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Dovere di obiezione

Tratto da: Adista Documenti n° 28 del 27/07/2013

A Papa Francesco, vescovo di Roma, Chiesa cui dalle origini è attribuito il titolo di una principalità nella carità e nella predicazione dell’Evangelo.

Mosso dall’amore per la Chiesa e per la chiarezza della sua immagine nel mondo che non può essere offuscata da interessi umani, politici o di potere,

incoraggiato dalla manifestazione di disponibilità espressa dal papa Francesco nei confronti non solo di voci autorevoli per il loro ruolo gerarchico e istituzionale ma anche di voci provenienti dalla periferia e dalla base,

avendo deposto presso il tribunale del Vicariato il 7 marzo 2007, nella fase processuale prevista per la beatificazione di Karol Wojtyla, romano pontefice col titolo di Giovanni Paolo II, come testimone a sfavore,

sento il dovere di manifestare la mia obiezione alla prevista canonizzazione di Giovanni Paolo II, anche se le procedure canoniche a tal fine previste non prevedono ulteriori acquisizioni di testimonianze. 

La mia testimonianza (poi fatta propria anche da teologi, teologhe e altre persone alle quali è cara la causa dell’immagine della Chiesa nel mondo moderno), benché fosse stata accolta con rispetto dal tribunale e annessa alla documentazione della causa, non ha avuto alcuna risposta né alcuna soddisfazione alle obiezioni opposte.

Ritengo, dunque, importante riproporre le stesse obiezioni, che allego, perché ritenute da me ancora del tutto valide. Nel frattempo sono costretto ad aggiungere un’altra obiezione: in questi ultimi anni non solo si è manifestata con crescente peso la piaga dell’abuso di minori da parte del clero, secolare o religioso, ma anche lo scandalo dell’occultamento di questi casi da parte di molti nella gerarchia ecclesiastica.

La pratica dell’occultamento – oggi superata con una sommaria definizione di “tolleranza zero”, ma eccessivamente indulgente verso le responsabilità dello stesso romano pontefice, Giovanni Paolo II, e della Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta in quegli anni dal cardinal Joseph Ratzinger – pesa come responsabilità non solo su alcuni vescovi diocesani ma anche sui vertici della gerarchia stessa.

In modo particolare, nella pratica dell’occultamento delle responsabilità pare coinvolto il papa allora regnante soprattutto nel caso del cardinal Groër, fatto arcivescovo di Vienna nonostante perplessità ed opposizioni dell’episcopato austriaco.

Pur riconoscendo doti di generosità pastorale e di coraggio in Giovanni Paolo II, nel suo esercizio del ministero petrino, penso che non si possa spendere, per lui, l’aureola della santità, ma ci si debba limitare, con rigorosi criteri storici, ad una obiettiva valutazione del lungo percorso del suo pontificato.

La riabilitazione di teologhe e teologi emarginati o puniti per la loro ricerca e la denuncia della corresponsabilità di certi prelati nell’occultamento di casi di pedofilia del clero potrebbero rappresentare un più forte atto di coraggio della Chiesa romana per proporre un volto evangelico al mondo di oggi bisognoso di chiarezza ed onestà.

Devotissimo in Cristo, Giovanni Franzoni

Roma, 11 luglio 2013, in Festo Sancti Benedicti

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