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Il cattolicesimo conservatore non digerisce l’evoluzione

Il cattolicesimo conservatore non digerisce l’evoluzione

Questo articolo, pubblicato il 3 ottobre scorso sul portale di informazione religiosa Religión Digital (www.religiondigital.com) è stato scritto da Juan Masiá, gesuita, teologo morale spagnolo. I suoi insegnamenti sulla morale sessuale e la bioetica gli costarono, nel 2006, la rimozione dalla cattedra di Bioetica alla Pontificia Università di Comillas, in Cantabria. 

L'articolo, il cui titolo originale è "Teólogos y teólogas anti-sinodales no entienden que mentalidad sinodal y evolutiva son inseparables"può essere consultato a questo link. Traduzione in italiano  di Lorenzo Tommaselli

 

 

Teologi e teologhe anti-sinodali non capiscono che mentalità sinodale e evolutiva sono inseparabili. Ma al fondo dei “dubbi” c’è un problema di pensiero e di spiritualità: la mancanza di un pensiero evolutivo e la mancanza di una spiritualità del lasciarsi condurre dallo Spirito.

Come diceva ai suoi buoni tempi conciliari l’allora ancor giovane teologo “quasi progressista” Ratzinger, l’unica cosa che non cambia è lo Spirito che ci fa cambiare. È lo Spirito che, come dice papa Francesco, suscita nella Chiesa il cambiamento, la pluralità e la conversione.

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto che «il genere umano passa da una concezione piuttosto statica dell’ordine delle cose, a una concezione più dinamica ed evolutiva» (si legga con calma tutto il n. 5 della “Gaudium et spes”). Ma i cardinali scrupolosi che presentano a Roma i loro dubbi (“dubia!”) sull’immutabilità delle dottrine hanno un grave problema di stitichezza intellettuale e di miopia credente. Sembrano presupporre una mentalità sostanzialista che non digerisce l’evoluzione. L’evoluzione è più di un semplice cambiamento e implica creatività e salti qualitativi di novità.

I media cattolici favorevoli a papa Francesco hanno salutato con rispetto le risposte informali del papa ai “dubiaMa se i cardinali di “ultra voci” peccano per eccesso, Francesco dice poco. Risponde loro con la sua caratteristica delicatezza, umiltà e carità, usando un linguaggio minimalista proveniente dallo stesso paradigma non evolutivo che loro possono comprendere e che non avranno altra scelta che ammettere.

Ad esempio, quando gli dicono che la Rivelazione è immutabile e le nuove interpretazioni non sono valide, lui dice loro che interpretare meglio significa scoprire di più la sua ricchezza ed esprimerla meglio. È la stessa cosa che ha dovuto fare Giovanni XXIII perché la svolta di 180 gradi del Vaticano II fosse accettata sia dai conservatori sia dai progressisti: «Una cosa, diceva, è la sostanza del deposito della fede e un’altra è il modo in cui si esprime».

Questo era il minimo che gli avrebbero perdonato i più ultraconservatori. Ma in fin dei conti era un “sostanzialista”. Fortunatamente il Concilio è andato molto al di là e ha optato per l’evoluzione (cf. “Dei Verbum” 8 e “Dignitatis humanae”, 1).

Le risposte che darà la teologia revisionista di mentalità evolutiva dovranno essere più radicali.

Ad esempio, quando gli “ultras” pongono domande sulla peccaminosità “intrinseca e oggettiva” di un determinato comportamento sessuale secondo manuali di confessori o catechismi, non basta dire loro che “la carità pastorale esige che non si trattino semplicemente come «peccatori» altre persone la cui colpa o responsabilità può essere attenuata da vari fattori che influenzano l’imputabilità soggettiva”. Dobbiamo andare oltre e mettere in discussione queste distinzioni scolastiche tra oggettivo-soggettivo, sostanza e accidenti, ecc. Dobbiamo riconoscere l’evoluzione delle dottrine che richiede la revisione di catechismi e manuali per confessori con la creatività che lo Spirito ci impone durante il cammino sinodale di conversione e di discernimento.

Altro esempio, quando gli “ultras” pongono domande sull’intoccabilità del concetto canonico di matrimonio o sulla natura indissolubile del vincolo, non basta dire loro che “il diritto canonico non deve e non può coprire tutto” e “la vita della Chiesa scorre attraverso molti canali oltre a quelli normativi”.  Dobbiamo andare oltre e riconoscere la necessità impellente di rivedere le normative a livello canonico secondo l’evoluzione dottrinale al passo con i tempi.

Mi diranno che questo comporta il pericolo del relativismo e dello storicismo e forse qualcuno sospetterà che io sia influenzato da qualche sinodo regionale nord-europeo. Ebbene no, proprio perché tanto tempo fa ho fatto queste proposte durante il pontificato di Giovanni Paolo II, mi ispiro ad un pensiero evolutivo scientifico filosofico di autori del nostro paese così qualificati come Xavier Zubiri nella sua metafisica, Laín Entralgo nella sua antropologia e Diego Gracia nella sua bioetica, così come nella teologia morale che condividevano negli anni ‘80 e ‘90 a Comillas Javier Gafo, Marciano Vidal, Torres Queiruga e tanti altri……

In sintesi, sia in filosofia, come in teologia o in pastorale e spiritualità, la svolta decisiva è quella dalla mentalità sostanzialista, statica e isolazionista alla mentalità strutturale, dinamica e relazionale.  

Pregando perché ci lasciamo guidare dallo Spirito durante il cammino sinodale, presumo che non possiamo nutrire grandi aspettative. Anche i più progressisti nell’ora della verità hanno paura dell’evoluzione delle dottrine, non osano combattere la stitichezza per paura delle diarree. Ma non abbiano paura. La diarrea, come il sudore e altre espulsioni di ciò che intasa il traffico vitale, sono benefiche per la salute fisica e psichica...  

 

 

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