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DA ADEPTI DI UNA RELIGIONE A SEGUACI DI GESÙ. LA “VIA NUOVA” DEI VANGELI NELLA LETTURA DI PAGOLA

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 06/10/2012

36871. ROMA-ADISTA. Dopo il grande successo del suo libro Jesús. Aproximación histórica (disponibile anche in italiano con il titolo Gesù. Un approccio storico, 2009, ed. Borla, 40€; v. Adista nn. 7, 24, 51, 58 e 65/08; 61/09/ e 19/10) – un successo di pubblico accompagnato dall’inflessibile ostilità dei vertici episcopali – il teologo spagnolo José Antonio Pagola consegna ai suoi tanti lettori un’altra fondamentale opera sulla figura di Gesù, quella figura che il teologo non si stanca mai di presentare come una straordinaria alternativa per l’umanità, «l’anima di cui il mondo ha bisogno per vivere in maniera più degna e con maggiore speranza» (v. Adista n. 6/11). Si intitola, nell’edizione italiana della Borla, La via aperta da Gesù (titolo originale: El camino abierto por Jesús) e raccoglie – con la capacità tipica di Pagola di coniugare rigore e stile narrativo fluido e facilmente accessibile – alcuni dei molti commenti ai testi dei quattro vangeli pubblicati dall’autore, allo scopo di recuperare la Buona Notizia di Gesù per gli uomini e le donne del nostro tempo, anche per «coloro che vivono senza vie verso Dio, persi nel labirinto di una vita sconvolta» o bloccati dalla difficoltà ad aprirsi al mistero ultimo della vita. «Non ho ricevuto – scrive l’autore – la vocazione di evangelizzatore per condannare, ma per liberare. Non mi sento chiamato da Gesù a giudicare il mondo, ma a suscitare speranza».

Dei quattro volumi, ciascuno dedicato ad uno dei quattro Vangeli, in cui si suddivide l’opera, la Borla ha pubblicato nel giro di pochi mesi il primo su Matteo (pp. 288, 25€) e il secondo su Marco (pp. 235, 22€), acquistabili anche presso Adista (telefonando allo 06/6868692, scrivendo ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito www.adista.it).

Una via nuova e potente

A spiegare la scelta del titolo è lo stesso Pagola, nella Presentazione dell’intera opera. Per i cristiani delle prime comunità, afferma l’autore, credere in Gesù Cristo significava prima di tutto «entrare nella sua “via”, seguendone i passi»: una «via nuova e potente», come è scritto nella Lettera agli Ebrei, «inaugurata da Gesù per noi»; un cammino da percorrere «passo dopo passo nel corso di tutta la vita». Purtroppo, sottolinea Pagola, «così come viene vissuto oggi da molti, il cristianesimo non suscita “seguaci” di Gesù, ma solo “adepti di una religione”. Non genera discepoli che, identificandosi col suo progetto, si impegnano nell’aprire vie al regno di Dio, ma membri di un’istituzione che compiono più o meno bene i loro obblighi religiosi».

E se la profonda esigenza di un rinnovamento della Chiesa, oggi avvertita con forza crescente da un numero sempre più ampio di cristiani, comporta necessariamente la trasformazione da comunità di «adepti» a comunità di «seguaci», la Chiesa non sembra possedere in questo momento «il vigore spirituale» necessario ad affrontare le attuali e impegnative sfide. Una «mediocrità spirituale», quella di cui la Chiesa mostra con tanta evidenza di soffrire, che Pagola riconduce sostanzialmente a un’«assenza di adesione vitale a Gesù Cristo»: «Molti cristiani – sottolinea – non conoscono l’energia travolgente che si racchiude in Gesù, quando è vissuto e seguito dai suoi discepoli basandosi su di un contatto intimo e vitale. Molte comunità cristiane non sospettano la trasformazione che oggi stesso si produrrebbe in esse, se la persona concreta di Gesù e il suo vangelo occupassero il centro della loro vita».

Nulla di più utile dunque, per reagire a tale mediocrità spirituale, che «addentrarci nel racconto che offrono gli evangelisti», in quei quattro vangeli che, lungi dall’esporre una dottrina accademica su Gesù, o dal fornire biografie dettagliate, «ci avvicinano a Gesù così come lui era ricordato con fede e amore dalle prime generazioni cristiane», invitando ad entrare in un processo di cambiamento per aprire nuove vie al progetto del regno di Dio. Sono, insomma, «racconti di conversione, e con questo stesso atteggiamento vanno letti, predicati, meditati e custoditi nel cuore di ogni credente e nel seno di ogni comunità cristiana».

I quattro volumi che compongono l’opera seguono il percorso tracciato dall’evangelista, soffermandosi sui passi che la Chiesa propone alle comunità cristiane per la celebrazione dell’eucaristia domenicale e offrendo per ogni passo il testo evangelico e cinque brevi commenti di approfondimento, i quali «mettono in evidenza la Buona Notizia di Dio annunciata da Gesù, fonte inesauribile di vita e di compassione per tutti; suggeriscono vie per seguirlo, riproducendo oggi il suo stile di vita e i suoi atteggiamenti; offrono suggerimenti per stimolare il rinnovamento delle comunità cristiane nell’accoglienza del suo Spirito; ricordano le sue chiamate concrete a impegnarsi nel progetto del regno di Dio in mezzo alla società attuale; invitano a vivere questi tempi di crisi e incertezze radicati nella speranza in Cristo risorto».

Sono queste le chiavi di lettura a partire da cui si svolgono anche i commenti al vangelo di Matteo e a quello di Marco, nei primi due libri pubblicati da Borla. Il primo, spiega Pagola, è stato fin dai primi secoli il più letto e il più citato, fino a meritare la definizione di “grande vangelo”, essendo quello che espone nella forma più estesa l’insegnamento di Gesù: probabilmente scritto nella regione di Antiochia di Siria tra gli anni 80 e 90 – in un momento in cui non mancano le tensioni tra i farisei impegnati a restaurare il giudaismo intorno alla legge di Mosè proclamata nelle sinagoghe e il «movimento di Gesù» portato avanti dai suoi discepoli e seguaci – si rivolge ai cristiani provenienti dal giudaismo e istruiti nella legge di Mosè, per proclamare che Gesù è il vero Messia risuscitato da Dio e portatore di una nuova legge di vita, in cui la storia di Israele, oggi per noi «prototipo di un’umanità alla ricerca del compimento dei suoi aneliti più profondi», tocca il suo culmine.

Il secondo, il vangelo di Marco, il più breve di tutti ma il più antico, scritto probabilmente intorno all’anno 70 in qualche regione della Siria – ma arrivato molto presto a Roma, dove è probabile sia stata fatta una seconda edizione, che si diffuse rapidamente tra le comunità cristiane che andavano sorgendo nell’Impero – mostra la difficoltà a «comprendere e accogliere il mistero di Gesù, crocifisso dagli uomini e resuscitato da Dio», ma indica ai suoi lettori la via da seguire, secondo quanto rivelato dall’inviato di Dio alle donne recatesi al sepolcro: «Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». È «quanto faremo anche noi – commenta Pagola –, guidati dal racconto di Marco»: incoraggiati dalla fede in Gesù Cristo, «torneremo in Galilea e ripercorreremo il percorso che fecero i suoi primi discepoli seguendo le orme di Gesù». Un percorso che «può condurci a “vedere” meglio il mistero che si racchiude in lui». (claudia fanti)

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