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Un’altra strada per l’Europa

Tratto da: Adista Documenti n° 19 del 24/05/2014

Alla vigilia delle elezioni europee del maggio 2014 l’Europa è colpita dall’austerità, dalla stagnazione economica, da disuguaglianze sempre più gravi e dal crescente divario tra Paesi del centro e della periferia. La democrazia viene esautorata a livello nazionale e non viene sviluppata a livello europeo. Il potere è concentrato nelle mani di istituzioni tecnocratiche che non rispondono delle loro decisioni e dei Paesi più forti dell’Unione. Allo stesso tempo, cresce in tutto il continente un’ondata di populismo, con l’affermarsi in alcuni Paesi di pericolosi movimenti nazionalisti. 

Questa non è l’Europa immaginata decenni fa come uno spazio di integrazione economica e politica, libera dalla guerra. Questa non è l’Europa che prometteva progresso economico e sociale, l’estensione della democrazia, dei diritti e del welfare. È necessario un radicale cambiamento di rotta. Le elezioni europee del maggio 2014 sono un’opportunità importante per uscire dall’impasse neoliberista, fermare le tentazioni populiste e affermare che un’altra strada per l’Europa è possibile.

La Rete europea degli economisti progressisti (Euro-pen), di cui fanno parte gruppi di economisti e organizzazioni della società civile, chiama i cittadini e le forze politiche a un dibattito europeo sulle alternative possibili. Proponiamo un cambiamento radicale delle politiche europee in cinque aree chiave. Chiediamo che queste proposte siano messe al centro della campagna elettorale e delle attività del nuovo Parlamento europeo e della nuova Commissione.

1. Fermare l’austerità. Le politiche fiscali restrittive dell’Unione Europea – in particolare il Fiscal Compact e il Patto di stabilità e crescita – devono essere abbandonate. Le regole di bilancio devono essere cambiate e l’obiettivo di un “pareggio strutturale” per i bilanci pubblici deve essere sostituito da una strategia economica coordinata che permetta agli Stati membri di attuare le politiche fiscali che sono necessarie per uscire dalla crisi. Senza un forte stimolo della domanda non ci può essere via d’uscita dall’attuale stagnazione. A tal fine, è essenziale un programma di investimenti pubblici per la transizione ecologica, finanziati a livello europeo attraverso la Banca europea per gli investimenti (Bei). Un piano di investimenti pubblici europei è necessario per ricostruire attività economiche che siano sostenibili e capaci di offrire buoni posti di lavoro. Queste misure dovrebbero essere al centro di una nuova politica industriale in Europa, orientata verso la trasformazione ecologica e sociale del nostro modello economico, con una drastica riduzione nei consumi di energie non rinnovabili.

2. Controllare la finanza. Di fronte al rischio di deflazione - e al circolo vizioso di politiche restrittive, depressione e concorrenza al ribasso sui salari - la politica monetaria dell’eurozona deve cambiare radicalmente, riportando l’inflazione almeno al livello del 2%. La Banca centrale europea (Bce) deve fornire liquidità per realizzare politiche espansive, e deve diventare prestatore di ultima istanza per i titoli pubblici. Il problema del debito pubblico dev’essere risolto attraverso una responsabilità comune dell’eurozona e con la ristrutturazione del debito. Gli eurobond devono essere introdotti non solo per rifinanziare il debito pubblico degli Stati membri, ma anche per finanziare la conversione ecologica dell’economia europea. Il settore finanziario dev’essere radicalmente ridimensionato, con una tassa sulle transazioni finanziarie, l’eliminazione della finanza speculativa e il controllo dei movimenti di capitale. Le regole previste dall’Unione bancaria che sta emergendo non affrontano i difetti strutturali e la fragilità di fondo del sistema finanziario; servono regole più stringenti che vietino le attività finanziarie più speculative e rischiose, e introducano una netta divisione tra banche commerciali e banche d’investimento. I problemi dei centri finanziari offshore e dei paradisi fiscali all’interno dell’Unione europea devono essere risolti attraverso l’armonizzazione fiscale e regole più severe.

3. Espandere il lavoro, ridurre le divergenze. Il tasso di disoccupazione nell’Unione Europea ha raggiunto livelli record. Si aggrava così la fragilità economica e la disintegrazione sociale: creare nuova occupazione in attività socialmente ed ecologicamente sostenibili è una priorità assoluta per la politica. Nell’eurozona è necessario ridurre i gravi squilibri nelle bilance dei pagamenti obbligando all’aggiustamento anche i Paesi in surplus. La pressione per ridurre i salari e i diritti dei lavoratori deve finire; la competitività non dovrebbe basarsi sulla riduzione dei salari, ma sull’aumento della produttività e degli investimenti. In Europa è necessario introdurre un salario minimo, legato al Pil pro capite dei Paesi.

4. Ridurre le disuguaglianze. Le disuguaglianze sono aumentate in modo grave, e impediscono il ritorno a una crescita giusta. Il modello sociale europeo dev’essere difeso ed esteso attraverso politiche di redistribuzione, protezione sociale e welfare basate sulla solidarietà tra Paesi europei. Per ridurre le disuguaglianze e salvaguardare il welfare serve una riforma radicale degli attuali sistemi tributari, con un’armonizzazione fiscale a livello europeo che impedisca alle imprese di eludere la tassazione dei profitti, e con lo spostamento del carico fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili.

5. Espandere la democrazia. Le decisioni di politica economica devono essere soggette a un controllo democratico. È inaccettabile che banchieri, tecnocrati e lobbysti determinino le decisioni che condizionano le nostre vite. La democrazia dev’essere estesa, con un maggior controllo parlamentare e una maggior partecipazione dei cittadini a livello nazionale ed europeo. Per dare risposte alla crisi è necessario estendere l’intervento pubblico nelle attività economiche: nella finanza, nella ricostruzione del sistema produttivo, nei servizi pubblici. Gli attuali negoziati sul Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip) prevedono una grave riduzione dei processi democratici, dello spazio per le politiche e la regolamentazione: fermare il Ttip dovrà essere una priorità assoluta per il nuovo Parlamento.

Chiediamo ai cittadini di sostenere quest’altra strada per l’Europa e di votare per quei candidati e forze politiche che si impegnano a promuoverla. L’emergere di una coalizione progressista nel nuovo Parlamento europeo sarà essenziale per evitare che continuino le politiche fallimentari delle “grandi coalizioni” tra centro-destra e centro-sinistra, attualmente al potere in molti Paesi europei.

L’Europa potrà sopravvivere solo se cambierà strada. Europa deve significare giustizia sociale, responsabilità ambientale, democrazia e pace. Quest’altra Europa è possibile; la scelta è nelle nostre mani.

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