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 Ultima chiamata ai Legionari di Cristo

Ultima chiamata ai Legionari di Cristo

Tratto da: Adista Documenti n° 5 del 08/02/2020

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«Siamo all’ultima chiamata», si sente dagli altoparlanti dell’aeroporto. Il problema, purtroppo, è che il passeggero è handicappato, senza assistenza e si trova ancora nella fila del controllo di sicurezza. Perdere l’aereo non è solo una possibilità.

Vediamo come siamo arrivati a questa situazione disperata. La Legione era un castello di sabbia, che riposava sulle abilità di prestidigitatore ecclesiale di Marcial Maciel. Lo psicopatico che era riuscito a illudere quattro papi, da Pio XII in poi. Senz’altro grazie ai suoi assistenti col cappello rosso. Non è qui il posto per discernere quanto i papi si siano lasciati ingannare e quanto abbiano voluto esserlo, abbagliati dal luccichio dei beni più preziosi per qualunque vescovo o papa: vocazioni e soldi per sostenere i propri progetti. C’erano parecchie segnalazioni da parte di coloro che avevano scoperto il trucco, come mostrano gli archivi della Santa Sede, resi pubblici ne La voluntad de no saber (Alberto Athié, José Barba, Fernando M. González, Città del Messico, 2012). Ratzinger lo aveva pure scoperto, ma i manager di Maciel erano ben collocati e agivano efficacemente, la sua era una voce nel deserto, che però non ha mai gridato come Giovanni Battista. Alla fine, quella voce è diventata la voce del pontefice e successe quanto ben conosciamo già. Maciel invitato, anziché condannato (grazie ad Angelo Sodano), a una vita di preghiera e penitenza che mai visse e poi una visita apostolica ben pianificata ed eseguita, che mise nero su bianco la reale situazione della Legione: una congregazione malata e fondata da un uomo «privo di scrupoli e di autentico sentimento religioso» (comunicato della Santa Sede sulla visita apostolica alla congregazione dei Legionari di Cristo, 1 maggio 2010). Il 1° maggio 2010 fu la prima chiamata per salire sull’aereo della salvezza.

A differenza del viaggiare in aereo, dove basta salire e sedersi comodamente, qui ci voleva fatica e uomini disposti a rimboccarsi le maniche. La Chiesa non era né è in grado di salvare i Legionari se questi non fanno la loro parte. Purtroppo, neanche il caposquadra è stato all’altezza. Con princìpi fasulli quali “non fare una caccia alle streghe”, fondati su analisi leggere, come “che cosa vuol dire sapere?”. Stessa linea seguita dall’attuale generale uscente, eletto nel 2014, Robles Gil. Non appena in carica ha dichiarato, in una intervista al quotidiano spagnolo El País: «Una cosa es cubrir, otra cosa es encubrir», gioco di parole in spagnolo che vuol dire che non consegnare un prete pedofilo non implica coprire suoi delitti.

De Paolis ha semplicemente lasciato che gli assistenti di Maciel continuassero a gestirne l’eredità malgrado avesse dichiarato in pubblico «il pesce puzza dalla testa». Ha pagato un caro prezzo per la sua eccessiva pusillanimità, documentata nella sua intervista a Nicole Winfield dell’Associated Press nel 2011. Nemmeno ha appoggiato la minoranza attiva di quelli che volevano l’unica terapia possibile, una terapia radicale, che poggiava sulla domanda fondamentale: Maciel, lo si può chiamare ancora fondatore? Bisogna non dimenticare, però, che noi dissidenti – termine datoci da De Paolis – eravamo una minoranza che non riuscì mai a convincere il resto dei Legionari. Sia detto, comunque, che ciò che si voleva erano leader carismatici, capaci di pensare a una nuova Legione al di là dei radicati princìpi che Maciel aveva scritto a sangue e fuoco nei cervelli dei Legionari. Questi leader doveva suscitarli lo Spirito, ma, ammesso che ci siano stati, furono soffocati anziché promossi da De Paolis. L’esito inevitabile fu l’emorragia di sacerdoti – 300 in tre anni all’incirca, specialmente tra quelli più giovani, la generazione di ricambio – che dal 2014 in poi è diventato un salasso che non si ferma. L’Assistente Pontificio nominato da Francesco, l’ex rettore della Gregoriana Gianfranco Ghirlanda, è soltanto riuscito nella disinfezione delle norme e dei protocolli, ma non ha sradicato lo spirito di Maciel che ancora infesta il castello, per usare l’espressione di Sandro Magister nel lontano 2011. Lo sappiamo dalla fitta rete di copertura che ancora dilaga nella Legione e che mette in evidenza la vicenda dei pedofili Fernando Martínez, Vladimir Reséndiz, Antonio Rodríguez, José María Sabín, per parlare solo dei casi che sono arrivati ai media. La Legione agisce sempre reattivamente, mai proattivamente. Se si riesce a far ammettere pubblicamente un caso, è perché ci sono già arrivati i media. Nel linguaggio dei dissidenti chiamavamo questo atteggiamento “politica delle trincee”: non ammettere nulla se non è inevitabile perché reso pubblico da altri.

Lo spirito di Maciel vive anche nella strenua volontà della Legione di tenere strette a sé le donne consacrate – attualmente raggruppate nella Società di Vita Apostolica “Consacrate del Regnum Christi”, forse la parte più sana dell’insieme fondato da Maciel – e i consacrati maschi. Gli sforzi per rendere autonomi entrambi i gruppi dei laici consacrati, iniziati da De Paolis e proseguiti da Ghirlanda, sono rimasti bloccati dalla forza centripeta della Legione, che non molla il portafoglio, e dall’insicurezza delle consacrate donne, che impedisce loro di lanciarsi a scrivere la propria storia al margine della sorte della Legione.

Ma torniamo a gennaio 2020.

L’unica possibile via di salvezza della Legione è la rinuncia allo spirito di Maciel, mal chiamato “carisma”, come se un pedofilo potesse essere stato strumento per trasmettere qualcosa, anziché il costruttore di una struttura fatta a immagine e somiglianza di se stesso e diventata congregazione religiosa contraffatta grazie all’incompetenza dell’autorità ecclesiale. Poi, si richiede un impegno insindacabile a favore delle vittime di Maciel, nemmeno accolte con sincerità, e che si affrontino i casi degli altri Legionari pedofili, tutti e ciascuno, senza eccezione. Fare verità richiede anche farsi carico della “rete di copertura” denunciata dal nunzio in Messico, mons. Franco Coppola. È uno scandalo che siano presenti all’assise capitolare sacerdoti che hanno coperto Maciel e altri preti pedofili. Luis Garza Medina, Evaristo Sada, Oscar Náder, Anthony Bannon, per fare solo alcuni nomi, sono tanto o più colpevoli di Eloy Bedia, l’antico provinciale del Messico, che ha declinato di partecipare alla vigilia dell’apertura del Capitolo. La cosa peggiore, però, è che questi sono arrivati al Capitolo votati dai confratelli, il che la dice lunga su cosa pensino i ranghi dei Legionari.

In definitiva, guidati da eventuali leader di questa azione riparatrice, la Legione deve ripensare la sua azione apostolica. Abbandonare l’opzione preferenziale per i ricchi – il rinnovamento nella Chiesa non è mai esistito senza abbracciare la povertà evangelica – per inserirsi nell’azione pastorale della Chiesa universale, che si contraddistingue per il non fare eccezione fra persone e per l’opzione preferenziale per i poveri. Questa non è una tra molte scelte possibili, è la scelta assiale della Chiesa perché è la scelta di Gesù. Saranno i Legionari all’altezza di questo compito? Ci sono le risorse necessarie?

Senza escludere, per principio, uno strepitoso intervento dello Spirito Santo, lo scenario è assai complesso. Le elezioni dei capitolari hanno messo in evidenza che i seguaci di Maciel sono ancora forti, specialmente nelle province – che i Legionari chiamano territori – dove la Legione è più forte e ha più membri impegnati nella missione: quelle del Messico. Negli Stati Uniti, dove la temperie ecclesiale dovrebbe aiutare a spingere per azzerare il debito con le vittime, i macielisti riescono a tenere più della metà dei delegati (tra cui Kevin Meehan, presente al letto di morte del fondatore). Non c’è una sola provincia con maggioranza rinnovatrice. Questo porta alla logica conclusione che il nuovo direttore generale sarà, nei migliore dei casi, un riformatore debole, messo sempre sotto scacco da una consistente schiera macielista. Qualche giorno fa, la Legione ha emesso un comunicato stampa dove dichiara che il Capitolo ha affrontato l’argomento degli abusi, la copertura istituzionale e la riparazione alle vittime (ci sarebbe bisogno di anni per riuscire a farlo) e che renderà pubbliche le loro risoluzioni al riguardo. Per ora sono solo parole incoraggianti; attendiamo i fatti. Fino ad oggi, le loro precedenti parole sono state soltanto flatus vocis.

Pensare che papa Francesco possa intervenire nuovamente è difficile, tranne che per esigere sanzioni per i criminali e riparazione per le vittime, magari condizionando l’approvazione del nuovo generale a un impegno serio su questa linea. Non sembra nemmeno saggio continuare a spingere controvoglia un’intera congregazione, che tra l’altro è in chiaro declino: gli ingressi sono in calo continuo, 50 novizi l’anno, meno del 25% di quelli dell’epoca “dorata”. La morte lenta sarebbe meglio dell’eutanasia, soluzione sempre sgradita. Si salva cosi il principio Gamaliele, cioè lasciare sempre spazio all’intervento divino. Quando conosceremo il nome del nuovo generale, la prognosi potrà essere formulata in termini più precisi.

Da parte loro, le consacrate donne sembrano più attive. Fortunatamente, essendo una realtà femminile, la mano di Maciel è stata meno pesante, e loro, da tempo, hanno cercato aiuto presso preti esterni, limitando così il controllo da parte dei Legionari. Ma la loro sorte è strettamente legata alla loro voglia di percorrere una strada propria. Forse saranno le uniche a salvarsi, se riusciranno a svincolarsi dalla zavorra della Legione.

In questo scenario, papa Francesco, ammesso che non faccia un coup de force, molto improbabile, dovrebbe almeno garantire giustizia e riparazione per le vittime. Occorre dare sostegno esplicito al presidente della Conferenza episcopale messicana, l’arcivescovo di Monterrey, mons. Rogelio Cabrera e al nunzio mons. Coppola, entrambi molto critici con la Legione, rompendo una lunga tradizione di condiscendenza verso i Legionari. Con le sue parole, Francesco dovrebbe far capire che la Legione non è stata all’altezza del compito rinnovatore. Anche l’ordine di chiudere i seminari minori della Congregazione sembrerebbe una decisione ragionevole, visto che è il luogo prediletto per gli abusi da parte dei preti Legionari. Decisamente non sono ambienti sicuri per i bambini.

In sintesi, non penso che dal Capitolo escano più che dichiarazioni di buona volontà circa gli abusi sessuali in linea con gli standard ormai acquisiti della Chiesa. La partita per il futuro della Legione non si gioca lì, quello è soltanto un minimo indispensabile. La vera riforma è pensare a compattare un gruppo di sacerdoti capaci di seguire un cammino proprio, guidati dallo Spirito Santo e non dallo spirito di Maciel. I segni di questo cambiamento saranno unicamente le loro scelte evangeliche, per gli ultimi, anziché le scelte autoreferenziali e manageriali che Maciel ha immesso nel DNA dei Legionari e che contraddistinguono i Legionari nella compagine ecclesiale a tutt’oggi. Siamo all’ultima chiamata, riuscirà l’handicappato a salire sull’aereo della salvezza? Non scommetterei sull’esito positivo di questa storia. Impegnarsi davvero a favore delle vittime è per loro difficile, ma certamente non impossibile; ritrovare un carisma è un’altra storia.  

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