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Nicaragua: ancora sotto assedio il vescovo di Matagalpa, ancora silenzioso il papa

Nicaragua: ancora sotto assedio il vescovo di Matagalpa, ancora silenzioso il papa

È dal 3 agosto che il vescovo di Matagalpa, mons. Rolando Álvarez – una delle voci più critiche della gerarchia cattolica nicaraguense verso il regime del presidente nicaraguense Daniel Ortega e della moglie e vicepresidente Rosario Murillo – è rinchiuso nella curia insieme ad altre 10 persone (5 sacerdoti, 2 seminaristi e 3 laici), cinti d’assedio dalla polizia che non consente neanche che possano loro giungere viveri e medicinali.

Ortega, al potere dal 2007, ha accusato la Chiesa di consentire ai manifestanti che protestano dal 2018 contro il dispotismo del regime, di utilizzare le chiese come «caserme». Il presidente ha attribuito le proteste a un fallito colpo di Stato promosso da Washington, di cui, ha detto, i vescovi erano complici.

Papa Francesco è bersaglio di forti critiche perché non è mai intervenuto a sostegno della Chiesa del Paese,   . Mantiene il silenzio anche in questa grave situazione che vede direttamente coinvolto un vescovo. Per questo 61 organizzazioni di esiliati nicaraguensi gli hanno fatto recapitare una lettera, datata 10 agosto, in cui gli chiedono di adoperarsi perché mons. Alvarez e i suoi “compagni di prigionia” siano liberati e perché faccia sentire il suo conforto a una popolazione stremata dalla dura repressione del regime.

«Siamo un gruppo di cittadini nicaraguensi – scrivono – costretti a vivere in esilio in fuga da violenze, persecuzioni e violazioni permanenti dei nostri diritti umani. Da diversi anni stiamo vivendo questa crisi politica in Nicaragua, che ha intensificato negli ultimi mesi. Siamo vittime della violenza ufficiale di uno Stato sotto il controllo e il dominio di Daniel Ortega, sua moglie Rosario Murillo e dei loro ciechi seguaci.

Vi scriviamo oggi, disperati, a nostro nome ma, soprattutto, lo facciamo per conto di decine di migliaia di nicaraguensi che nel territorio di Il Nicaragua vivono sotto costante ansia e minacce per paura di rappresaglie»

«Nei giorni scorsi – riassumono – il regime di Ortega ha chiuso undici stazioni cattoliche e quattro le emittenti televisive locali, sommate a 1.174 organizzazioni della società civile cancellate arbitrariamente, comprese diverse organizzazioni religiose che forniscono incoraggiamento alla popolazione più povera tra loro è l'ordine delle Missionarie della Carità, fondato di Madre Teresa di Calcutta. All'inizio di luglio, il regime ha eseguito l'espulsione dal Paese delle 18 monache missionarie che si prendevano cura delle persone e delle comunità più bisognose In Nicaragua».

«Da aprile 2018, più di 380 nicaraguensi hanno perso la vita assassinati da paramilitari, vittime della repressione statale, come certificato dalle organizzazioni difensori internazionali dei diritti umani. Attualmente più di 180 fratelli e sorelle sono prigionieri politici, ingiustamente imprigionati dal regime Ortega-Murillo, solo per il fatto di essere avversari e di voler esprimere il proprio pensiero liberamente. In Nicaragua prevale l'impunità e il regime ha fatto precipitare il paese in uno stato di eccezione di fatto».

«Temiamo per la vita di monsignor Álvarez, anche per la vita della maggior parte dei prigionieri e innocenti prigionieri politici. (…)   La persecuzione e l'odio del regime contro la Chiesa cattolica non hanno giustificazione – affermano –. I loro pastori hanno solo rispettato il comandamento dell'amore e consolazione ai più deboli e oppressi. I suoi vescovi sono accusati di complicità un tentativo di colpo di stato, quando in realtà quello che hanno fatto è cercare una via d'uscita risposta pacifica e democratica alla profonda crisi che sta consumando il Paese».

«La Conferenza Episcopale del Nicaragua – ricordano ancora gli scriventi – è stata invitata dal regime ad organizzare e partecipare come testimoni e facilitatori al dialogo nazionale, fallito, principalmente e tra l'altro, a causa dell'intransigenza del regime. Parimenti, nel febbraio 2019, Sua Eccellenza Monsignor Sommertag, ha partecipato come testimone insieme ad un rappresentante del Segretario Generale dell'Organizzazione degli Stati (OAS) in un altro tentativo di dialogo tra i rappresentanti del regime e il opposizione a cercare una soluzione pacifica della crisi. Questo nuovo tentativo è stato supportato e avallato dal regime che ha firmato importanti accordi per il ripristino dei diritti della popolazione ma che non li ha mai realizzati. Ancora una volta la chiesa Cattolica, attraverso il Nunzio Apostolico, ha partecipato al tentativo di trovare una soluzione alla crisi».

«I nostri pastori – concludono – non possono essere accusati di aver promosso un colpo di Stato. Il La Chiesa nicaraguense è perseguitata e martirizzata da un regime che dice cristiano e cattolico, che manipola le manifestazioni esterne della religiosità».

Infine l’accorato appello: «Santità, per tutto quanto sopra e per tutto il dolore provato in Nicaragua, la imploriamo: “Non ci lasci soli”. Non ci lasci soli in questo momento. Ascolti la nostra parola».

*Nella foto l'inizio della lettera delle 61 organizzazioni nicaraguensi

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