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Abusi: abbiamo distolto lo sguardo

Abusi: abbiamo distolto lo sguardo

Venerdì 20 giugno è stato presentato presso l’Università di Friburgo, in Svizzera, il rapporto della Commissione Indipendente incaricata nel marzo 2024 dall’Abbazia di Saint-Maurice d'Agaune di indagare sulle violenze sessuali commesse al suo interno dal 1960 al 2024, a seguito di rivelazioni apparse sui media.

Per comprendere bene, bisogna sapere che l’Abbazia di Saint-Maurice d'Agaune è una delle più antiche dell’Occidente, con 1500 anni di storia. Si tratta di un’abbazia territoriale, una sorta di mini-diocesi, con tra l’altro cinque parrocchie e un collegio molto antico e rinomato.

Non riassumerò qui il rapporto, che può essere scaricato all’indirizzo: https://folia.unifr.ch/unifr/documents/332150.

Segnalo tuttavia il pubblico ringraziamento della Commissione a Tangi Cavalin, autore insieme ai suoi collaboratori dell’eccezionale rapporto pubblicato nel 2023 sui Domenicani e lo scandalo dei fratelli Philippe (L’Affaire), e di cui si attende a breve la pubblicazione di un nuovo rapporto, commissionato dalla Conferenza Episcopale Francese e dalla Conferenza dei Religiosi e delle Religiose di Francia, sulle implicazioni, le conseguenze e gli effetti di quello scandalo nella Chiesa.

Quello che attira la mia attenzione è la frase di Mons. Antoine Salina, ex abate di Saint-Maurice, riportata da un media svizzero:

"Abbiamo distolto lo sguardo e lasciato che il silenzio prendesse il posto della giustizia."

Questo riconoscimento caratterizza ancora oggi l’atteggiamento di molti vescovi, superiori religiosi e laici credenti, non solo in Francia ma in tutta la Chiesa.

Il sentimento generale è che si sia parlato abbastanza di abusi e abusatori, e che bisognerebbe voltare pagina. Un prelato del Vaticano mi diceva poco tempo fa, con l’intenzione di farmi capire che le mie lamentele erano superate:

«Avete visto che Papa Leone ha parlato bene dei sacerdoti?» – come se questo dovesse infastidirmi. A cui ho risposto subito:

«Ma, Eccellenza, ha fatto benissimo, il che non esime affatto dal continuare a lottare contro la corruzione nella Chiesa.»

Ho letto negli occhi del mio interlocutore, che ha poi cambiato argomento, il disappunto di chi si ritrova davanti a uno di quei francesi che non riescono a fare a meno di guardare sotto i tappeti, quando sarebbe così facile camminarci sopra senza meravigliarsi che si stiano sollevando.

Questa reazione la riscontro ovunque e a tutti i livelli. Una parrocchiana mi ha detto:

«Ma non è ancora finita? Per quanto tempo andrà avanti ancora?»

La stanchezza è generale, e la frase dell’Abate Salina suona estremamente veritiera.


Il clericalismo latente e anti-spirituale

Questo atteggiamento quasi universale nei diversi strati della Chiesa nasconde il clericalismo, che è la fonte principale degli abusi, come lo aveva ben identificato Papa Francesco nella sua Lettera al Popolo di Dio del 20 agosto 2018:

«Il clericalismo, favorito sia dai sacerdoti che dai laici, genera una spaccatura nel corpo ecclesiale che incoraggia e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no agli abusi significa dire no, in modo categorico, a ogni forma di clericalismo.»

Il clericalismo tende sempre a rinascere nella Chiesa sotto forma di istituzione. In questo non siamo diversi da tutte le altre istituzioni umane, che fanno altrettanto.

Penso alla preghiera di Papa Francesco (1936–2025) durante la Via Crucis con i giovani per la 34ª GMG a Panama nel gennaio 2019:

«Anche noi, tuoi amici, Signore, ci siamo lasciati prendere dall’indifferenza e dall’immobilismo. Non sono mancate le volte in cui il conformismo ci ha vinti e paralizzati. È stato difficile riconoscerti nel fratello sofferente: abbiamo distolto lo sguardo, per non vederlo; ci siamo rifugiati nel rumore, per non sentirlo; abbiamo chiuso la bocca, per non gridare.»

Il clericalismo ci anestetizza e ci fa rinnegare il cuore della nostra spiritualità. Quello che dico potrà sembrare sorprendente, ma quando per delusione sminuiamo ciò che le vittime hanno da dirci oggi da parte di Dio, è Cristo stesso, fondamento e compimento della nostra fede, che stiamo rifiutando.

Basta rileggere il versetto del Profeta Isaia (53,3), che la Chiesa applica a Cristo e che preghiamo durante la Settimana Santa:

«Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia.»


La speranza data da Papa Leone

Mentre in Svizzera veniva presentato il rapporto, prendevo conoscenza di un intervento di Papa Leone in Perù. Leone XIV ha fatto leggere una lettera da Mons. Jordi Bertomeu, proprio colui che Papa Francesco aveva inviato insieme a Mons. Charles Scicluna a indagare sugli scandali più gravi nella Chiesa, in particolare sullo scandalo del movimento Sodalicio, che aveva corrotto profondamente la Chiesa peruviana.

È stata questa inchiesta, sostenuta con forza da Mons. Robert-Francis Prevost, che ha portato allo scioglimento del movimento all’inizio di quest’anno. Tutto è partito dal lavoro della giornalista Paola Ugaz, che ha subito feroci attacchi da parte del Sodalicio prima di essere riabilitata grazie al Cardinale Prevost.

Uno spettacolo teatrale, “Proyecto Ugaz”, diretto da Diego Gargurevich, è stato quindi presentato il 20 giugno, e al termine della rappresentazione è stata letta pubblicamente la lettera di Papa Leone.

Ecco le frasi principali, citate da La Repubblica:

«Con profondo rispetto e profonda gratitudine, a un solo mese dall’inizio del mio pontificato, ma ricordando con riconoscenza i quasi 40 anni dalla mia prima missione in Perù, mi associo alla prima dell’opera Proyecto Ugaz, che dà voce e volto a un dolore rimasto troppo a lungo taciuto.»

«La vostra lotta per la giustizia è anche la lotta della Chiesa. Perché, come ho scritto anni fa, ‘una fede che non tocchi le ferite del corpo e dell’anima umana è una fede che non ha ancora conosciuto il Vangelo.’»

«Quando ho avuto il privilegio di rivolgermi per la prima volta ai giornalisti dopo il conclave, ho sottolineato che ‘la verità non è proprietà di nessuno, ma è responsabilità di ciascuno cercarla, custodirla e servirla.’»

«La prevenzione e la cura non sono una strategia pastorale: sono il cuore del Vangelo.»

Infine, il Papa si augura che Proyecto Ugaz «svegli i cuori, scuota le coscienze e ci aiuti a costruire una Chiesa in cui nessuno debba più soffrire nel silenzio, e in cui la verità non sia considerata una minaccia, ma un cammino verso la liberazione.»

L’intera lettera merita di essere citata per intero. Si attendevano le prime reazioni di Papa Leone sugli abusi. Sembra proprio che qui si delinei la linea che intende dare a tutta la Chiesa.

Il tempo della Chiesa col paraocchi sembra finito. Non sarà più possibile distogliere lo sguardo.

Da Saint-Maurice al Perù, passando per Roma, senza dimenticare la Francia, dobbiamo esaminare in modo sinodale non solo le ferite della Chiesa, ma anche quelle che essa infligge.

È l’unico cammino verso la guarigione, per tutti e per ciascuno.

* Foto di Proinséas da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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