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Consiglio ecumenico delle Chiese. Ti vedo!

Consiglio ecumenico delle Chiese. Ti vedo!

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 24/09/2022

«Tena koe! È il nostro saluto maori, ma ha un significato profondo: Ti vedo, vedo le tue ferite, le tue paure, speranze e aspirazioni. Vedo i tuoi antenati, le tue antenate, vedo i/le tuoi/tue discendenti. Vedo e riconosco il divino in te». Così spiegava un canonico anglicano neozelandese nella preghiera conclusiva dell’XI Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), sotto il grande tendone che a Karlsruhe, in Germania, ha abbracciato per una decina di giorni 3.500 partecipanti da tutto il mondo.

Un’Assemblea per vedersi, per riconoscersi. Delegati e delegate di 352 Chiese, protestanti e ortodosse, provenienti da più di 120 Paesi, a rappresentare oltre 580 milioni di cristiane/i in tutto il mondo.

Un’Assemblea per “vedere” soprattutto chi nella società e nella comunità cristiana subisce emarginazione: le giovani generazioni, le donne, le popolazioni indigene, le persone disabili. Sono loro ad avere animato le quattro pre-Assemblee precedenti i lavori dell’Assemblea vera e propria, che ha aperto i battenti il 31 agosto per chiudersi l’8 settembre: una settimana abbondante in cui il tema “L’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità” è stato declinato nelle varie sfide che le Chiese si trovano ad affrontare.

Il primo giorno, che ha coinciso con il 1° settembre, Giornata del Creato, è stato dedicato alla giustizia ambientale e insieme alla giustizia di genere, dal momento che si trattava di un giovedì, come tutti gli altri un Giovedì in nero, in solidarietà con le donne che ovunque nel mondo subiscono violenza dalla società e dalla loro stessa comunità di fede: un “arazzo a cascata”, composto di tante storie di dolore e di riscatto, è stato presentato ed esposto nella grande sala riunioni.

Nel secondo giorno si è affrontato il tema scottante dell’invasione dell’Ucraina e del coinvolgimento delle Chiese nella guerra: gli interventi dei portavoce delle due Chiese ortodosse ucraine lasciano presagire che anche una volta terminata l’invasione russa, il recupero della pace non sarà semplice. Il tema s’è allargato alle conseguenze globali del conflitto, con le migrazioni e le crisi energetica e alimentare che minacciano le popolazioni più povere del mondo.

Il terzo giorno la plenaria tematica s’è trasformata in un talanoa, una forma di dialogo utilizzata nel Pacifico, inclusiva, partecipativa e trasparente, in cui si ragiona insieme sul dove siamo, dove vogliamo andare, come vogliamo arrivarci: voci giovani di donne indigene dall’India, da Samoa, da Panama, hanno chiesto rispetto per il creato e rispetto per le proprie tradizioni, calpestate dal persistente neocolonialismo nordoccidentale. «Non chiedeteci di diluire il nostro linguaggio – hanno urlato –, noi popolazioni indigene siamo le guardiane dell’80% della biodiversità mondiale, ma siamo anche le più vulnerabili».

Il quarto giorno è stato dedicato ad affermare la giustizia e la dignità umana, mostrando l’intersezionalità della discriminazione che colpisce il genere, l’età, l’appartenenza etnica, la disabilità: si è invocata con forza una “impazienza radicale” e un discepolato trasformativo. Uno psicoterapeuta in sedia a rotelle e una ballerina, entrambi “ambasciatori di gioia e speranza dal Libano”, hanno offerto una danza di gioia che ha commosso ed entusiasmato l’assemblea.

Infine, il quinto giorno ha messo a tema l’unità delle/i cristiane/i e la testimonianza comune, con ospiti delle Chiese che non fanno parte del CEC, come la Chiesa cattolica e le Chiese pentecostali, ma con le quali la collaborazione è sempre più stretta e fruttuosa, anche nella prospettiva del 1700.mo anniversario del primo Concilio ecumenico (Nicea, 325), nel 2025.

Serrati i lavori assembleari, ma con un respiro ampio garantito da quella che è stata chiamata l’“oasi di pace”, la grande tenda in cui tutte/i si ritrovavano due volte al giorno, la mattina e la sera, per pregare con le invocazioni e i canti da tutto il mondo, dal Kyrie copto ai ritmi trascinanti della Namibia, dall’Alleluia indonesiano al latino-americano «Se lo Spirito di Dio si muove in me, io canto come David»: difficile stare ferme/i mentre si intonano questi canti, e infatti le riprese mostravano un’onda umana, variegata ma unica, come diverse sono state le acque, portate dalle diverse aree geografiche, confluite simbolicamente in un unico recipiente: potente ritratto dell’Assemblea.

Le giornate, ad eccezione del week-end, in cui si è potuto fare esperienza di realtà ecumeniche locali nell’accogliente Karlsruhe, in varie città tedesche, svizzere, francesi, o nella Foresta Nera, sono state strutturate per alternare diversi registri: alla preghiera del mattino seguiva la plenaria tematica, poi lo studio biblico legato al tema della giornata, e il pranzo, momento speciale di convivialità ecumenica, come le pausecaffè. Di pomeriggio, la plenaria di lavoro per le/i delegate/i dell’Assemblea, a cui le/i partecipanti potevano assistere, senza intervenire: un interessante osservatorio sui meccanismi decisionali democratici, basati non sulla maggioranza ma sul metodo del consenso. Prima della preghiera serale e della cena, i workshop, piatto forte dell’Assemblea, che ne ha offerti quasi un centinaio, oltre alla miriade di laboratori, mostre e spettacoli disponibili nell’ambito del Brunnen, che in tedesco significa “fonte” e rappresenta il luogo, centrale in un villaggio, di accoglienza e condivisione.

Sul filone giustizia di genere, l’offerta dei workshop è stata vasta: si è affrontato il tema della lotta per l’identità delle donne indigene, in Asia e oltre, divise tra l’appartenenza a una cultura indigena patriarcale e il necessario riscatto per una comunità giusta e inclusiva; si è presentata la “Dichiarazione di fede sull’ordinazione delle donne”, adottata nel 2017 dalla Comunione mondiale delle Chiese riformate, che considera materia di fede la chiamata da parte di Dio, mediante lo Spirito Santo, di donne e uomini ai ministeri della Chiesa. Un altro laboratorio ha esplorato la responsabilità nella violenza di genere del permanere di schemi teologici ancora esplicitamente o implicitamente patriarcali, nelle immagini di Dio, nel linguaggio liturgico, nelle strutture delle Chiese. Un altro ancora s’è occupato delle dicotomie tra giustizia di genere e libertà religiosa: conservare la fede e accettare le discriminazioni, o rinunciare alla fede per la giustizia e la libertà? C’è una terza via? E ancora, “Vai per la giustizia di genere!”, un’iniziativa della Chiesa evangelica in Germania che ha preso spunto dal Pellegrinaggio di giustizia e pace promosso dal CEC a partire dall’ultima Assemblea (Busan 2013) per visitare luoghi di dolore e di speranza a livello locale, promuovendo la giustizia di genere nella Chiesa e nella società.

E dal Pellegrinaggio invita a ripartire il messaggio finale dell’Assemblea, “Una chiamata ad agire insieme”, rilanciandolo come Pellegrinaggio di giustizia, riconciliazione e unità. Tra i documenti ufficiali dell’Assemblea, oltre alla “Dichiarazione d’unità”, anche uno sulla “Guerra in Ucraina, pace e giustizia nella regione europea”, uno “Alla ricerca di giustizia e pace per tutte/i in Medio Oriente” e uno su “Il pianeta vivente: alla ricerca di una comunità globale giusta e sostenibile”: una ricapitolazione di tutti i temi trattati, con una mediazione che, come immaginabile, non ha lasciato tutte/i soddisfatte/i.

Il CEC dal 1° gennaio 2023 avrà un nuovo segretario generale, il sudafricano Jerry Pillay; eletto a Karlsruhe il nuovo moderatore del Comitato Esecutivo del CEC, il tedesco Heinrich BedfordStrohm: due uomini alla testa del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che tuttavia nella scelta dei 20 membri del Comitato Esecutivo ha cercato di operare secondo giustizia, eleggendo per il 48% donne; solo il 20% dei membri però sono laiche/i, l’8% indigene/i, il 4% persone con disabilità e il 12% giovani. Quanto veramente le Chiese sanno “vedere” le persone che le compongono? Tena koe è l’augurio e il monito da portare a casa.

Elza Ferrario è responsabile gruppo SAE di Milano, delegata dell’OIVD a Karlsruhe

Foto presa dalla pagina Facebook del World Council of Churces, immagine originale

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