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Il grande enigma

Il grande enigma

Tratto da: Adista Documenti n° 41 del 28/11/2015

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Il grande enigma, l'enigma fondamentale della vita di ogni essere umano, è quello della verità metafisica ultima dell'universo. (…). A fronte del suo desiderio di esistere e di conoscere il cosmo per trovare in esso il cammino verso la vita, l'essere umano si vede negare l'accesso alla verità metafisica ultima dell'universo in cui ha fatto la sua comparsa e in cui è chiamato a vivere la sua esistenza. Ne deriva perciò una fastidiosa incertezza su cosa possa attendersi in ultima istanza dalla vita, essendo ciò legato a quella verità ultima che è oscura e ignota. Dall'antichità, di fronte all'enigma e all'incertezza, l'essere umano, attraverso la sua ragione e le sue emozioni, ha fatto congetture su tale misteriosa verità ultima. È così che sono nate le religioni, le quali hanno dato luogo a poco a poco a un dogmatismo che si è imposto socialmente. 

Tuttavia, negli ultimi anni, si è prodotto un cambiamento cruciale nel pensiero e nella cultura umana, un cambiamento che porta con sé il superamento del dogmatismo e il ritorno all'esperienza primordiale dell'enigma e dell'incertezza. (…). 

APERTI ALL’ENIGMA DELL’UNIVERSO  

(…). Dal macroscopico come dal microscopico, l'essere umano si apre all'enigma della profondità ultima dell'universo. Cosa c'è al fondo delle cose? Cosa contiene l'immensità dello spazio-tempo? Qual è la natura di una materia insondabile nella sua profondità abissale? 

(…). L'essere umano vive in un mondo di “fenomeni” (...). Ma, al di là del fenomeno percepito e conosciuto, esiste una verità ultima e profonda dell'universo. È evidente che conoscere questa verità – che equivarrebbe a conoscere la verità ultima dell'essere umano che di questo universo è parte – avrebbe per la specie umana un'importanza decisiva, in quanto offrirebbe il quadro definitivo di ciò che l'umanità, in ultimo termine, potrebbe sperare dall'universo per la realizzazione delle proprie aspirazioni vitali. 

Tuttavia, la maggiore fonte di inquietudine per l'esistenza umana nasce dal fatto che questa verità ultima dell'universo non è evidente, né ai sensi né alla ragione. L'universo, nel suo modo di presentarsi alla coscienza umana, mostra un fondo “metafisico” (che è mèta, cioè al di là dell'esperienza fisica immediata della natura così come è accessibile all'essere umano). (…). Cosa è possibile, in ultima istanza, attendersi dall'universo? 

RISPOSTE DOGMATICHE ALL'ENIGMA 

Dio e le congetture religiose

(…). Il riferimento esplicito alla metafisica è entrato nella storia attraverso le congetture e le costruzioni religiose della mente umana. 

Credere che l'universo sia dominato nelle sue dimensioni metafisiche sconosciute da un Essere personale, o da esseri personali, a cui poter ricorrere in cerca di aiuto ed eventualmente in grado di salvare dalla morte, è stata di certo una consolazione per l'esistenza umana. Non sembra possibile dubitare che il successo storico delle religioni si debba al fatto che abbiano offerto ai gruppi umani un orizzonte di speranza di fronte alla drammaticità della vita e che, in virtù di questo, gli esseri umani abbiano potuto sognare un futuro migliore di liberazione e di salvezza. (…).

Le credenze religiose sono state l'elemento essenziale che ha dato coesione sociale alla famiglia, ai gruppi umani, alle tribù e alle culture. Nella misura in cui ha acquistato importanza, la religione è passata a costituire il fulcro delle società, fino a ottenere un dominio sociale assoluto. Benché Dio, in realtà, nessuno lo avesse mai visto, il contenuto delle credenze religiose, con la loro idea del divino, venne accettato come qualcosa di pressoché evidente che nessuno poteva mettere in discussione senza subire il rifiuto sociale. Si può affermare che il risultato, in queste società, fu un dogmatismo teista, o religioso, inteso come verità indiscutibile avallata dalla ragione, dalle emozioni, dagli interessi vitali, dalle tradizioni e dalla coesione sociale. 

Il cristianesimo

È una delle grandi religioni della storia, nata come adesione alla persona e alla dottrina di Gesù di Nazareth. Per tale motivo, il cristianesimo intendeva che le proprie credenze si limitassero a proclamare il contenuto del messaggio di Gesù. Questa proclamazione era il kerigma cristiano. Tuttavia, i cristiani intesero anche fin dal principio che fosse legittima un'interpretazione del contenuto del kerigma alla luce della ragione e della cultura del loro tempo. (…).

Pertanto, fin dai primi secoli della storia cristiana, si cominciò a costruire un'interpretazione o ermeneutica del kerigma a partire dai presupposti filosofici e socio-politici propri del mondo greco-romano. Il risultato fu la nascita di un modo di interpretare il cristianesimo che ho definito come paradigma greco-romano. Sul terreno filosofico-teologico questo paradigma era teocentrico (la ragione riconosceva con certezza assoluta l'esistenza di Dio e la vita umana non poteva che avere Dio come punto di riferimento essenziale, vale a dire che non era possibile un'idea dell'essere umano senza Dio) e, su quello socio-politico, anche teocratico (Dio era l'unico riferimento possibile per organizzare la società civile e intendere l'origine del principio di autorità, sia nella legge naturale-divina che nella legge positiva di Dio attraverso la rivelazione). 

(…). Il dominio ideologico filosofico-teologico (teocentrico) e quello socio-politico (teocratico) del cristianesimo si andarono consolidando a partire da Costantino attraverso la cristianizzazione dell'impero romano, per stabilirsi infine nel medioevo. (…). 

Tuttavia (...), con l'avvento del rinascimento, prese avvio anche il movimento culturale della modernità, che, con diverse tappe e una logica evoluzione, giunge fino ai nostri giorni. Tale movimento rese possibile per la prima volta la formulazione di un'alternativa rigorosa al pensiero teista fino ad allora dominante. La possibilità di intendere l'universo senza Dio e, di conseguenza, di vivere una vita individuale e sociale senza Dio, mondanamente, acquisì diritto di cittadinanza. (…).

L'apparizione dell'alternativa atea al teismo religioso ancestrale presentava due aspetti: da una parte quello scientifico-filosofico e, dall'altra, quello socio-politico. È quest'ultimo ad aver prodotto a poco a poco l'emancipazione della società civile dai suoi fondamenti religiosi. (…). 

Una caratteristica dell'ateismo nascente che non va dimenticata per comprendere bene quanto avvenuto negli ultimi secoli e ci riguarda tuttora è che l'ateismo prodotto nella modernità è un ateismo dogmatico (esattamente come il teismo, si è detto, è un teismo dogmatico a partire dall'antichità). 

L'ateismo, insomma, non si limitava ad argomentare la “possibilità” che Dio non esistesse; la sua affermazione era più radicale: consisteva nello stabilire che la ragione, la scienza e la filosofia dimostravano la non esistenza di Dio o, in altre parole, che non c'erano argomenti di alcun tipo che permettessero di pensare alla possibilità dell'esistenza di Dio. La religione, pertanto, era un errore, una debolezza morale o esistenziale, un'evasione a favore di una vita illusoria. (…).

Il grande enigma in tempi di dogmatismi 

(…). L'esistenza di questi due grandi dogmatismi contrapposti – che ancora perdurano in settori sociali assai ampi dell'attuale società – non poteva che creare negli individui inquietudine, malessere e sconcerto. Com'era possibile che uno stesso universo desse origine a due dogmatismi così radicalmente contrapposti? Da che parte era la verità? Anche coloro che avevano già optato per uno di questi dogmatismi, per il teismo o per l'ateismo, non potevano non provare inquietudine per l'esistenza stessa di un dogmatismo contrapposto e alternativo. 

Di fatto, la realtà di una società scissa da metafisiche escludenti e antagoniste ha dato luogo, principalmente negli ultimi due secoli, alla crescita di un atteggiamento di indifferenza dinanzi alla dimensione metafisica. Non solo quella teista-religiosa, ma anche quella atea-areligiosa. (…). Questioni che si pensa richiedano una formazione filosofica, scientifica e teologica tale da abbracciare una serie di problemi a cui la gente normale non è in condizioni di far fronte. 

Per questo, molte persone, pragmaticamente, prescindono da ogni riferimento alla metafisica (questione dinanzi a cui si sentono impotenti) e vivono semplicemente un'esistenza rivolta alle inquietudini mondane più immediate. (…).

UN CAMBIAMENTO CRUCIALE NELLA STORIA 

Un aspetto essenziale della mia opera El gran enigma è dato dall'affermazione che nella storia del pensiero moderno si è prodotto un cambiamento cruciale dalle immani conseguenze sul modo possibile di intendere oggi il teismo e l'ateismo, cioè sulla maniera in cui questi devono costruire i loro argomenti metafisici. (...). Questo cambiamento cruciale a cui ci riferiamo è dunque a tal punto importante da comportare una ridefinizione del modo di vedere l'accesso umano alla metafisica, al teismo, all'ateismo, alle religioni e, in particolare, al cristianesimo. 

Un cambiamento cruciale così importante, concretamente, per il cristianesimo da supporre la necessità di una re-interpretazione o di una nuova lettura ermeneutica del contenuto del kerigma cristiano, fino al punto da comportare l'abbandono dell'ermeneutica o interpretazione del cristianesimo antico, per molti secoli abituale: dall'antico paradigma greco-romano al paradigma della modernità. (…) Come ho evidenziato in altri scritti, questo cambiamento, per la sua rilevanza, dovrebbe essere affrontato da un grande Concilio ecumenico, chiamato a stabilire i parametri e i criteri essenziali per l'inserimento del mondo cristiano nella modernità. (…).

In cosa consiste il cambiamento cruciale dei nuovi tempi? 

In cosa consiste allora questo cambiamento cruciale a cui ci stiamo riferendo? È assai facile da capire. Fino al primo terzo del XX secolo, continuava a dominare tra i credenti il dogmatismo teista e tra i non credenti il dogmatismo ateo. Ma, negli ultimi due terzi, si è prodotto un insieme di cambiamenti, nel pensiero e nella comprensione della vita - nell'arte, come nella politica, nella letteratura, nella stessa filosofia, ma soprattutto nella scienza - che ha portato con sé l'avversione e il rifiuto per quelle “grandi narrazioni” dogmatiche che avevano la pretesa di fissare con ogni certezza tanto la conoscenza della verità finale dell'universo quanto quella del senso della vita, dal comportamento ordinario alle ideologie socio-politiche. 

La gente (…) è meno disposta a credere a quanti cercano di imporre una verità assoluta e dogmatica, in qualunque campo. Alcuni hanno definito questo nuovo movimento culturale come “post-modernità”. Io ho sostenuto che la modernità non si è conclusa, ma che semplicemente si è passati da una modernità dogmatica a una modernità critica. (…).

Per molti secoli di modernità, la scienza è stata uno strumento al servizio del dogmatismo. Era una scienza determinista e meccanica (newtoniana), in definitiva riduzionista. (…). Tuttavia, le cose hanno cominciato a cambiare a partire dalla nascita della meccanica quantistica (...), la cui immagine dell'universo è passata a essere indeterminista, enormemente enigmatica nella sua idea di materia (…).

Di conseguenza, tornando alla domanda che abbiamo posto - in cosa consista il cambiamento cruciale citato -, possiamo rispondere con precisione: nel fatto che l'evoluzione della scienza nel tempo della modernità critica ha mostrato un'immagine dell'universo come enigma e questo ha condotto la filosofia a riconoscere che l'universo ci lascia immersi in un'incertezza metafisica. Prima, nella cultura dogmatica della modernità, si credeva a un'“evidenza assoluta della Verità”, pur intesa in maniera diversa da teisti e atei. Nel nostro tempo (...), si è acquisita la consapevolezza che siamo aperti all'enigma dell'universo e all'incertezza (…), la quale costituisce l'essenza del “problema della vita”: Dio non lo vediamo, la verità finale dell'universo è un enigma e siamo immersi in un'incertezza metafisica. (…).

Il silenzio di Dio: teismo critico e ateismo critico   

(…). Ancora oggi teismo e ateismo continuano in gran parte a essere dogmatici, a pensare che la ragione, la scienza e la filosofia mostrino in maniera evidente che Dio esiste (teismo) o che non esiste (ateismo). Teisti e atei continuano a sentire la sicurezza razionale (illusoria) propria del dogmatismo. (…). Ma il cambiamento consiste nel fatto che vivere in accordo con la sensibilità e con lo spirito del nostro tempo esige al teismo e all'ateismo antichi una conversione al teismo “critico” e all'ateismo “critico”. Solo questo tipo di teismo e di ateismo è possibile nella società (…) della modernità critica. 

Ma per intendere cosa significhi questo moderno “criticismo” è necessario muovere un primo passo: capire in che senso il cambiamento cruciale dal dogmatismo al criticismo presuppone l'apparizione di un modo nuovo, più profondo e radicale, di intendere il silenzio-di-Dio. L'espressione “silenzio-di-Dio” è molto antica, viene dalla patristica ed è stata estremamente meditata nella letteratura mistica. Ma per il dogmatismo teista, in ultima istanza, Dio non stava in silenzio, essendosi inequivocabilmente manifestato alla ragione nella natura. D'altro canto, per l'ateismo dogmatico non aveva senso parlare di silenzio-di-Dio in quanto Dio in definitiva non esisteva. 

Al contrario, il teismo critico e l'ateismo critico – in linea con la consapevolezza di essere immersi nell'enigma dell'universo e in un'incertezza metafisica – sanno che i loro argomenti sono ipotetici, non tassativi, e che devono essere esaminati dalla ragione, finché ciascuno non giunga a una decisione personale libera. Così, il teismo critico crede che l'ipotesi, la congettura, il presupposto dell'esistenza di Dio siano i migliori e i meglio argomentati, ma sapendo anche, in ultima istanza, che “Dio potrebbe non esistere”. Ugualmente, l'ateo crede che gli argomenti che avallano l'ateismo abbiano maggiore forza e verosimiglianza, ma sapendo anche, in ultima istanza, che “Dio potrebbe esistere”. 

La conseguenza è immediata: quello che certamente si può dire è che Dio, nel caso esista, sta in silenzio. Se si tratta dell'autore e creatore della natura, è un fatto che l'abbia creata in maniera tale da far risuonare in essa il silenzio cosmico di Dio, (…) non dotando la natura creata di un'“evidenza della Verità”. (…). Dio, pertanto, ha creato una natura in cui è verosimile il teismo, ma anche l'ateismo. (…).  

L'antica discussione riguardo alla questione metafisica dell'esistenza o inesistenza di Dio era una discussione sulla correttezza o meno degli argomenti dogmatici del teismo e dell'ateismo. Si discuteva su quale dei dogmatismi fosse quello vero (essendo l'altro ovviamente falso). Invece, nel tempo della modernità critica, si è iniziato a discutere se abbia senso o meno ammettere l'esistenza di un Dio che sta in silenzio. 

Si tratta, allora, di riflettere e prendere posizione rispetto a tutte le dimensioni reali in cui si manifesta il silenzio-di-Dio. La prima dimensione è quella del suo silenzio rispetto alla conoscenza umana riguardo all'enigma dell'universo: il fatto, già commentato, che non possiamo avere la certezza razionale che Dio esista o meno. La seconda dimensione è quella del silenzio-di-Dio di fronte al dramma della storia relativo alla sofferenza personale e collettiva, a causa del Male cieco naturale e della malvagità umana. 

Ha senso accettare l'esistenza di un Dio che resta in silenzio dinanzi a queste due dimensioni così importanti e sconcertanti per l'essere umano? La risposta del teismo e delle religioni è che vi sono argomenti che rendono verosimile l'esistenza di questo Dio in silenzio. La risposta dell'ateismo, al contrario, è la difesa degli argomenti a sostegno della non esistenza di questo Dio. 

(…). Nella modernità critica, pertanto, teismo e ateismo sono entrambi possibili e possono essere sostenuti dalla ragione in maniera legittima e moralmente onesta. (...).

LA RELIGIONE NATURALE 

(...). Se Dio esiste, se è creatore dell'universo e intende consentire a tutti gli esseri umani senza distinzioni una relazione religiosa con Lui, allora è ovvio che questa religiosità voluta da Dio (…) deve essere possibile attraverso la natura e attraverso la stessa esistenza umana e deve poter giungere a tutti gli esseri umani indistintamente. (…). 

Ebbene, un'altra delle conseguenze fondamentali del cambiamento cruciale che ci sta consentendo di entrare in un tempo nuovo è proprio il modo di intendere la religione naturale. (…).

Ricostruendo (…) gli argomenti che danno senso a tale religione naturale, vedremo che il cosmo si presenta enigmatico nella sua verità metafisica ultima, ma offre argomenti che permettono alla ragione, in campo scientifico e filosofico, di ammettere la verosimiglianza dell'esistenza di Dio come fondamento metafisico dell'universo. 

(…). Dio non è evidente oggettivamente né lo rende evidente alcun tipo di esperienza soggettiva o sociale (religioni). Ma è oggettivo il fatto della persistenza storica ineffabile, misteriosa, mistica di queste strane esperienze religiose che potrebbero essere un indizio dell'esistenza di una divinità nascosta. 

Tuttavia, l'argomento essenziale che rende possibile la religione naturale di ogni essere umano nel mondo è quello che consente di comprendere come (…) il silenzio-di-Dio potrebbe avere un senso-in-Dio. (…). Di accettare, cioè, un Dio nascosto e liberatore, malgrado la sua assenza, la sua lontananza e il suo silenzio. Questa accettazione rappresenta l'universale religioso, presente in tutta la religiosità umana. (…).

L'essere umano naturale è interessato a livello esistenziale al fatto che Dio esista. È la sua stessa vita che è in gioco. Solo se Dio esistesse e volesse liberare l'essere umano, si potrebbe sognare un futuro di felicità e vivere nella consolazione profonda che Dio accompagna l'umanità nella sua sofferenza e la conduce alla salvezza. (…).

IL DIO DEL CRISTIANESIMO 

(…). Il cristianesimo risponde ugualmente all'universale religioso, giacché questo appartiene all'essenza di ogni possibile religiosità umana. (…).

Ebbene, la Voce del Dio della Rivelazione che predica Gesù di Nazareth non fa che proclamare, effettivamente, la realtà e l'esistenza di un Dio che ha voluto nascondersi ma che alberga un progetto di liberazione della stirpe umana. (…). 

Il Dio che rivela il cristianesimo è un Dio che, nel suo eterno disegno, assume, per usare un termine di san Paolo, la kènosis della sua presenza nella creazione. Questa kènosis è l'occultamento, lo svuotamento, l'umiliazione di Dio nella creazione, per realizzare un mondo di libertà in cui (…) sono possibili la negazione di Dio e il peccato. È, allo stesso tempo, l'umiliazione di Dio dinanzi al dramma della storia che presenta una divinità inoperante, impotente, che sembra abbandonare la storia umana alle forze cieche del Male. 

(…). La ragione di questa kènosis in relazione alla libertà, da cui discende l’autonomia dell'universo e dell'essere umano, è che questo drammatico universo deve essere lo scenario che renderà possibile la meravigliosa storia della santità umana, che finirà per integrare l'umanità alla stessa vita divina. 

Il cristianesimo proclama che Dio ha voluto realizzare ed esprimere nel tempo umano il suo eterno disegno creatore attraverso il Mistero di Cristo che nella sua Morte esprime la kènosis nella creazione (…) e che nella sua Resurrezione esprime la futura liberazione con cui Dio salverà la storia umana. (…).

Per il cristianesimo, Dio ha creato l'universo in maniera che ogni essere umano possa arrivare a conoscere e ad accettare la sua offerta di amicizia. La natura rende già verosimile che un Dio creatore possa esserne il fondamento. Inoltre, è possibile credere all'esistenza di un Dio occulto e liberatore, la cui assenza, la cui lontananza e il cui silenzio nel mondo hanno un significato, che si è manifestato nel Mistero di Cristo. Infine, il cristianesimo crede che lo Spirito di Dio sia interiormente presente nello spirito di ogni essere umano in forma soprannaturale o mistica, misteriosa ma reale, che non rompe l'occultamento, ma che offre la testimonianza interiore definitiva della verità di Dio. (…).

Il grande enigma della realtà di Dio

(…). Che l'universo sia un enigma, e che la ricerca umana della verità si dibatta nell'incertezza, esprime il fatto che Dio potrebbe non esistere (per il credente) e potrebbe esistere (per il non credente). Il credere o il non credere nasceranno da una decisione personale (...). Ma deve trattarsi di una decisione informata e competente. Il credente deve conoscere l'insieme degli argomenti che rendono possibile l'ateismo. Ma anche l'ateo deve conoscere gli argomenti che rendono possibile credere e che mostrano la straordinaria coerenza e armonia del movimento religioso universale. Ma, nei termini esposti, il sempre possibile Dio è assente, lontano e in silenzio. 

Ciò pone la grande domanda a cui resta aperta l'esistenza dell'essere umano: se ha senso, cioè, credere nell'esistenza di un Dio occulto e liberatore. Per questo, il grande enigma dell'universo si riduce, in fondo, al grande enigma della realtà ed esistenza o meno di un Dio occulto e liberatore. Che atteggiamento assumere dinanzi all'enigma ultimo dell'universo e della nostra vita?

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