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Facciamole cardinali, le donne, dirigano la Chiesa e porremo fine al clericalismo. Il suggerimento di un sociologo della Religione

Facciamole cardinali, le donne, dirigano la Chiesa e porremo fine al clericalismo. Il suggerimento di un sociologo della Religione

Papa Francesco, visto che picchia sempre duro contro il clericalismo, in quanto pontefice potrebbe metter fine a questoa "malattia" eccleisiale? È la domanda che il settimanale cattolico spagnolo Vida nueva (16 giugno) rivolge a José Casanova, uno dei più prestigiosi studiosi di Sociologia della Religione, docente all’università Georgetown di Washington, tanto stimato nella sede centrale della catttolicità da aver partecipato il 10 e 11 dicembre scorso al congresso sui diritti umani svoltosi alla Pontificia Università Gregoriana. «No», è la risposta dello studioso, «l’unica soluzione sarebbe mettere il potere della Chiesa nelle mani delle donne. Non parlo del sacerdozio. Facciamole cardinali, le donne, e che dirigano loro la Chiesa», perché «è chiaro che la questione non è il sacerdozio ma il potere del clericalismo», all’interno del quale allignano anche i rivoltanti abusi sessuali.

Un suggerimento paradossale, quello di Casanova, una sorta di fantasia nella situazione ecclesiale data, perché il Diritto Canonico (can. 351) recita: «Ad essere promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che siano costituiti almeno nell'ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari; coloro che già non siano Vescovi, devono ricevere la consacrazione episcopale». E si sa che la nomina episcopale spetta ai sacerdoti e che al sacerdozio possono accedere solo esseri umani di sesso maschile.

Si può qui osservare che in fondo pure questa normativa potrebbe cambiare, ad opera di un pontefice. Un pontefice che decidesse che i ministri del suo governo debbano essere persone, rette, preparate, capaci e non ncessariamente presbiteri. E allora perché non donne? Certo, un pontefice tipo Francesco e non tipo Wojtyla, stando alla descrizione di entrambi cui accenna Casanova. «L’interessante di papa Francesco – sostiene – è che non è un riformtore autoritario, dall’alto. Sa che domani può arrivare un altro papa e cambiare le cose. La posizione sua è di aprire processi, non occupar posti, e che il tempo è più importante dello spazio». Purtroppo, rendendosi conto «che non c’è tempo e che lo attaccano», «cerca di reagire e appare come persona contraddittoria». Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, Casanova lo inquadra nella «reazione al Concilio Vaticano II» e nella volontà di «controllo da parte di Roma». All'epoca «si tentò – racconta – di rimuovere l’autonomia guadagnarta dalle Conferenze episcopali e nominare vescovi in tutto il mondo a misura di Wojtyla. Quello che rendeva episcopabili i preti era la questione dell’aborto e della chiusura al sacerdozio femminile. Francesco sta creando cardinali con un profilo più pastorale e tenta di aprirsi alle Chiese locali, ma c’è una forte paura del pluralismo».

Bergoglio, dunque, molto meglio di Wojtyla, secondo il sociologo della Religione, ma non sarebbe questo il Francesco che può porre mano ad una riforma così radicale quanto quella ipotizzata per liberare la Chiesa dal clericalismo. E, poi, siamo sicuri che Francesco lo vorrebbe?

*Foto di Pietro Di Fontana, tratta da Wikipedia, immagine originale e licenza

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