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Quando c'è

Quando c'è "un'altra volta"

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 23/07/2022

Era il terzo incontro con i bambini della scuola elementare di Faenza. Raccontavo loro le grandi storie, dalla Bibbia, dal Corano, dai Classici greci. Fatima (musulmana, originaria del Marocco) era sottile, minuta, con due occhi che bucano l’anima e sbriciolano qualsiasi città fortificata. Nel nostro terzo incontro mi chiamò in disparte e disse con il piglio di una donna grande: «La maestra ci ha detto che questa è la terza volta che vieni a raccontarci le storie. E che è anche l’ultima volta». Feci un sì, con la testa. Si fece triste, la bambina, ma poi sgranando gli occhi neri, aprendosi come un melograno, mi ha detto: «Ma dopo l’ultima volta, c’è un’altra volta?».

Solo i bambini, i poeti, sanno fare questa domanda che non si ferma al rigore della logica, del previsto, del saputo, ma forzano  l’aurora e fanno nascere lì davanti a te un nuovo giorno come un filo d’erba. 

Fatima è nata a scuola. Quella è la sua terra, dove tutte le mattine sorge la luce. Lei non conosce cosa significhi Ius Scholae. Ma quella bambina esile come un gambo di papavero farebbe con la stessa forza in un’altra Aula (quella del Parlamento) la stessa domanda: dopo l’ultima volta c’è un’altra volta? Lo direbbe dopo ognuno dei 1.500 emendamenti messi come sassi sulla strada dell’approvazione della Legge. Perché Fatima è nata a Scuola, nella geografia del sapere, nella storia delle differenze, nella matematica che moltiplica la bellezza a dismisura. Fatima ha imparato a scuola le parole segrete che resistono al pregiudizio, al razzismo, all’umiliazione. E ora sono Lei, le sue compagne e compagni che possono insegnare in quell’Aula che dovrebbe custodire la Democrazia, le parole alte e necessarie. 

Immagino Fatima, ora, alzarsi e chiedere la parola: dallo stesso posto in cui avrebbe potuto alzarsi Nilde Iotti, o la staffetta partigiana Gabriella, il cui vero nome era Tina Anselmi. Lo stesso posto da cui oggi si alza la senatrice a vita Liliana Segre, la bambina a cui le vergognose leggi razziali del 1938 hanno negato il diritto alla scuola.

Ora prende la parola e chiede se la nostra Costituzione non possa dopo l’ultima volta scrivere un’altra volta una parola così importante per lei, per i suoi amici: “Il primo articolo della Costituzione potrebbe suonare questa volta così: L’Italia è una Repubblica fondata sulla scuola”.

Ius Scholae è una legge morale prima ancora che una legge dello Stato che deve essere riconosciuta. I primi firmatari immagino abbiano questi nomi: Maria Montessori, Lorenzo Milani, Mario Lodi, Alberto Manzi, Gianni Rodari, Gianfranco Zavalloni, Andrea Canevaro… e poi ci sono i nomi dei Piccoli Maestri e le Piccole Maestre: Fatima con le sue compagne e i suoi compagni. 

Signori deputati e Signore deputate, Signori senatori e Signore senatrici non dite che non ci può essere un’altra volta. Non dite che ci sono 1.500 e poi altre mille ragioni per non cambiare. Fatima non vi può credere. E nemmeno noi vi crederemo. 

Fatima si fida della sua maestra, che abita in una casa di pietra dove ci sono due calicanthus vicini che fioriscono d’inverno, quando una macchia di giallo sorge in mezzo alla neve e dice che sì, è possibile un’altra volta. Anzi, che così si fa la rivoluzione gentile, che prepara la Primavera. 

Fatima è nostra figlia, è mia figlia, quella che non ho mai avuto. È nata a scuola e la scuola è nata in lei. Nella sua terra vulnerabile e resistente. 

Voi alunne e alunni del nostro Parlamento, che ora sedete (spero con timore e tremore) negli stessi seggi dove ieri Donne e Uomini scrissero la Costituzione, siate all’altezza del vostro compito e non rinunciate a scrivere l’altra volta che ci manca e che ora può fare la differenza urgente e necessaria. In mezzo alle vostre Aule di Camera e Senato è spuntato un papavero.  Ed è già sbocciato. Sta a voi vederlo e non spezzargli il gambo, non strappargli i petali…

Il suo nome è Fatima! 

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