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Laici battezzati nella Chiesa cristiana vetero-cattolica

Laici battezzati nella Chiesa cristiana vetero-cattolica

Tratto da: Adista Documenti n° 36 del 28/10/2023

Chi siamo? Lo dice un calice

Ormai è usuale anche nella Chiesa di Roma, ma prima della riforma liturgica del Vaticano II, chi fosse entrato in una delle nostre chiese si sarebbe stupito vedendo i laici fare la comunione al calice.

Può sembrare questione di usi cultuali, ma per partecipare al calice c’è stato chi ha affrontato il martirio, e chi affronterebbe il martirio per una questione cultuale? Il calice, nella simbologia biblica, rappresenta la piena comunione, la partecipazione alla stessa avventura (cf. Mc 10,38-39 e Mt 20,22), quella di Cristo; storicamente, l’esclusione dei laici dal calice (sancita poi nel 1415), oltre a rispondere a eccessive preoccupazioni di rispetto (rischio di disperdere qualche goccia, difficoltà pratiche) e di polemica confessionale, è andata di pari passo con la trasformazione del laicato in componente ecclesiale discente, passiva, soggetta alla gerarchia, il cui interesse si esauriva nella salvezza dell’anima. Non a caso dei movimenti che rivendicavano il ruolo attivo dei laici nella vita della chiesa avevano come insegna proprio il calice!

Il nostro nome di Chiesa “vetero-cattolica” esprime non conservatorismo, bensì il duplice intento di un ritorno innovativo alle fonti della fede, e di restare entro la tradizione spirituale e liturgica del cattolicesimo che – dal 1870 – si compone di cattolicesimo romano e vetero-cattolicesimo, anche se non per nostra scelta, perché non abbiamo preso noi l’iniziativa della separazione: l’abbiamo subita con rammarico in seguito alle scomuniche. Questo duplice intento si esprime nel ruolo centrale del laicato.

Il battesimo

Inserisce i credenti nella Pasqua di Cristo, aprendo nuove dimensioni alla nostra esistenza (Rm 6,4); questa è la radice del nostro essere creature nuove, che vivono nella gioia della fede e della vita eterna, e in essa si radicano tutti i ministeri: siamo infatti «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa» (1Pt 2,9a).

Tutti sacerdoti, tutti laici

Il termine tecnico per indicare il sacerdozio (hieréus) nel Nuovo Testamento non viene mai applicato a un ministero ecclesiale, ma è riservato a Cristo e all’insieme dei battezzati.

Invece, incontriamo laós, popolo, inteso non come massa indistinta, bensì come eredità particolare di YHWH, come già emergeva nel Primo Testamento, descritta come sacerdotale nel suo insieme («Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: […] Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa», Es 19,3a.6ab) in favore di tutto il mondo.

Esistono compiti diversi (cf. 1Cor 12), dai quali nel corso della storia sono sorti diversi ministeri, ma il ministero “ordinato” è appunto “ordinato” a sostenere la testimonianza cristiana dei fedeli non ordinati, che sono la base strutturale della Chiesa (Gesù stesso era un laico: cf. Eb 7,14!).

L’immagine di Dio

Parlando di ministeri laicali, si pensa subito alla sfera del culto, ma poiché la Chiesa è in funzione del mondo, dobbiamo inquadrarli prima di tutto nell’ambito civile, costituito (come già aveva ben compreso Martin Lutero) primariamente dal lavoro e dalla famiglia, che non sono soltanto luoghi in cui vivere con coerenza la nostra fede, ma parte integrante della vocazione ecclesiale; in essi si esprime l’immagine di Dio impressa nella creazione, offuscata dal male che continuamente compiamo, ma restaurata da Gesù.

Quando il battezzato agisce, sul lavoro e in famiglia, lo fa in piena autonomia, ma in quanto ha ricevuto il mandato evangelico ed ecclesiale, per cui esercita l’autorità della Chiesa e ne reca il lieto annuncio.

Di questo annuncio fa parte la difesa della laicità dello Stato: il cristiano rifugge da ogni uso della legge civile per imporre quelle scelte etiche (educazione religiosa, inizio e fine vita, costituzione della famiglia, sessualità, riduzione del danno…) che derivano dalla nostra visione religiosa e sono quindi ambito di predicazione e di testimonianza, non di costrizione.

Il lavoro

YHWH, a differenza degli dèi pagani, lavora! Crea con la Parola e modellando creta, e poi riposa, dando così dignità sia al lavoro, che era considerato roba da schiavi e che ora viene vissuto da liberi signori della propria esistenza, sia al riposo. Gesù ha esercitato a lungo un mestiere, così come fecero Paolo e i suoi primi collaboratori (cf. 1Ts 2,9; At 18,3).

Il lavoro non si pone dunque al margine della vita cristiana, né può ridursi a modo per portare i soldi a casa: è il primo ambito in cui si realizza l’immagine divina in noi, si reca l’annuncio di Cristo e si concretizza uno stile di vita improntato al Vangelo.

In questo spirito anche noi ordinati svolgiamo di norma un lavoro secolare.

La famiglia

Le prime chiese si sono formate nelle famiglie; la famiglia non è un mero fatto sociale o biologico; vi si esprime la realtà di Dio come relazione e servizio, nell’assoluta reciprocità. Esige solidarietà, senza limitarci alle questioni che ci toccano in prima persona: gli eterosessuali sono chiamati a mettersi al servizio del riconoscimento di altri orientamenti e altri modelli di famiglia, gli uomini a promuovere l’integrazione femminile nei vari ministeri; in tal modo si supera anche quella dicotomia Dio-padre, Chiesa-madre che ha tanta parte nella difficoltà ad accettare una donna come immagine di Gesù e di Dio.

…di conseguenza, la Chiesa

Nel corso della storia, le Chiese di tipo cattolico e ortodosso hanno elaborato la necessità dell’Ordine Sacro per alcuni ministeri, quelle di tipo protestante li considerano come peculiari ma non esclusivi del relativo ministro. Pur condividendo la classica posizione cattolica, bisogna chiarire che, se siamo sacerdoti come popolo, tutti siamo protagonisti attivi nella testimonianza del Regno di Dio e nella costruzione della Chiesa; qualunque sua identificazione con il clero e qualunque pretesa superiorità di quest’ultimo, ma anche qualunque suddivisione tra Chiesa che santifica, insegna e governa, e Chiesa che viene santificata, ammaestrata e governata, costituiscono un tradimento della sua essenza e vocazione. Il gesto dell’imposizione delle mani, che accompagna tutti i sacramenti, esprime bene questa realtà, ma sarebbe molto importante superare l’idea del sacramento amministrato dal prete e ricevuto dal laico, in favore di una concezione in cui presbitero e laico celebrano insieme, sia pur nella diversità di funzioni.

Lettori, accoliti, catechisti

I ministeri di lettore e accolito, laicali per definizione, sono presenti tra noi senza distinzione di sesso fin dalle origini della nostra Chiesa, e non si limitano al momento cultuale, ma si estendono alla formazione biblica e liturgica, all’assistenza a malati e carcerati; è presente da sempre il ministero del catechista; in questo siamo oggi molto simili al cattolicesimo romano.

Autorità dottrinale e di governo

La differenza maggiore si riscontra nell’autorità dottrinale e di governo dei laici nelle nostre chiese.

Tra noi, tutti i battezzati partecipano all’elaborazione teologica (il che naturalmente richiede una profonda e permanente formazione), con ruolo dottrinale e propositivo, non limitato al consenso con i pastori; tutti partecipano al governo della Chiesa, nei consigli parrocchiali e nei sinodi, con voce deliberativa e non meramente consultiva, ed eleggono i ministri, in quanto i nostri ministeri hanno carattere elettivo; naturalmente, non si misconosce la vocazione divina, ma la vocazione esige un discernimento, cui i laici sono chiamati allo stesso titolo delle persone ordinate. Dal diacono al vescovo, l’ordinazione avviene dopo che la base si è pronunciata domandando l’ordinazione o consacrazione del candidato.

Quando possibile, gli incarichi di amministrazione e di presidenza di un consiglio parrocchiale sono affidati a un laico.

Un predicatore, un parroco, perché no?

La predicazione, che già si svolgeva, come ovvio, in famiglia, sui luoghi di lavoro e di aggregazione, sui social e sui giornali, ad opera di laici, è stata recentemente estesa – per persone adeguatamente preparate – anche all’omelia durante la Messa.

Sarebbe auspicabile la presenza di parroci laici, non solo come supplenti dei preti, che si facessero carico della pastorale di una parrocchia avvalendosi del sostegno liturgico di un presbitero; attualmente, in Italia non ne abbiamo, anche se una delle nostre parrocchie è affidata a un seminarista.

L’orizzonte e i percorsi

Questo l’orizzonte in cui muoverci, ma non siamo il paradiso dei laici. Almeno nei primi tempi, chi si inserisce tra noi incontra difficoltà nell’assumere in pieno le sue funzioni, spesso a causa della scarsissima cultura religiosa del nostro Paese, dell’abitudine alla delega e della convinzione che la conduzione della Chiesa sia compito dei preti.

Anche per questo ruolo dei battezzati, ci poniamo a servizio del cammino della Chiesa Universale, proponendo la nostra piccola esperienza alla riflessione dei fratelli e delle sorelle, aperti a ogni richiesta di approfondimento.

L’AUTRICE - Biblista, vescova d'Italia della Chiesa vetero-cattolica

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