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Strage dei gesuiti dell'Uca: la Corte Suprema del Salvador ammette la riapertura del processo

Strage dei gesuiti dell'Uca: la Corte Suprema del Salvador ammette la riapertura del processo

La Camera Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia di El Salvador ha comunicato il 24 novembre di aver accolto la richiesta di revisione della sentenza sulla strage, avvenuta il 16 novembre del 1989 per mano di un commando dell’esercito salvadoregno, dei 6 gesuiti dell’UCA (Università Centroamericana) – Ignacio-Martín Baró, Ignacio Ellacuría, Juan Ramón Moreno, Amando López, Segundo Montes e Joaquín López – e le loro due collaboratrici domestiche Elba Julia Ramos e la figlia di questa, Celina Ramos.

La domanda è stata presentata il 16 novembre scorso dal procuratore generale del Salvador, Rodolfo Delgado. È stata accolta perché, è scritto in un comunicato del presiedente della Corte Suprema di Giustizia, Óscar López Jerez, si ritiene che la Camera Penale, con la sentenza emessa il 29 ottobre del 2020, «abbia violato i diritti alla sicurezza giuridica, alla conoscenza della verità e alla tutela giurisdizionale». Quel verdetto dichiarava la «nullità assoluta» del processo contro i mandanti della strage di cui il Tribunale di pace di San Salvador aveva disposto la riapertura nel 2017.

Non era, quella, la prima sentenza che dimostrava come la Corte Suprema fosse schierata in difesa dell'impunità dominante nel Paese: già nel 2012, per esempio, aveva respinto la richiesta da parte del giudice spagnolo Eloy Velasco (poiché i gesuiti erano di nazionalità ispanica) di estradare in Spagna gli accusati, nell’ambito del processo avviato in quel Paese nel 2009, con la motivazione che, al momento del massacro, la legislazione del Paese proibiva l’estradizione di cittadini salvadoregni (v. qui).

Prima ancora, nel 2000, la Sezione Penale della Suprema Corte aveva ratificato la decisione della Terza Corte di Pace di interrompere il procedimento, e ordinato il proscioglimento definitivo degli imputati (sei soldati e l’ex presidente Alfredo Cristiani che governò El Salvador dal 1989 al 1994), ritenendo prescritto il reato in quanto erano decorsi più di 10 anni da quando l'ufficio del procuratore generale aveva presentato l'accusa. Questo è il tempo massimo stabilito dalla legislazione salvadoregna per perseguire un crimine.

Ora, di fronte alla richiesta del procuratore Delgado, i gesuiti sperano che il nuovo giudizio possa accertare quali furono le “menti” del massacro e se il comandante in capo dell’esercito in quel momento, l’allora presidente Cristiani, «sapeva o no che avrebbero ucciso i gesuiti e che cosa fece».

Fu d’altronde proprio Cristiani a decidere la legge di amnistia generale nel 1993 per pacificare il Paese che usciva da un conflitto interno feroce. In base a essa, due degli esecutori materiali della strage che erano stati condannati furono rimessi in libertà. La loro scarcerazione durò fin al 2016 quando la Sala Costituzionale della Corte suprema – la stessa istituzione che ora ha accettato di riaprire il processo contro i mandanti – dichiarò incostituzionale e dunque nulla l’amnistia del ’93.

Martiri dell'Uca. Foto tratta da jesuitas.lat

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