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Padre Spadaro lascia la Civiltà Cattolica, i gesuiti pensano già al dopo Francesco

Padre Spadaro lascia la Civiltà Cattolica, i gesuiti pensano già al dopo Francesco

Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 30/09/2023

41584 ROMA-ADISTA. «La nostra è una rivista giornalistica e non accademica. È di “opinione”, e dunque opinabile. La cosa peggiore che possa capitare a una testata di questo genere è quella di non generare discussione, di lasciare indifferenti». È questo uno dei passaggi chiave della lettera di saluto di padre Antonio Spadaro ai lettori della Civiltà Cattolica nel momento in cui lo scorso 14 settembre, veniva resa nota la fine del suo mandato alla guida della storica rivista della Compagnia di Gesù. Per 12 anni, dunque, cioè dall’ottobre 2011, padre Spadaro è stato direttore del quindicinale dei gesuiti e, per circa un trentennio, ha fatto parte del collegio degli scrittori della rivista. La fine di questa esperienza ha sorpreso un’opinione pubblica ormai abituata a considerare La Civiltà Cattolica tra gli interpreti più attendibili e autorevoli del magistero di papa Francesco; un ruolo che era stato riconosciuto alla rivista proprio in forza del rapporto stretto e amichevole costruitosi negli anni fra lo stesso Bergoglio e padre Spadaro. Tanto che sulle prime, appena diffusasi la notizia della nomina di un nuovo direttore nella figura di un altro gesuita, il portoghese p. Nuno da Silva Gonçalves, già rettore della Pontificia università Gregoriana di Roma dal 1° settembre 2016 al 31 agosto 2022, in molti avevano pensato a un raffreddamento dei rapporti fra il papa gesuita e padre Spadaro. Ma così, invece, non sembra che stiano le cose.

Lo stesso Spadaro scriveva nella sua lettera-editoriale d’addio, che «la sintonia con la Santa Sede» fa parte dell’identità specifica della rivista, del suo codice genetico. «Il suo rapporto con il Papa, fondante sin dall’inizio, in questi anni si è confermato, e ha assunto anche forme inedite. In particolare, quella della partecipazione del direttore ai viaggi apostolici del Santo Padre come membro della delegazione ufficiale. Così pure la partecipazione come membro di nomina pontificia alle Assemblee del Sinodo dei vescovi».

I due generali

Non a caso Spadaro è stato immediatamente chiamato in Curia come sottosegretario del Dicastero della cultura da Francesco, posizione nella quale avrà, almeno parzialmente, mano libera nel continuare l’attività di “portavoce ombra” o spin doctor che dir si voglia, del pontefice. Anche per i buoni rapporti che intercorrono fra l’ormai ex direttore della Civiltà Cattolica e l’attuale prefetto del Dicastero della cultura, il card. José Tolentino de Mendonça. 

E allora chi ha spinto per il ricambio al vertice della rivista? A chiedergli di lasciare l’incarico circa un anno fa, è stato lo stesso preposito generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano p. Arturo Sosa Abascal; al che Spadaro concordò che la sua uscita sarebbe avvenuta un anno dopo, fra l’altro per permettergli di portare a termini alcune innovazioni che avevano interessato la rivista. Nel frattempo il futuro direttore, padre Nuno da Silva Gonçalves, entrava a far parte nel gennaio del 2013 del collegio degli scrittori del quindicinale dei gesuiti italiani. Di certo la cosa non deve essere stata indolore: Spadaro stesso ha spiegato infatti di non aver chiesto lui di lasciare la direzione della Civiltà Cattolica; nessuno stress, nessuna stanchezza del ruolo insomma (pure se la fatica di 12 anni di direzione si faceva sentire) dietro il ricambio. Spia di certe tensioni sotterranee è il fatto che Spadaro nel messaggio di congedo pubblicato sull’ultimo numero ha espresso la propria riconoscenza al precedente generale dei gesuiti, ma non all’attuale, padre Abascal. «In questi ultimi 10 anni – ha scritto infatti Spadaro – abbiamo vissuto il pontificato del Papa gesuita. La Civiltà Cattolica ha rinnovato la sua missione. In particolare, sento di ringraziare per il suo robusto sostegno p. Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù dal 2008 al 2016, il quale ha interpretato profeticamente il valore della nostra rivista e ne ha sempre seguito le vicende, non facendo mai mancare il suo appoggio effettivo». Appoggio effettivo da parte del vertice della Compagnia di Gesù che è poi venuto meno?

Dubbi gesuitici

Sta di fatto che in modi e forme diverse, il tandem Bergoglio-Spadaro che ha monopolizzato per certi versi la presenza e il protagonismo dei gesuiti nella Chiesa (si pensi anche alle tante nomine di capi dicastero e in ruoli chiave di appartenenti alla Compagnia di Gesù compiute dal pontefice in questi anni, ruoli di sicuro rilievo che però richiedevano una fedeltà assoluta in primo luogo al papa diminuendo ulteriormente il peso specifico dell’Ordine fondato da Ignacio di Loyola), sembra cominci a pesare troppo per i loro stessi confratelli. In sostanza è assai probabile che il primo vescovo di Roma gesuita, dopo oltre dieci anni di regno e raggiunta la veneranda età di 86 anni, è visto, almeno in parte, anche come un problema pure dal suo stesso Ordine religioso che già sta pensando a come “sopravvivere”, recuperando una propria autonomia, nel dopo Bergoglio.

In questo quadro La Civiltà Cattolica, divenuta sotto la direzione di Spadaro una rivista dal profilo marcatamente internazionale, capace di elaborare in modo originale alcune delle intuizioni e delle proposte lanciate da Francesco, di polemizzare, di essere appunto militante, oltre a essere guardata con sospetto e disprezzo dalle frange cattoliche e degli episcopati più ostili a una qualsivoglia linea riformatrice, è possibile abbia dato fastidio anche a quanti, in varie realtà ecclesiali, preferivano un tranquillo tran-tran esistenziale ad ogni, sia pur minimo, trambusto.

Contro il fondamentalismo cristiano

In ogni caso, Antonio Spadaro spiegava in questi termini il cammino percorso con La Civiltà Cattolica: «Certamente ho cercato di essere fedele a quel che avevo promesso ai lettori nel mio primo editoriale del 1° ottobre 2011: “Per quanto sarà possibile, non vorremmo semplicemente commentare riflessioni già formulate, ma anche tentare di anticipare le tendenze e prevederne l’impatto, mirando a tener desta l’attenzione dei lettori”. E abbiamo cercato, come ci è stato possibile, non tanto di prevedere il futuro partendo dall’oggi, ma di vedere l’oggi partendo dal futuro possibile con un pensiero aperto, con inquietudine e con immaginazione, così come ci ha chiesto Francesco».

E non è un caso che forse alcune delle riflessioni più interessanti e a volte azzardate (e per questo più suggestive) circa il magistero del papa, le sue possibili implicazioni, siano uscite sulla rivista dei gesuiti italiani. Non solo: Civiltà Cattolica in questi anni ha condotto battaglie lungo frontiere complicate, come quella contro il trumpismo e l’uso distorto e violento della fede che ne scaturiva all’interno di correnti del cristianesimo contemporaneo (evangelico e cattolico); si è battuta contro la strumentalizzazione di Dio, dei simboli religiosi, compiuta dai leader della destra europea (da Salvini, a Le Pen, a Orbán), ha promosso le idee contenute nell’enciclica Fratelli tutti come nel documento sottoscritto dal papa e dal grande imam di Al Azhar Ahmad al Tayyeb sulla fratellanza umana promuovendo quel principio di cittadinanza che può garantire veramente la libertà religiosa come il rispetto dei diritti umani da una sponda all’altra del Mediterraneo. Ma ha anche provato a rileggere criticamente la storia del rapporto discusso e discutibile della Santa Sede col regime fascista e con lo stesso Mussolini, coniugando in tal modo la ricerca storica all’attualità e mostrando, nei fatti, come non perdere la memoria possa aiutarci ad orientarci nel nostro presente e nel prossimo futuro.

Nove nuove edizioni

Ma appunto la proiezione internazionale, oltre la dimensione italiana o strettamente vaticana, è stata caratteristica essenziale della rivista in questi anni. «La Civiltà Cattolica – ha scritto p. Spadaro in proposito – è divenuta la rivista internazionale della Compagnia di Gesù. Ha cominciato a raccogliere contributi – tutti di gesuiti, come vuole un’ininterrotta tradizione – da tutto il mondo, ha creato anche una redazione esterna di “corrispondenti”. Ha fatto nascere nel tempo, oltre a quella italiana, altre nove edizioni in altrettante lingue: inglese, francese, spagnolo, coreano, cinese, russo, giapponese, portoghese, oltre al varo di un supplemento in ungherese. Sento una speciale gratitudine per gli editori e i responsabili di queste edizioni per la passione e la competenza che hanno dimostrato». In questo contesto prosegue il gesuita, «una particolare nota merita l’edizione cinese. Alla cultura della Cina, al suo ruolo nel mondo e alla vita della Chiesa abbiamo dedicato molte energie: articoli, cinque libri (dei quali uno in cinese sul magistero di Francesco), due incontri pubblici a Pechino presso l’Accademia Cinese di Scienze Sociali e The Beijing Center nel giugno 2018, e una serie di iniziative promosse dal China Forum, frutto della collaborazione della rivista con la Georgetown University». «Questa apertura internazionale della rivista – concludeva Spadaro – è avvenuta senza che perdesse la sua radice italiana, che è fondamentale e costitutiva. Ed è stato proprio il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, in un suo messaggio a rilevare che “il fatto che si moltiplichino anche le edizioni in altre lingue della Rivista costituisce un segnale importante perché offre sempre più l’idea che non si tratta soltanto di trasmettere idee ma anche di riflettere insieme, con le varie civiltà e culture, sulla sorte del mondo”». 

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