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PRIMO PIANO. Commerciare in morte

PRIMO PIANO. Commerciare in morte

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 25/12/2021

«Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora» (Mario Draghi, 29 settembre 2021).

«A me addolora tanto la statistica che ho letto, l’ultima: in quest’anno sono state fatte più armi dell’anno scorso. Le armi non sono la strada» (papa Francesco, Angelus 12 dicembre 2021).

Ecco: in queste due brevi frasi ci sono due visioni del mondo, della vita. Due visioni diverse del valore della vita delle persone.

In questi ultimi giorni del 2021, con la pandemia che è tutt’altro che superata, con preoccupazioni non piccole per la vita di tante persone, veniamo a sapere, e sono dati ufficiali, che la spesa militare, in Italia, con il 2022 arriverà a circa 26 miliardi di euro.

Vuol dire oltre 40.000 al minuto! «Il Bilancio del Ministero della Difesa per il 2022 – riporta l’Osservatorio Milex – sfiora i 26 miliardi di euro con un aumento di 1,35 miliardi, ma vanno poi aggiunti gli stanziamenti di altri Ministeri». E scrive Giorgio Beretta, analista di Opal: «Nei mesi scorsi il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha sottoposto all’approvazione del Parlamento un numero senza precedenti di programmi di riarmo: diciotto, di cui ben tredici di nuovo avvio, per un valore già approvato di 11 miliardi di euro e un onere complessivo previsto di 23 miliardi». (La Voce del popolo, 9 dicembre 2021).

Cresce di fatto la fiducia riposta nella logica, o meglio, follia, delle armi. La stessa cosa la vediamo anche nelle armi leggere detenute legalmente che molto spesso vengono usate nei casi di femminicidi. Sempre Giorgio Beretta infatti afferma che «gli omicidi con armi detenute legalmente superano quelli della  mafia ma anche della criminalità organizzata». La spesa militare nel mondo è di circa 2000 miliardi.

E potremmo continuare a relazionare su dati facilmente consultabili sui siti di Rete Italiana Pace e Disarmo, Osservatorio Milex, e altri. Lo scorso 10 dicembre è stato pubblicato il rapporto di Caritas Italiana sui conflitti dimenticati: nel mondo ci sono 361 conflitti e 22 guerre ad alta intensità. Sarebbe interessante fare una verifica, una indagine per vedere se l’opinione pubblica conosce i luoghi di queste 22 guerre. Nel rapporto Caritas si scopre anche che molte persone inseriscono nelle guerre in Corso, quella del Vietnam o la Seconda Guerra Mondiale. E anche questo ci deve far riflettere. Ed è stato reso noto lo scorso 14 dicembre l’appello di oltre 50 Premi Nobel: «La corsa agli armamenti ha spesso condotto a un'unica conseguenza: lo scoppio di guerre sanguinose e devastanti. Noi vogliamo presentare una semplice proposta per l'umanità: che i governi di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite si impegnino ad avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2% ogni anno, per cinque anni».

Eppure sembra tutto normale. Normale le fiere delle armi. L’ultima si è tenuta al Cairo: Egypt Defence Expo – EDEX, esposizione internazionale delle industrie di guerra, dal 29 novembre al 2 dicembre 2021. Principale sponsor: Fincantieri s.p.a. Normale la proposta della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, di eliminare l’IVA per l’acquisto di attrezzature di Difesa. Normale anche che a Cameri, vicino a Novara vengono assemblati gli aerei caccia di ultima generazione, gli F-35, che possono trasportare anche bombe nucleari. Uno solo di questi aerei costa, a seconda del modello, circa 150 milioni di euro. Solo il casco di un pilota di F35 costa circa 400.000 €. Mentre un Cipap (il casco per aiutare la respirazione ai malati di Covid) circa 200/300€.

Normale anche il linguaggio “di guerra” usato per descrivere la situazione di pandemia: «Siamo in guerra, i medici sono in trincea, ecc».

È molto pericoloso assuefarsi a questo linguaggio, può portare a conseguenze culturali pericolose e non prevedibili.

Certo, papa Francesco lo continua a ripetere in tutte le occasioni che c’è una grande ipocrisia nei Paesi. «Tante volte penso all’ira di Dio che si scatenerà con i responsabili dei paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre: questa è ipocrisia, è un peccato» (10 giugno 2019).

E che sarà degli oltre 200 miliardi che dovrebbero arrivare dall’Europa con il PNR? Non si sa molto, ma pare che una fetta di quella torta molto ambita andrà, motivata con mille argomentazioni di innovazioni tecnologiche e quant’altro, al settore militare.

Tutto questo pone domande serie a tutte e tutti, in particolare ai credenti. Proprio in questi giorni di preparazione al Natale, nell’attesa del principe della Pace. Con le profezie di Isaia che accompagnano questi giorni: «Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi delle loro spade fabbricheranno vomeri d’aratro, e delle loro lance, roncole; una nazione non leverà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra» (Isaia, 2).

Si tratta di scegliere! O la guerra e i suoi interessi o la vita e la pace, per tutti.

La voce di papa Francesco è rimasta l’unica autorevole a parlare di disarmo? E la politica? E i sindacati? E la Chiesa? È un dato abbastanza evidente: mentre abbiamo papa Francesco che non perde occasione per denunciare la guerra e gli interessi – «Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!» (Redipuglia, 13 settembre 2014) – abbiamo un silenzio su questo tema vitale della pace, del disarmo. Resta certamente Pax Christi, e altre voci. Ma non certo un coro forte e chiaro. Sembra che ci sia paura, timore a toccare alcuni nervi scoperto dei grandi interessi delle lobby delle armi. E anche i riferimenti a don Tonino Bello – vescovo di Molfetta e già presidente di Pax Christi, ora riconosciuto venerabile, nel cammino verso la beatificazione – rischiano di essere riferimenti disincarnati, quasi a ridurlo, Dio non voglia, ad un santino. Mentre fu proprio lui, il 12 dicembre 1992, a Sarajevo, nella marcia dei 500, ad affermare «gli eserciti di domani saranno questi, uomini disarmati».

Parroco di Cesara e Arola (diocesi di Novara), già coordinatore nazionale di Pax Christi, Renato Sacco è attualmente consigliere nazionale di Pax Christi

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