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Legge Calderoli: dove muore la Costituzione

Legge Calderoli: dove muore la Costituzione

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 17 del 13/05/2023

Ci apprestiamo, il 25 aprile (l’intervento è stato pronunciato il 22/4, v. didascalia a p. 2, ndr), a celebrare la Resistenza, che è alla base della Repubblica fondata sul lavoro e sui diritti civili politici e sociali, di cui la Costituzione prescrive l’unità, l’indivisibilità, il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali. Il contrario, cioè, di quanto è scritto nel ddl Calderoli, contro cui occorre sviluppare un vasto movimento di mobilitazione dal Nord al Sud del Paese. Ancora la Costituzione: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». E allora provo a partire proprio da questo, dall’art. 49. A «determinare la politica nazionale». Molti degli esponenti dei partiti che sono presenti o ci stanno ascoltando, rappresentano formazioni che nell’ottobre del ‘17 appoggiarono i referendum Veneto e Lombardia. Molti ancora sono stati presenti nelle giunte regionali di quelle Regioni e dell’Emilia Romagna, votando a favore degli accordi tra regione e governo Gentiloni (28 febbraio 2018). Stefano Bonaccini (del PD) è presidente di una Regione che le intese le ha stipulate e che ha stretto, esattamente un anno fa, un “patto” (così chiamato) con Zaia, presidente del Veneto ed esponente di punta della Lega. Giani, PD, presidente della Toscana, elogia Salvini e la sua “logica del fare”. E attende, scalpitante, il proprio turno per siglare intese con il governo.

Direi che, quanto a “determinare la politica nazionale”, anche la maggior parte dei partiti politici presenti qui (attraverso differenti gradi di coinvolgimento) si sono dati da fare. Quindi cercherò di essere chiara. Perché i Comitati contro l’autonomia differenziata, con la Rete dei Numeri Pari, senza alcuno scopo di potere, e io con loro, ci siamo battuti per contrastare tutti i vari ddl tesi a realizzare l’Autonomia Differenziata (AD).

E ora vogliamo sperare che capiate che il tempo è ora: il tempo del ripensamento, della responsabilità; quello dell’unico calcolo: il calcolo della difesa dell’interesse generale e della Costituzione Italiana, del ’48, bella nella sua integra originalità, non sfibrata da riforme “insipienti” e regressive.

E proprio richiamandomi all’art. 49 della Costituzione e alla responsabilità che esso evoca, chiediamo impegni chiari per bloccare il ddl Calderoli. Lo chiediamo noi dei Comitati con la Rete; noi che abbiamo impegnato tutto il nostro tempo libero dal lavoro, cuore e soldi per ostacolare un progetto che romperà definitivamente e irreversibilmente l’unità della Repubblica, declinerà diritti sulla base del certificato di residenza, affiancherà – al “prima gli italiani” – prima i veneti, gli emiliani, i lombardi. Voglio qui rivendicare, senza arroganza, che abbiamo studiato, letto, discusso, informato, mobilitato; contro il silenzio dei media, contro le bugie dei governi e dei cosiddetti governatori, anche contro i tentativi di autonomia differenziata quella equa, buona, solidale (gli aggettivi sono di Bonaccini per nobilitare il proprio progetto, eversivo quanto gli altri).

Non c’è più tempo. È qui e ora che bisogna agire. Subito. Ai segretari dei partiti di opposizione chiediamo.

Primo: che vengano ritirate le proposte di AD avanzate dalle Regioni guidate dal centro sinistra, anche lasciandole cadere, come si dice, nel dimenticatoio, senza specifici atti formali.

Secondo: unità di intenti e coesione nelle Camere. Vi preghiamo di riferire che da questa assemblea esce la richiesta di un ostruzionismo netto, a partire dal Senato dove – pur conoscendo gli ostacoli frapposti dall'essere il ddl collegato al Bilancio – sono a nostro avviso di particolare importanza le pregiudiziali di costituzionalità del ddl Calderoli, che contrastano gli artt 2, 3, 5 e 119 della Carta; la contestazione, poi, della scelta di un disegno di legge ordinario per definire le competenze legislative del Parlamento. Tali elementi potrebbero in futuro costituire motivo di appello al Presidente della Repubblica e elemento utile per gli stessi possibili ricorsi alla Corte Costituzionale.

Si sta mettendo in atto la più devastante e catastrofica riforma dello Stato sociale cui il Paese abbia assistito, attraverso l’esautoramento dell’organo centrale della democrazia parlamentare. Una cabina di regia di nomina governativa deciderà, dopo 22 anni, e in tempi ristrettissimi, i livelli essenziali delle prestazioni (Lep): ovvero, costituzionalizzerà – ce ne rendiamo conto? – le differenze territoriali e le diseguaglianze sociali. Sia detto per inciso: i “nostri Lep” sono già scritti chiaramente nel comma 2 dell’art. 3 della Costituzione.

L’espropriazione del Parlamento su questi due elementi colpisce al cuore la democrazia. La vostra azione di contrasto all’interno delle istituzioni sarà seguita e sostenuta da fuori con tutte le nostre forze e la nostra energia. Voi dentro e noi fuori: è qui e oggi che speriamo di stabilire un’alleanza virtuosa che, sola, può dare un segnale di coesione privo di tentennamenti.

E soprattutto: questa è una battaglia che deve coinvolgere l’intero Paese: il rischio, tra gli altri, è la privatizzazione ulteriore dei settori che garantiscono i diritti universali e la tenuta del contratto collettivo nazionale. Non sono bastati cinque anni di lotta per chi, come noi, è da sempre mobilitato. Siamo sull’orlo del baratro: fatevi promotori – insieme a sindaci, associazioni, sindacati, cittadine e cittadini – di un grande movimento di massa – dal Nord al Sud del Paese, perché tutti e tutte (e soprattutto i più svantaggiati) saranno colpiti dai diritti differenziati; aiutateci ad allargare il fronte di coloro che da tanto tempo stanno denunciando il pericolo, che ora è imminente. Solo così invieremo al governo il chiaro messaggio che pagherà un prezzo molto alto, se deciderà di andare avanti per questa strada.

Tuttavia, come scrive Lino Patruno sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 27 gennaio scorso, commentando gli ultimi dati Istat: «Se sei un bambino di Crotone corri un rischio doppio di morire nel primo anno di vita rispetto a uno di Pavia. Se sei un vecchio di Potenza non puoi essere curato come uno di Padova e muori tre anni prima. Se sei di Alessandria hai l’assistenza domiciliare, a Campobasso no. Se vai a scuola a Caserta hai un insegnante ogni venti alunni e a Modena uno ogni dieci. Se sei l’università di Foggia ti danno meno fondi di quella di Bologna. Se sei un lavoratore di Cosenza ti pagano meno di uno di Verona. Se stai a Torino hai un treno ad alta velocità ogni venti minuti con Milano, fra Bari e Napoli nessuno».

Non proviamo alcun disagio? Credo proprio di sì. Ma il disagio non basta più. O si sostiene il ddl Calderoli, senza falsi e ingannevoli compromessi, o si è contro di esso. Per non essere complici della distruzione dei diritti e della democrazia, dobbiamo fare di questa la madre di tutte le lotte. Tra un anno la Repubblica potrebbe avere un altro, terribile volto: quello della soppressione definitiva e istituzionalizzata dei principi di uguaglianza, solidarietà, della propria unità ed indivisibilità.

Sta a voi decidere ed esprimere non solo parole chiare ed inequivocabili, ma impegni per impedire che il ddl Calderoli vada in porto. Sono convinta che tutti e tutte insieme, cittadini, partiti, sindacati, associazioni, possiamo farcela.

Marina Boscaino è insegnante di Italiano e Latino in un liceo classico di Roma, fa parte del comitato tecnico-scientifico di ProteoFareSapere e dell’associazione Per la scuola della Repubblica. L’intervento è stato pronunciato il 22 aprile presso la Casa Internazionale delle Donne durante un’assemblea di confronto fra forze politiche sull'Agenda Sociale.

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