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Il sogno di Bruno Mori: dall’istituzione ecclesiastica alla comunità dei credenti in Gesù

Il sogno di Bruno Mori: dall’istituzione ecclesiastica alla comunità dei credenti in Gesù

Tratto da: Adista Documenti n° 17 del 11/05/2024

 

DOC-3316. ROMA-ADISTA. Dà voce al crescente disagio spirituale di tanti credenti l’ultimo libro del teologo e presbitero Bruno Mori, uscito in Francia nel 2023 e oggi pubblicato in italiano dalla Gabrielli Editori con il titolo L’implosione di una religione. Verso la crisi dei dogmi, dei sacramenti e del sacerdozio nella chiesa cattolica (il libro potrà essere acquistato anche presso Adista, scrivendo ad abbonamenti@adista.it; telefonando allo 06/6868692; o attraverso il nostro sito internet, www.adista.it).

Scomparso lo scorso anno, il prete italiano, vissuto in Québec per 45 anni, ha legato il suo nome a quel cammino di riflessione, denominato post-religionale e post-teista, impegnato a liberare il cristianesimo dai condizionamenti dell’istituzione ecclesiastica – con la sua pretesa di avere il monopolio dei mezzi per raggiungere Dio – operando una radicale decostruzione dei miti centrali della religione cristiana e aiutando così i cristiani più inquieti a vivere in modo diverso la loro relazione con Gesù di Nazaret.

Con uno stile semplice ma intenso e incisivo, Bruno Mori, già autore del libro Per un cristianesimo senza religione. Ritrovare la “Via” di Gesù di Nazaret (anch’esso edito dalla Gabrielli editori), ha voluto dare un nome ai conflitti più che trovare soluzioni e risposte, rifiutando la sottomissione dell’intelligenza ai contenuti del dogma e mirando a riscattare l’essenzialità del messaggio di liberazione e di speranza trasmesso da Gesù, la sua “buona notizia”, contro la «congiura del silenzio» propria del discorso accademico ufficiale della teologia cattolica. A liberare Gesù, cioè, da un potere, quello dell’istituzione cattolica, che lo ha imprigionato nella fortezza intoccabile delle sue dottrine e dei suoi dogmi, alla cui accettazione ha legato il destino eterno dei credenti.

Così, per quell’istituzione cattolica, «la verginità di Maria è reale, cioè fisica e biologica. Gesù è realmente nato per intervento dello Spirito Santo. Gli angeli hanno davvero cantato sulla grotta di Betlemme. Gesù ha davvero camminato sulle acque. Ha davvero sfamato cinquemila persone con pochi pani e due pesci. Ha davvero riportato in vita l’amico Lazzaro dopo quattro giorni che era nella tomba. Nell’ultima cena, Gesù ha davvero trasformato il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue, facendo dei suoi apostoli i primi sacerdoti cristiani. Voleva davvero fondare una Chiesa con una gerarchia di papi, vescovi e diritto canonico. Il suo corpo crocifisso uscì veramente vivo dalla tomba. Egli è salito fisicamente in cielo con il suo corpo, davanti agli occhi stupiti dei suoi apostoli. È veramente e ontologicamente il Figlio di Dio incarnato, ecc».

Una Chiesa sempre più distante

È in questa prospettiva che l’autore affronta il tema della crisi della Chiesa, in termini non solo di strutture e di autorità ma anche e soprattutto d’intelligibilità dei suoi contenuti dottrinali, di distanza sempre più marcata rispetto alla sensibilità e alla cultura contemporanee, ripercorrendo il progressivo tradimento dell’intuizione religiosa originaria a favore della creazione di una struttura totalitaria di potere – al di là dei segnali di apertura di papa Francesco –, ma continuando a coltivare il sogno di una comunità profetica dei credenti in Gesù di Nazaret.

Così, abbandonando, non senza sofferenza, i vecchi punti di riferimento, nella consapevolezza di non poter più essere cristiano secondo il modello tradizionale e la vecchia formula romana – «Se morire è perdere tutto per rimanere soli e nudi davanti a Dio, allora sì, credo di avere sperimentato una morte» –, Mori sceglie la propria condizione di «uomo in ricerca», in viaggio permanente, senza bagaglio, senza certezze, senza più alcun controllo su Dio, rispetto a quella del credente sicuro di possedere “lo splendore della verità” e convinto di poter imprigionare Dio nella rigidità del dogma e nella magia del rito.

Elogio dell’imperfezione

Con un elogio finale dell’imperfezione, della libertà d’infrangere tabù e divieti, contro la ricerca e l’ossessione della perfezione morale e spirituale richiesta dalle religioni, perché, evidenzia l’autore, «nel mondo fisico che conosciamo niente è perfetto, ma tutto è perfettibile»: «la natura ama l’imperfezione e ne ha bisogno per attuare il suo processo di creazione continua di nuove forme dell’essere. La perfezione uccide tanto la vita quanto la creatività e la bellezza del nostro mondo».

Di seguito, per gentile concessione della casa editrice, due stralci tratti dall’introduzione e dalla conclusione. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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