L'ONU denuncia ancora: in Libia uccisioni e violenze contro i migranti
«Un migrante è stato ucciso e almeno altri 15 feriti, sei in modo grave, quando le autorità di sicurezza libiche hanno compiuto ieri raid contro case e rifugi temporanei di fortuna a Gargaresh, una zona di Tripoli densamente popolata da migranti e richiedenti asilo. Pur rispettando pienamente la sovranità dello Stato e sostenendo il suo dovere di mantenere la legge e l’ordine e di proteggere la sicurezza della loro popolazione, l’ONU invita le autorità statali a rispettare in ogni momento i diritti umani e la dignità di tutte le persone, compresi i migranti e richiedenti asilo».
È l’allarmata denuncia di Georgette Gagnon, assistente del segretario Generale delle Nazioni Unite residente e coordinatrice umanitaria per la Libia, in una dichiarazione, pubblicata da UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya). Gagnon afferma che «secondo i rapporti di funzionari della Direzione per la lotta alla migrazione illegale, almeno 4.000 persone, tra cui donne e bambini, sono state arrestate durante l’operazione di sicurezza. Migranti disarmati sono stati molestati nelle loro case, picchiati e fucilati. Le Nazioni Unite hanno ricevuto segnalazioni di un giovane migrante ucciso da colpi di arma da fuoco. Altri cinque migranti hanno riportato ferite da arma da fuoco; due di loro sono in gravi condizioni in terapia intensiva. Ha inoltre ricevuto segnalazioni secondo cui le comunicazioni erano state interrotte con individui incapaci di comunicare, accedere alle informazioni e chiedere assistenza».
«L‘uso eccessivo e ingiustificato della forza letale da parte delle forze di sicurezza e di polizia durante le operazioni di contrasto – ribadisce la coordinatrice ONU, tornando ancora un volta a condannare le condizioni disumane nei centri di detenzione della Libia – costituisce una violazione del diritto nazionale e internazionale».
Perciò «chiediamo alle autorità libiche – prosegue – di indagare sui rapporti sull’uso letale ed eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza contro i migranti nelle operazioni di ieri». «In linea con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le conclusioni di Berlino, ribadiamo – si legge ancora – il nostro appello alle autorità libiche affinché pongano fine e prevengano arresti e detenzioni arbitrarie e rilascino immediatamente le persone più vulnerabili, in particolare donne e bambini. In questo contesto, sollecitiamo nuovamente il governo a consentire immediatamente la ripresa dell’evacuazione umanitaria volontaria operata dall’OIM e dell’UNHCR e dei voli di ritorno e delle partenze di migliaia di migranti e richiedenti asilo in Libia verso destinazioni al di fuori del Paese».
L’espressione della preoccupazione dell’ONU giunge proprio il 3 ottobre, giorno dell’anniversario della tragedia del ribaltamento di un barcone, avvenuto intorno a Lampedusa nel 2013, dove persero la vita 368 migranti; e giorno in cui ben 18 natanti carichi di migranti in cerca di salvezza da vite deprivate quanto meno di dignità hanno in qualche modo raggiunto l’isola. E purtroppo, in precedenza Alarm Phone aveva denunciato che «una barca con 70 persone a bordo è dispersa da 4 giorni». Il natante, che proveniva da Khoms, in Libia, ha contattato l'organizzazione «molte volte». Ma i contatti sono stati persi «quando erano in Sar maltese, 11 miglia dalle acque italiane. Non c’è conferma – ha affermato Alarm Phone – del loro soccorso o arrivo. Le autorità tacciono».
*Migranti in cella, Libia. Foto UNICEF/UN052613/Alessio Romenzi tratta da images.wired.it, immagine originale e licenza
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