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Irc: reintegrato don Campedelli. Una storia su cui riflettere

Irc: reintegrato don Campedelli. Una storia su cui riflettere

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 10/09/2022

41190 VERONA-ADISTA. È approdata alla conclusione che tutti si auguravano – con il reintegro nel ruolo di insegnante di Religione, dopo l’annuncio del licenziamento – la vicenda che, a Verona, tra fine giugno e luglio, ha visto schierarsi su fronti opposti, e soprattutto con stili opposti, Marco Campedelli, prete veronese, insegnante di religione, teologo e narratore, e il vescovo uscente mons. Giuseppe Zenti; una vicenda che ha fatto scalpore e ha suscitato grande clamore e mobilitazione.

I fatti

Nei giorni precedenti il secondo turno delle elezioni amministrative dello scorso giugno, il vescovo aveva inviato al “suo” clero un'indicazione di voto, da inoltrare ai fedeli, in cui suggeriva tra le righe la scelta di un candidato, il sindaco uscente sostenuto dalla destra Federico Sboarina, sulla base dei “valori non negoziabili” di ruiniana memoria (v. Adista n. 24/22). Campedelli aveva reagito con una lettera aperta, contestando l’atteggiamento di tutela esercitato dal vescovo nei confronti del popolo cattolico, interpellandolo su alcune questioni di alto profilo culturale e politico, condivise da moltissimi in città (v. Adista online, 21/6/22). Immediata la vendetta di Zenti, che colpiva Campedelli nella sua veste di docente di religione al liceo Maffei, ritenendolo “non idoneo” perché «non in comunione» con lui. Un vortice iniziale di false smentite (da parte del direttore del Servizio diocesano per l’Irc don Domenico Consolini) e di smentite delle smentite confermavano il provvedimento, poi al centro in una nota diocesana (ancora a firma Consolini) che invitava il sacerdote Campedelli all’«obbedienza filiale» dovuta al vescovo, suggerendogli di scegliere vie di “dialogo” con quest’ultimo, per trovare un’intesa. Nel frattempo, la solidarietà della cittadinanza ha preso la forma di una mobilitazione generale: dalla petizione online per il suo reintegro, che ha ottenuto in pochi giorni quasi 9.000 adesioni, alla commovente manifestazione in piazza dei Signori, che il primo luglio ha visto riuniti i suoi studenti e tanti cittadini, a rimarcare che la battaglia non era da combattere in chiave personalistica, ma al livello dei temi importanti e qualificanti che aveva sollevato: della libertà di coscienza, del bene comune, della cultura, della formazione di una coscienza critica, di un’idea di Chiesa non autoritaria.

A metà agosto, l’arrivo della nomina per il prossimo anno presso il liceo Maffei: non grazie al “dialogo” suggerito dalla diocesi, che non ha avuto luogo. Campedelli ha ribadito le proprie idee, la visione di una Chiesa laica e adulta, fedele al Vangelo; il concetto di obbedienza – così ha sottolineato – che è per lui in primo luogo ascolto: della coscienza, del Vangelo, degli studenti. Da parte del vescovo, c'è stata la presa di coscienza di un clamore cittadino – e non solo – che ha manifestato il rifiuto netto di uno stile di governo ecclesiale autoreferenziale, improntato alla censura e alla punizione di chi “disobbedisce” per obbedire al vangelo, e insofferente verso chi educa (in senso etimologico) i giovani al pensiero critico e autonomo e all'azione per il bene comune. E forse c'è stata la volontà di non lasciare, come ultimo ricordo del proprio mandato episcopale e come eredità al suo successore, mons. Domenico Pompili, il peso di un conflitto vissuto su un piano personale, come attentato all'autorità del vescovo.

Un prima e un dopo

Questa vicenda ha segnato un prima e un dopo, per diversi aspetti. E, come ogni esperienza, va interpretata e capitalizzata.

In primo luogo, per lo stile con cui è stata condotta. Campedelli non ha fatto la parte del “cavaliere senza macchia e senza paura”, nemmeno dal punto di vista mediatico, e questo ha consentito di far emergere la rilevanza dei temi sollevati e di trasformare il conflitto in un'opportunità preziosa di riflettere sulle buone pratiche che possono diventare un patrimonio comune. Sono temi che hanno a che fare con la laicità delle istituzioni pubbliche e il suo rapporto con il fatto confessionale, in particolare cattolico; che hanno a che fare con il rapporto tra Chiesa e politica, con la visione di una Chiesa-comunità democratica, orizzontale, nella quale esista un diritto al dissenso come espressione di ricchezza e di rispetto dell'altro; con un necessario bilanciamento dei poteri, della responsabilità e della partecipazione, che riduca l'ipertrofia della figura episcopale e diventi sempre più inclusiva.

Si dovrà continuare a riflettere sul senso dell’insegnamento della Religione cattolica nella scuola pubblica, che richiede, da lunghissimo tempo ormai, una riforma o una trasformazione (per esempio in Storia delle religioni, come tanti chiedono) anche per ciò che riguarda la questione dell'arbitrio episcopale nelle nomine dei docenti.

Anche la Chiesa istituzione molto può imparare da questa vicenda, dall'esperienza e dai propri limiti qui emersi. Non va perduto il ruolo dell'opinione pubblica, che tanto peso ha avuto in tutta la vicenda, nell’evoluzione degli avvenimenti, ma anche nel determinare l'esito del conflitto; lo stile di un confronto sano e aperto, che rappresenta l'attacco più efficace alla cultura clericale; il ruolo della teologia come riflessione pubblica che “accade” nella vita reale delle persone. Occorre continuare a riflettere anche sulla dimostrata incapacità dell'istituzione di chiedere scusa pubblicamente per gli abusi di potere compiuti.

Adista vuole continuare a riflettere su tutti questi temi e lo farà anche affidando allo stesso Campedelli una rubrica sulle pagine di Adista Segni Nuovi, per tenere il filo di “parole” che rimandano a questioni essenziali, per i credenti e i cittadini. 

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