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Riforme costituzionali: avanti tutta?

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 09/11/2013

Il 23 ottobre l'attenzione dei media si è concentrata sulla notizia del rinvio a giudizio di Berlusconi, innanzi al Tribunale di Napoli, per la vicenda della compravendita dei senatori. Però, nello stesso giorno, si è verificato un altro avvenimento di maggiore rilievo politico che rimanda, in qualche modo, ad una sorta di compravendita: quella della Costituzione.

L'aula del Senato ha approvato in seconda lettura il disegno di legge governativo (n. 813B) avente ad oggetto l'istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali. Questo disegno di legge, com'è noto, introduce una procedura di revisione costituzionale in deroga a quella prevista dall'art. 138 della Costituzione ed istituisce, per la terza volta, una Commissione bicamerale, con il compito di esaminare i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I (il Parlamento), II (il Presidente della Repubblica), III (il governo) e V (Regioni, Province e Comuni) della parte II della Costituzione. Lo scopo di questa procedura in deroga è quello di favorire la revisione dei caratteri fondamentali dell'ordinamento costituzionale con tempi accelerati.

L'approvazione è avvenuta con una maggioranza che – per soli 4 voti – ha superato il quorum dei due terzi, rendendo impossibile (se tale maggioranza sarà confermata alla Camera il prossimo 11 dicembre) che l'ultima parola possa essere affidata al popolo italiano attraverso il referendum confermativo.

Sono caduti così nel vuoto gli appelli provenienti da quella parte della società civile e del popolo del centrosinistra che, con la manifestazione del 12 ottobre, aveva lanciato un monito al Parlamento a non abbandonare la “via maestra” della Costituzione.

I voti della Lega sono stati decisivi per il quorum, mentre nell'ambito del centro-sinistra si è levata una sola voce di opposizione, quella di Corradino Mineo.

Ha osservato il sen. Mineo: «Per fare una riforma importante come quella della forma di Stato e di governo sarebbero necessarie due condizioni: un vasto sostegno nella società e un'ispirazione comune nel Parlamento. Nella società, colleghi, questo sostegno non c'è. Oltre al no di una forza politica (parlo del Movimento 5 Stelle) che è stata la sorpresa delle elezioni di febbraio (ha votato no anche Sel, ndr), è nato un movimento di costituzionalisti, sindacalisti, associazioni di volontariato, che è contrario alla modifica della Costituzione. (...) Ma ancora più grave è la mancanza in questo Parlamento dell'ispirazione comune. Parliamo di politica, colleghi: dal 1º agosto, da quando il senatore Berlusconi è stato colpito da una sentenza definitiva per frode fiscale, è cominciato quello che a me sembra un attacco allo Stato di diritto, con la richiesta di ribaltare una sentenza definitiva. È un attacco alla stessa natura liberale della nostra democrazia, con la pretesa che il giudice non possa esercitare il controllo di legalità su un comune cittadino come sull'eletto del popolo. Con questi quarti di luna, che hanno portato ancora ieri il PdL a minacciare l'Aventino perché è stata nominata presidente della Commissione antimafia una persona per bene e una dirigente politica come Rosy Bindi, non c'è l'ispirazione comune per poter porre mano a una riforma di fondo della nostra Costituzione». Come non essere d’accordo con Corradino Mineo?!

Il punto e proprio questo: qual è l’ispirazione comune che unisce il Pd, la Lega ed i Pretoriani di Berlusconi? Qual è la concezione della democrazia sulla quale trovano una convergenza così profonda da avviare un lavoro comune per riscrivere la Costituzione?

Per favore qualcuno risponda a questa domanda!

* Giudice presso la Corte di Cassazione. Ha da poco pubblicato “Da sudditi a cittadini. Il percorso della democrazia” (Ed. Gruppo Abele, acquistabile presso Adista,v. Adista Segni nuovi n. 19/13)

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