"Atei, per rispetto di Dio": un libro di Roger Lenaers
Tratto da: Adista Notizie n° 6 del 18/02/2023
41372 TRAPANI-ADISTA. Chi desidera conoscere il pensiero di p. Roger Lenaers, gesuita e teologo belga (scomparso nel 2021) tra i più significativi rappresentanti della teologia post-religionale e post-teista, può trovare un’ottima sintesi in un libretto appena pubblicato dall’editore Crispino di Girolamo di Trapani: si tratta di una conferenza che Lenaers ha tenuto nel gennaio del 2014, a Bergamo dal titolo, non particolarmente provocatorio, “La fede cristiana è conciliabile con la modernità?”. Il libro, prima trasposizione dell’intervento orale, ha però per titolo Atei, per rispetto di Dio (il Pozzo di Giacobbe, 2022, pp. 80, euro 12; il libro può essere acquistato anche anche presso Adista: tel. 06/6868692, email: abbonamenti@adista.it, internet: www.adista.it), più aderente alla dirompenza dei contenuti proposti dal teologo belga.
Il punto di partenza in Lenaers (la cui prospettiva è chiarita anche da un’intervista all’autore, realizzata nel 2017 per MicroMega da Claudia Fanti, redattrice di Adista, e pubblicata in appendice al libro) è la crisi del teismo, ossia di quell’insieme di credenze per cui il divino viene inteso come divino, come persona trascendente creatore e ordinatore del mondo. Il teologo gesuita ritiene il teismo in una crisi irreversibile, perché ormai radicalmente incompatibile con la modernità (che per l’autore è quell’attitudine per cui – ad esempio – «quando adesso scoppia una epidemia, non organizziamo piùprocessioni penitenziali per implorare il Cielo di far cessare questa punizione, ma procuriamo vaccinazioni e altri mezzi preventivi e curativi»). Tesi esattamente contraria a quella dei tradizionalisti cattolici, per i quali, al contrario, spiega Lenaers, «i cambiamenti, introdotti dal Concilio Vaticano II sono la causa, il Concilio ha minato le certezze del passato». Un ribaltamento della causa con l’effetto, secondo Lenaers, per il quale invece, il Concilio è stato semmai lo strumento che ha ritardato la crisi innescata dalla modernità: infatti, spiega, se «fino agli anni ‘60 la Chiesa era riuscita più o meno a escludere, per i suoi fedeli, le idee dell’Illuminismo, per esempio rappresentandole come funeste e perverse, vietando per mezzo dell’Indice dei libri proibiti di leggere i testi degli atei, organizzando i cattolici in propri movimenti, affinché non fossero infettati dalle idee e dalle pratiche della Modernità»; una volta che il confronto con la scienza, la secolarizzazione, lo sviluppo culturale e sociale è diventato inevitabile, il Concilio invece che contribuire all’acutizzazione di quella crisi, ha semmai tentato di contenerne gli effetti. Ma oggi quelle risposte, tutte interne a una cornice ancora compatibile con i modelli del passato, non bastano più. Da decenni, ormai, spiega Lenaers, «la marea sempre crescente delle idee moderne ha sormontato quelle dighe protettrici».
E se il cristianesimo non vuole lasciarsi travolgere da questa catastrofe ha una sola uscita di sicurezza: «Dovrebbe smettere di essere teistico». In altre parole, afferma il teologo belga, «il nucleo originario del Vangelo è stato incistato non solo in una prospettiva “teistica” ma anche, e più clamorosamente, in una strutturazione “religiosa”» e va oggi «liberato dalle strutture religiose, dalle istituzioni, dalle liturgie, dal dogmatismo e dalle credenze per tornare all’essenziale»: insomma, il cristianesimo deve «morire come religione per rinascere come fede».
Lenaers spiega che la fede prevede «naturalmente una componente intellettuale». Esige, infatti, «che la nostra intelligenza accetti alcune verità: per esempio l’esistenza di una Realtà trascendente assoluta, chiamata Dio, o l’esistenza storica di Gesù e la sua eminente grandezza umana. Purtroppo questa componente intellettuale èdiventata man mano troppo accentuata; e questa accentuazione esagerata ha determinato che la “fede cristiana” cominciasse a significare, dentro e fuori la Chiesa, l’accettazione di un sistema di dottrine e affermazioni incontrollabili che noi, proprio perché sono incontrollabili, dobbiamo accettare con cieca fiducia. Così “fede” non ha più significato un atteggiamento esistenziale dinamico, che ci congiunge col Mistero Originale, ma un’operazione intellettuale».
In tale contesto, «l’ateismo moderno non èche il rifiuto di un theos, cioèdi una onnipotenza extra-cosmica, che priverebbe il cosmo e l’uomo della loro autonomia. Se riusciamo a formulare la nostra fede in modo tale che la Realtàtrascendente – in cui noi, cristiani, crediamo – non appaia piùcome un theos, un Dio nell’alto dei cieli, la Modernitànon potràpiùgiustificare il suo rifiuto della fede».
Il prezzo da pagare «saràper molti troppo alto, perchéla religione cristiana – in particolare mi concentro sulla Chiesa cattolica – dovràsegnatamente cessare, allora, di venerare un Dio nell’alto dei cieli, d’implorare il suo aiuto, di obbedire alle leggi che secondo i preti vengono da Lui». Ma una fede privata di un Dio persona, onnipotente, della sua “religio”, ossia delle sue credenze, dei suoi dogmi, dei suoi sacramenti, dei suoi riti e delle sue liturgie, che fede sarà? Secondo Lenaers resterà l’essenziale, ossia «la consapevolezza di appartenere a un cosmo che èla sempre crescente autorivelazione di uno Spirito creatore, che èAmore e che (per noi cristiani) si èreso visibile principalmente nella vita e morte di Gesùdi Nazaret. Ed èla disponibilità, nata da questa consapevolezza, a lasciarsi condurre dall’amore nella linea di Gesù». Anche se per coloro che la pensano così, sarà «ovviamente impossibile sentirsi ancora a casa nelle rappresentazioni e pie pratiche della Chiesa premoderna. Si sentono là piuttosto smarriti e nel posto sbagliato e persino non benvenuti». Ma sarà come nella favola del brutto anatroccolo di Andersen: resistere e non separarsi da questa Chiesa, cercando di cambiarla; ciò porterà l’eretico di oggi a diventare un “cigno bellissimo” domani, ossia un modello per le nuove generazioni.
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