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"Fermiamo l'industria dei virus": una petizione contro gli allevamenti intensivi

Greenpeace – e con lei molte altre organizzazioni ambientaliste – non ha dubbi: il sistema di produzione del cibo che acquistiamo e mangiamo si fonda su deforestazione, inquinamento, allevamenti intensivi e altre nefandezze. Un sistema, dunque, «che devasta gli equilibri della natura», afferma nella petizione online “Fermiamo l’industria dei virus”. E che, grazie a fenomeni di spillover (salti di specie), mette in circolazione nuovi virus, proprio come quello che nell’ultimo anno e mezzo ha sterminato oltre 5 milioni di abitanti nel mondo e messo in ginocchio economie e lavoratori. Questo perché, afferma Greenpeace parafrasando le parole di papa Francesco sulla pandemia, «non può esserci salute in un Pianeta malato».

Spiega la petizione che «tanti animali ammassati in spazi ristretti, oltre a subire atroci trattamenti, sono l’ambiente ideale per il proliferare dei virus, compresi i coronavirus e i virus dell’influenza. Il 70% di tutte le malattie infettive emergenti, come sars, ebola, influenza suina e influenza aviaria provengono da animali». Ma questo non sembra interessare al nostro governo, né all’Unione europea, che continuano, sotto la pressione delle lobby dell’agribusiness, «a investire milioni di fondi pubblici in allevamenti intensivi in Italia, e ad importare dal Sudamerica carne e soia destinata alla mangimistica», allevata la prima e coltivata la seconda laddove prima c’erano rigogliose foreste.

Il problema, per un Paese con una grande tradizione alimentare e contadina come la nostra, è anche di ordine economico: «Tra il 2004 e il 2016 in Italia 320mila piccole aziende agricole hanno chiuso i battenti». «Oggi le piccole aziende che producono cibo in modo ecologico non riescono a competere sul mercato: i fondi pubblici e la grande distribuzione premiano le aziende agricole di stampo intensivo e industriale, che così producono sempre più carne a basso costo, ma che ci servono sul piatto un futuro ad alto rischio».

«Non siamo superiori alle regole della natura», avverte la petizione: «Dal benessere animale e dalla protezione degli habitat naturali dipende la salute di tutti noi». E poi, «il rispetto e la protezione della Natura sono l’unico vaccino in grado di proteggerci da nuove e future pandemie».

Per questo, Greenpeace chiede al governo italiano di: «Non destinare più fondi pubblici ad allevamenti intensivi»; sfruttare quei fondi per sostenere gli allevatori nei processi di transizione verso un sistema più sostenibile, con meno animali e minor impatto ambientale; includere il metodo di allevamento in etichetta; promuovere un’alimentazione a base vegetale per raggiungere l’obiettivo della riduzione del 70% del consumo di carne entro il 2030; interrompere il sostegno alle campagne pubblicitarie che incentivano il consumo di prodotti di origine animale provenienti da allevamenti intensivi; evitare infine «le importazioni di materie prime come la soia destinata alla mangimistica, la cui produzione intensiva è legata alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani».

Firma la petizione di Greenpeace

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