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Zenti perde il pelo ma non il vizio. Il vescovo di Verona in campagna elettorale per la destra

Zenti perde il pelo ma non il vizio. Il vescovo di Verona in campagna elettorale per la destra

Tratto da: Adista Notizie n° 24 del 02/07/2022

41134 VERONA-ADISTA. Alla vigilia del ballottaggio fra i due candidati sindaco – Damiano Tommasi per il centro sinistra e Federico Sboarina sostenuto dalla destra –, il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, interviene per dare indicazioni elettorali ai preti della diocesi, i quali, a loro volta, dovrebbero orientare il voto dei fedeli. E rilancia implicitamente l’idea di una Chiesa clericale che, attraverso i pastori, guiderebbe il “gregge” dei fedeli laici – ritenuti evidentemente incapaci di autonomia di pensiero –, in questo caso verso i pascoli di destra.

Il 12 giugno si svolgono le elezioni amministrative e a Verona arrivano al ballottaggio l’ex calciatore di Roma e Verona Tommasi (39,8%), cattolico, molto noto per le proprie battaglie sociali, sostenuto da una coalizione di centro sinistra composta da sei liste, fra cui il Partito democratico; e il sindaco uscente Sboarina (32,7%), a capo di una coalizione di destra dove sono presenti Fratelli d’Italia (il partito di Sboarina) e Lega. Al terzo posto Flavio Tosi (23,8%), sindaco di Verona dal 2007 al 2017, leghista della prima ora ma appena passato a Forza Italia, sostenuto da diverse liste di centro destra, che non accede al ballottaggio e decide di non “apparentarsi” con Sboarina, anche se evidente che molti voti dei suoi finiranno lì.

Il 17 giugno, a novant’anni appena compiuti, muore mons. Flavio Roberto Carraro, frate cappuccino, vescovo di Verona fra il 1998 e il 2007, che per primo lanciò il Sinodo in Diocesi (2002-2005), poi dirottato su un binario morto dal suo successore.

Il giorno dopo, 18 giugno, il vescovo Zenti – che fra l’altro è dimissionario, avendo compiuto già da qualche mese i 75 anni, età canonica del pensionamento –, «approfittando dell’occasione» della morte di Carraro, scrive una lettera «a tutti i presbiteri e i diaconi della Diocesi di San Zeno». In poche e burocratiche righe informa sulla veglia e i funerali di mons. Carraro (celebrati martedì 21). E poi arriva al punto: «Profitto dell’occasione anche per chiarire un nostro coinvolgimento in occasione di elezioni politiche o amministrative, soprattutto in considerazione delle ricadute dei nostri interventi sui fedeli», scrive Zenti. «Compito degli ordinati non è mai quello di schierarsi per un partito o per una persona, ma quello di segnalare eventuali presenze o carenze di valori civili con radice cristiana».

Non scrive Zenti «votate e fate votare Sboarina», ma è come se lo dicesse, dal momento che sceglie di sottolineare esplicitamente alcuni temi, come gender, aborto, eutanasia e scuola cattolica, ovvero i «principi non negoziabili» di ratzingeriana memoria. Che peraltro – a parte le scuole comunali – hanno poco o nulla a che fare con le competenze dei Comuni. «È nostro dovere – prosegue la lettera – far coscienza a noi stessi e ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia», «alla scuola cattolica, a cominciare dalle materne». Su altri temi, che invece riguardano maggiormente l’attività di un’amministrazione comunale, mons. Zenti è decisamente più generico, limitandosi a parlare di «disoccupazione», «povertà», «disabilità», «accoglienza dello straniero». E conclude: «Queste sono frontiere prioritarie che fanno da filtro per la coscienza della scelta politica o amministrativa». La preferenza personale non c’è, ma l’indicazione di voto è chiara.

E c’è un precedente. Già nel 2015, il vescovo Zenti si rese protagonista della campagna elettorale. Allora le “cinghie di trasmissione” sarebbero dovuti essere gli insegnanti di religione cattolica, a cui il vescovo di Verona scrisse per sostenere Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le elezioni regionali in Veneto e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini (v. Adista Notizie n. 20/15). Sette anni fa il nome della candidata Zenti lo fece espressamente, oggi no, ma la sostanza non cambia.

«Oggi nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare? Siamo sicuri che i laici e le laiche circa le vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti, che circa la vita in realtà sono sempre un po’ in ritardo?», commenta don Marco Campedelli, veronese, teologo. «Perché il vescovo Zenti su certi temi nella lettera è cosi preciso e dettagliato : parla di “gender” “scuola cattolica” e su altri è cosi generico come “accoglienza dello straniero”. Perché allora in questo caso non parlare di ius soli o di ius culturae?» (v. Adista online del 21/6/22)

«L’appello del vescovo di Verona è confuso, contraddittorio e ideologico, Un vero assist al candidato del centro-destra», spiega ad Adista Sergio Paronetto, veronese, già vicepresidente nazionale di Pax Christi. «Confuso» perché «elenca in modo indifferenziato non solo disoccupazione, povertà, disabilità, accoglienza, giovani e scuola cattolica (perché solo cattolica?) ma, soprattutto e in prima linea, ideologia gender, aborto, eutanasia come un tutto unico, omogeneo». «Contraddittorio, sia perché l'appello rivolto ai suoi preti a non schierarsi cozza contro l'abitudine di schierarsi anche in campagna elettorale a favore di candidati della Lega, sia perché si colloca giusto giusto dopo il demenziale attacco di Sboarina a Tommasi (che ha sei figli e cerca di collegare scuola e famiglia): “che idea ha di famiglia? Vuol far diventare Verona una capitale trasgender?”». Infine «ideologico», perché è «evidente, tramite il richiamo ossessivo ai cosiddetti “valori non negoziabili”, il legame con la destra e l'estrema destra. Vedi ad esempio il discorso di Giorgia Meloni al comizio di Vox in Spagna o le dichiarazioni di esponenti leghisti che si presentano come i salvatori della civiltà, che pretendono di rappresentare i “valori cristiani” identificati con loro bandiera». Sembra quasi, conclude Paronetto, «che il vescovo, amareggiato perché la Chiesa veronese è “in secca” come il Po, chieda aiuto alla politica, auspichi la supplenza della destra locale, che ricambia subito il favore. Da parte mia, cerco una città di volti. Una Verona di buone relazioni. Una Chiesa non clericale. Una politica laica. Aria fresca».

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