Abusi sessuali, condannato a sei mesi il Cardinale che coprì il prete pedofilo
LIONE-ADISTA. Il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, è stato condannato stamane a sei mesi di carcere con la condizionale per aver coperto gli abusi sessuali commessi negli anni Ottanta e Novanta da un prete della sua diocesi, p. Bernard Preynat, a danno di ex-scout all’epoca adolescenti. Le altre cinque persone che erano sotto processo, tra cui l’arcivescovo di Auch Maurice Gardès, il vescovo di Nevers Thierry Brac de La Perrière e il prete Xavier Grillon, sono state assolte.
Il caso di pedofilia ecclesiastica è balzato agli onori della cronaca tre anni fa, dopo la denuncia di una vittima, l'ex scout Alexandre Hezez, che aveva condotto a un primo processo, archiviato nel 2016. In merito alle accuse a lui rivolte, il cardinale di Lione – trascinato nuovamente in tribunale grazie all'insistenza delle vittime, riunite nell’associazione Parole libérée – si è sempre detto innocente, chiedendo però perdono, in chiusura dell'Anno della Misericordia (21/11/2016), per gli «errori di governo che hanno causato scandalo».
«Non ho mai cercato di nascondere nulla, tantomeno questi fatti orribili», si è difeso il prelato 68enne davanti al giudice. Eppure, secondo l'accusa, Barbarin era venuto a conoscenza degli abusi perpetrati dal sacerdote già negli anni 2000, ma solo nel 2010 aveva affrontato Preynat, il quale gli aveva assicurato di non aver più compiuto simili atti. Barbarin, credendo alle sue parole, lo aveva lasciato al suo posto, ancora a contatto con i minori, fino al 2015, quando il caso è esploso, e il prete pedofilo è stato sospeso e messo sotto controllo giudiziario in vista dell'udienza.
Preyant, grazie alla prescrizione, non sarà mai processato per gli abusi perpetrati ai danni delle sue giovani vittime. Ma la sentenza di oggi pone fine ad un capitolo buio della storia della Chiesa francese, sebbene anche un’altra personalità di spicco, coinvolta nella faccenda, non subirà conseguenze. Si tratta di mons. Luis Ladaria, prefetto e segretario della Congregazione per la Fede. Secondo l’accusa, dopo aver incontrato una delle vittime di Preyant nel 2015, il card. Barbarin si era rivolto al Vaticano in cerca di consiglio e Ladaria gli avrebbe raccomandato «di prescrivere le misure disciplinari adeguate, evitando però uno scandalo». In una nota verbale inviata il 17 settembre al Ministero per gli Affari esteri francese e trasmessa alla giustizia di Lione, le autorità vaticane sottolineavano che l’arcivescovo Ladaria avrebbe parlato con il cardinale Barbarin «nell’esercizio delle funzioni sovrane» svolte all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede invocandone «l’immunità penale ratione materiae», trattandosi di «atti compiuti in nome del sovrano Pontefice» ed evitandogli così il processo.
La stessa cortesia non è stata usata a p. Pierre Vignon, prete della diocesi di Valence (suffraganea della diocesi di Lione), canonista noto per la sua specializzazione nel seguire casi di abuso sessuale nella Chiesa e nell’accompagnamento delle vittime. Vignon, infatti, è stato rimosso dalle sue funzioni di giudice della corte ecclesiastica di Lione a novembre scorso, verosimilmente per il suo protagonismo in una iniziativa che avuto larga eco in Francia: una petizione, lanciata sulla piattaforma change.org ad agosto 2018, per chiedere le dimissioni di Barbarin, alla quale hanno aderito ben 105mila persone. A nulla è valso l’appoggio della base cattolica poiché «tra i 12 vescovi della regione Auvergne-Rhône-Alpes, (che supervisionano l'area della Francia sud-orientale Auvergne-Rhône-Alpes e che hanno adottato il provvedimento della destituzione di Vognon, ndr) c'è il cardinal Barbarin - ha detto lo stesso Vignon - quindi immagino che quei vescovi non volessero fare cosa sgradita al cardinale a cui ho scalfito l'ego».
*immagine di MEDEF, tagliata e modificata, tratta da Flickr. Immagine originale e licenza
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