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“Alle regionali votate la candidata leghista”. E piovono critiche sul vescovo di Verona

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 30/05/2015

38139 VERONA-ADISTA. È terremoto a Verona, dopo la controversa decisione della Curia guidata da mons. Giuseppe Zenti di sostenere, in una doppia lettera inviata a oltre 400 docenti di religione veneti, la corsa di Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le imminenti elezioni regionali in Veneto (31 maggio) e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini. A destare scandalo non è tanto la curiosa rottura della conclamata “amicizia” tra il vescovo e il sindaco della città scaligera Flavio Tosi, fuori del partito dopo lo strappo con Salvini e ora concorrente di Zaia, quanto piuttosto una discesa in campo nell'agone politico della diocesi, in piena campagna elettorale, che non ha precedenti nella storia veronese.

«Come pastore d’anime sono molto sensibile alle problematiche reali della mia gente», si legge in un file dal titolo “Il vescovo e le candidature. Lettera confidenziale”, firmato dallo stesso mons. Zenti e inviato la mattina del 14 maggio agli insegnanti. In particolare il vescovo dice di avere a cuore due grandi questioni: «Quelle che riguardano il sociale debole e quelle che riguardano la libertà educativa dei genitori». E ancora, rafforza il concetto, «l’intera comunità cristiana ha il dovere di essere solidale, non a parole ma nei fatti, con le famiglie in difficoltà e con le scuole cattoliche». Di qui l'invito a condividere le sue preoccupazioni, lanciato sì a tutti i candidati di qualsiasi schieramento, ma seguito, poche righe dopo, dall’endorsement a favore della candidata leghista: «Se avessi trovato altri programmi, pubblicamente e formalmente esposti, determinati nella difesa di queste questioni nevralgiche, non avrei esitato ad appoggiarli ugualmente, in quanto io non parteggio per un candidato». Epperò, auspicando che «nessuno pregiudizialmente» lo giudichi «schierato», il vescovo asserisce di condividere il programma di Lavarini, e si dice convinto di poter «dare un credito di fiducia al buon senso dei veronesi».

C'è poi un secondo documento, inviato insieme al precedente, dal titolo “Il Progetto Culturale Diocesano”, firmato da mons. Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la Cultura, l’Università, il Sociale della diocesi di Verona. L'intero documento è un'esortazione a prendere a cuore le famiglie in difficoltà, le fasce deboli della società e la libertà d'insegnamento, minacciato oggi dalla crisi economica in cui versano le scuole paritarie cattoliche. «Attorno a queste tematiche, vitali per la stessa efficacia dell'evangelizzazione – è l'appello finale del documento – auspichiamo efficaci sinergie e condivisioni da parte di tutti gli eletti». Anche in questo caso, l'appello è lanciato a tutti i candidati senza distinzione ma poi, in calce, dopo la firma di mons. Grandis, compare un “NB” che ne svela le reali intenzioni elettorali. Ad oggi, si legge nella postilla a piè di pagina, «nel ventaglio dei programmi elettorali», «colpisce soprattutto uno, quello della dottoressa Monica Lavarini» che dichiara di «essere scesa in campo quasi esclusivamente per la difesa delle famiglie in stato di difficoltà socioeconomica ed educativa. È un programma che appare condivisibile e che merita di essere conosciuto e preso in considerazione».


Come non detto...

A nulla è servito, nella sera dello stesso giorno, il dietrofront della diocesi, con una seconda lettera, firmata dal direttore dell’Ufficio diocesano per la Scuola, don Domenico Consolini, che invita a «non tener conto e a non diffondere» la precedente comunicazione. Ma, come si dice, inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. E infatti la prima lettera aveva già perso il suo carattere “confidenziale”, infiammando il dibattito a margine della campagna elettorale e raccogliendo il malumore di molti, nel mondo politico e in quello cattolico locale. Da Ndc, Area Popolare e Udc, fino al Pd e al Movimento 5 stelle, i candidati si sono trovati ecumenicamente d'accordo nel contestare fermamente l'intervento a gamba tesa della diocesi. E costringendo il vescovo a precisare e difendere la sua posizione.

Lavarini, lo scorso 5 maggio, aveva bussato alle porte della Curia, accompagnata dalla presidente dell'Unitalsi veronese, e aveva presentato un programma in linea con le preoccupazioni del vescovo: «Avrei agito così per altri se l'avessero fatto», si è poi discolpato in un'intervista del 16 maggio al quotidiano locale L'Arena. Io parlo con tutti, di destra e di sinistra, ha aggiunto Zenti, ribadendo tra l'altro la sua distanza dalla Lega, soprattutto sui temi dell'accoglienza dei migranti: «La Lega di Salvini ha posizioni assurde, direi diaboliche. Anche Lavarini le rifiuta e per questo, per maggiore libertà, si è candidata nella lista Zaia». 

Sempre il 16 maggio, durante un'intervista a Rai3 Veneto, il vescovo scaligero si è scusato «con la Chiesa veronese e con altre persone per le polemiche», ribadendo ancora una volta che il suo obiettivo «era suscitare interesse sui poveri, sulla disabilità e in particolare sull'autismo, sulla disoccupazione. Non ho candidato nessuno – ha detto – volevo solo individuare programmi e ho segnalato chi me li ha presentati. Spero che tanti altri candidati si facciano avanti con altre proposte, su questi temi e io li segnalerò. Anche pubblicamente».


Non è Francesco

Rai3 Veneto ha anche raccolto, il 17 maggio, la dura presa di posizione dei due parroci della parrocchia S. Nicolò all'Arena. Don Roberto Vinco (docente di filosofia) ha affermato che, in 45 anni di sacerdozio, non era mai successo che un vescovo intervenisse nelle elezioni «indicando nome e cognome di un candidato. Tanto più di un candidato che si presenta per Zaia, un uomo della Lega di Salvini, partito che dal punto di vista evangelico dice delle vere e proprie bestemmie. Un partito che vuole cacciare le persone, invece che accoglierle».

«Una vicenda come quella del vescovo Zenti risulta ancora di più stonata nel contesto di una Chiesa come quella che papa Francesco sta ridisegnando, nel suo stile culturale e pastorale», gli ha fatto eco don Marco Campedelli, noto burattinaio veronese e docente di religione. Papa Francesco indica le strade senza suggerire candidati da votare. E inoltre «non difende gli interessi di parte (come le scuole cattoliche) ma ha a cuore il bene comune».

Secco anche il commento di Sergio Paronetto (vicepresidente di Pax Christi). Nelle lettere inviate ai professori, ha osservato,  il vescovo ha omesso una critica «verso il linguaggio cattivo ed escludente i deboli e i migranti che esponenti dello schieramento “amico” stanno diffondendo (da tempo) contro sacerdoti, vescovi e associazioni, come Caritas o Migrantes, ritenuti contrari all'identità veneta o nazionale». Se Zenti si mette a fare campagna elettorale, prosegue Paronetto, «divide il suo popolo, ferisce la comunità ecclesiale, umilia la credibilità di un annuncio radicale e universale». Tonino Bello, ricorda Paronetto, «invitava a non barattare il messaggio cristiano con un “piatto di lenticchie” o a non preferire le “cipolle d'Egitto” al cammino di liberazione da vecchie e nuove schiavitù». Infne, affonda, «il messaggio per la Giornata dei Migranti del 18 gennaio era “Chiesa senza frontiere madre di tutti” e non “Chiesa assediata matrigna di alcuni”».

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