dialettica tra diverse visioni “laiche” dei diritti. Si parla, ad esempio, di “libertà di scelta” a proposito delle unioni di fatto; ma è paradossale voler regolare pubblicisticamente un rapporto quando gli interessati si sottraggono in genere allo schema istituzionale già a disposizione. In realtà, al di là delle parole, ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri. Inoltre, si dice che certe discipline giuridiche non impongono niente a nessuno, ma solo permettono di avvalersi di una norma da parte di chi lo desidera. In verità, è la situazione complessiva a non essere più la stessa: infatti, a fronte di determinate leggi, si modifica il significato proprio dell’istituzione matrimoniale, il pensare sociale ne viene pesantemente segnato e, di conseguenza, l’educazione dei propri figli». «Per questa ragione, il riconoscimento di determinate situazioni o pratiche, non è mai neutrale: pur se non obbliga alcuno, è fortemente condizionante per tutti».

È invece attesa con trepidazione dal vertice episcopale l’approvazione del testo di legge sul testamento biologico che risente fortemente delle pressioni ecclesiali: «Rimane un ultimo passo da compiere, se non si vuole che un’altra legislatura si chiuda con un nulla di fatto, nonostante un grande e proficuo lavoro svolto a difesa della vita umana nella sua inderogabile dignità: com’è noto, si esclude ogni accanimento, ma anche ogni forma, palese o larvata, di eutanasia, e si promuove quel “prendersi cura” che va ben oltre il doveroso “curare”». (eletta cucuzza)

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