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Per proteggere civiltà e democrazia. Mao Valpiana risponde a Roberto Saviano

Per proteggere civiltà e democrazia. Mao Valpiana risponde a Roberto Saviano

ROMA-ADISTA. «Dove siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene. Ogni parola ha una conseguenza, certo, ma anche il silenzio ha conseguenze, diceva Sartre. E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci. Il silenzio, oggi, è insopportabile».

È l’inizio del lungo appello che Roberto Saviano ha pubblicato su la Repubblica il 20 luglio dal titolo "Rompiamo il silenzio contro la menzogna". «Questo governo – osserva fra l’altro lo scrittore –, in maniera maldestra ma evidentemente efficace, speculando sulle difficoltà di molti, utilizza come arma di distrazione di massa l'attacco ai migranti e alle Ong. Sta accadendo un orrore davanti al quale non si può tacere: mentre il M5S e la Lega litigano sui punti fondamentali del loro accordo, ci fanno credere che il nostro problema siano i migranti. E se mi rispondete che i governi precedenti hanno fatto altrettanto vi rispondo: non si erano spinti fino a questo punto, ma di certo hanno asfaltato la strada perché tutto questo accadesse. E se mi dite che avete votato per Lega e M5S per ribaltare il tavolo, perché era l'unico modo per mandare via una classe dirigente che aveva fallito sotto ogni profilo, vi dico: vigilate, non delegate, aprite gli occhi perché le cose si stanno mettendo male, male per tutti. Male non solo per i migranti o per le voci che dissentono, ma anche per voi».

E allora è opportuno, secondo Saviano, ricorrere ad una riflessione di Sant'Agostino. «Sant’Agostino scrive: "Se togliete la giustizia, che cos'altro sono i grandi Stati se non delle associazioni di ladri? [...] Se una di queste bande funeste si accresce con altri briganti fino al punto di occupare tutta una regione, [...] di dominare delle città, ecco che si arroga il nome di Stato". Quando la politica perde il sentiero della giustizia, si spoglia della sua carne lasciando scoperta l'ossatura banditesca», commenta Saviano, che chiede: «Sapete perché cito Sant'Agostino? Perché questo passaggio spiega bene come sia possibile che il potere, anche quando iniquo, anche quando ingiusto, anche quando incapace e anche quando criminale, viva indisturbato. Sapete di cosa si sostanzia l'omertà di fronte alle mafie? Se credete solo di paura vi sbagliate».

 

C’è un “luogo” per rispondere positivamente a Saviano

Dall’appello dello scrittore si è sentito chiamato in causa Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta", rivista fondata da Aldo Capitini nel 1964. Il 24 luglio gli ha inviato una lettera aperta dove sottolinea che,tanto più oggi, in un momento di violazione di diritti e di trionfo degli egoismi, c’è una sola scelta da operare: «O nonviolenza o non esistenza». . Eccone il testo integrale:

«Caro Roberto Saviano, c'è un luogo nel quale tutti coloro che risponderanno positivamente al tuo appello potranno trovarsi fisicamente insieme: la Marcia da Perugia ad Assisi del prossimo 7 ottobre.

La "Marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli", come la chiamò l'ideatore Aldo Capitini,  può essere la prima risposta forte, corale, nazionale, al governo che calpesta i diritti e sdogana la xenofobia.

A chi sparge odio rispondiamo con la pace. A chi innalza muri e ripristina confini rispondiamo con la fratellanza tra i popoli. Pace e fratellanza: sono queste le due gambe sulle quali da più di cinquant'anni cammina il popolo della Perugia-Assisi.

In quel tragitto, così evocativo, ciascuno può sentirsi a casa, ognuno nella sua diversità e con la sua specificità. La Marcia è di tutti, di tutti coloro che si riconoscono nei valori, laici e religiosi, a fondamento del vivere civile, di solidarietà e condivisione, di tutti coloro che vogliono rispettare e attuare i principi fondamentali della Costituzione italiana: unità della Repubblica, diritti, lavoro, uguaglianza, libertà, laicità, tutela delle minoranze, promozione della cultura, difesa del territorio, diritto d'asilo, ripudio della guerra.

Aldo Capitini era un profeta. Voleva unire cattolici e comunisti sul tema della pace, creare un ponte tra oriente e occidente, vincere la paura atomica, farne il primo punto dell'agenda politica.

Con la lungimiranza della nonviolenza, ci lascia in eredità lo strumento per ripudiare la guerra e la violenza. Oggi possiamo riprendere quel cammino, finalmente senza più ritualità e particolarismi, a partire dal conflitto che ci troviamo di fronte: c'è una guerra in atto della maggioranza politica contro i diritti di tutti (i diritti si misurano sempre a partire dal più debole ed indifeso,  che oggi è il migrante che attraversa il mare per cercare aiuto).

Rompere il silenzio, certo, dire una parola per prendere posizione contro la barbarie che cresce, ma anche mettersi in cammino l'uno a fianco dell'altro, per uscire dall'isolamento, può essere decisivo.

Oggi la politica si è armata di odio, il governo incita il cittadino alla difesa armata fai-da-te:  l'alternativa a questo precipizio è il disarmo, disarmare il pensiero, disarmare le parole, disarmare le azioni. La nonviolenza è la risposta vincente, capace di moltiplicare gli anticorpi che potranno prosciugare il brodo di coltura nel quale stanno proliferando i batteri dell'ignoranza, dell'egoismo, del fascismo.

Tu citi Sant'Agostino, che ci parlava di politica e giustizia, io ti rispondo con un altro santo, laico, Martin Luther King, il quale diceva: "Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti".  Per questo dobbiamo rispristinare la verità delle parole. Il Vangelo dice: "il vostro parlare sia: sì, sì; no, no; poiché il di più viene dal maligno".  Diciamolo chiaro che i crocefissi veri, di carne, vivi, vengono ben prima dei crocefissi finti, di plastica, morti. Dire il contrario è blasfemo, è menzogna che viene dal Male. Perciò anche le parole della Marcia dovranno essere chiare e semplice, comprensibili da tutti: no alla guerra e alle armi; no alla violenza; sì alla fraternità, all'accoglienza; sì al dialogo. La scelta è chiara, o di qua o di là. O nonviolenza, o non esistenza.

La Marcia è una manifestazione "dal basso", che ne comincia tante altre; avvia un’unità che è la massima che si può stabilire in Italia: quella nel nome della pace. La resistenza alla guerra diventa  il tema dominante, che ha conseguenze politiche ben precise: no agli enormi stanziamenti per le spese militari, no agli strumenti di morte come gli F35, no all'industria bellica, no all'esportazione di armi nei paesi belligeranti, che creano morte, distruzione, migrazioni forzate e profughi che fuggono dal terrore e dalla miseria. Marciare per la pace è una risposta alla politica globale.

Dunque l'invito agli amici scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, è quello di mettersi in cammino per la pace, da Perugia ad Assisi.

Saremo in tanti a riprendere in mano la politica della nonviolenza».

*Foto di pacj tratta da Creative Commons immagine originale e licenza

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