L’implosione di una religione
Tratto da: Adista Documenti n° 17 del 11/05/2024
Qui l'introduzione a questo testo,
Un’onnipresente ricerca di potere
Molti teologi e scrittori spirituali hanno discusso del “mistero della Chiesa”. Anche se personalmente sono portato a moderare l’entusiasmo del loro discorso, a sfumare la sicurezza delle loro affermazioni e l’audacia delle metafore che usano, devo confessare che le calde ed equilibrate riflessioni di Henri de Lubac mi hanno aiutato molto a cogliere la natura profonda di questa “Ecclesia”, l’“assemblea” e “comunità” dei credenti, portatrice dell’eredità spirituale dell’uomo di Nazaret. Lungi da me, quindi, criticare o attaccare il “mistero” che costituisce l’aspetto più autentico di questa Chiesa, che è la mia famiglia di nascita, il terreno della mia crescita, la forma della mia identità e il luogo della mia appartenenza.
In queste pagine vorrei parlare non del mistero della Chiesa, ma piuttosto di questa Chiesa istituzionalizzata che è diventata un mistero per me.
Un mistero, perché non sono più in grado di capirla quando parla.
Mistero, perché non riesco più a vedere la pertinenza e l’utilità dei suoi dogmi.
Mistero, perché mi è impossibile aderire pienamente ai contenuti dei suoi insegnamenti e delle sue dottrine.
Mistero, perché non riesco più a cogliere la vera natura di questa Istituzione, che pretende di essere al crocevia tra un mondo divino e un mondo umano, e che porta in sé tanto la nobiltà e la grandezza del primo quanto la bassezza e la miseria del secondo.
Mistero, perché sono ormai incapace di riconoscere in lei la portavoce del profeta di Nazaret quale afferma di essere.
Mistero, infine, perché mi è difficile capire come mai una Istituzione che si definisce come l’incarnazione e l’estensione storica della persona e dell’opera del Nazareno sia giunta a porsi, in molti casi, in netta contraddizione con il contenuto più originale del suo messaggio.
Lo studio della storia del cristianesimo in Occidente mi ha portato a concludere che la ricerca del potere, il desiderio di difenderlo e accrescerlo sono stati i motivi fondamentali che hanno determinato e motivato la condotta, le prese di posizione e le politiche delle autorità ufficiali della Chiesa come Istituzione.
Non credo quindi di sbagliare affermando che la Chiesa è la più grande macchina di potere che la civiltà occidentale abbia prodotto negli ultimi due millenni. E questa macchina è tanto più perniciosa in quanto fonda il suo potere su basi religiose che condannano apertamente il potere come strumento di dominio. Il teologo Christian Duquoc sostiene che questo fenomeno del potere nella Chiesa è tanto più contraddittorio se si considera che si tratta di una Istituzione il cui scopo dichiarato è quello di promuovere un messaggio di libertà e di amore. Questa Istituzione finisce, al contrario, per usare una violenza o una coercizione così disumane che molti dei nostri contemporanei (la) “considerano crudele e spietata”, poiché ignora l’indulgenza e il perdono.
Non si può negare che questo e altri fenomeni contribuiscano alla mancanza d’interesse per il cristianesimo in Occidente. Pochi accettano come tollerabile l’attuale disfunzione tra la pratica istituzionale della Chiesa cattolica e il messaggio di Gesù Cristo di cui pretende di essere testimone. Questa disfunzione relativizza enormemente i discorsi fatti e i valori invocati, e scredita l’autorità istituzionale.
L’Istituzione ecclesiastica sostiene di essere stata posta, per volontà divina, a capo di un nuovo popolo eletto. Sostiene di essere stata scelta da Dio per incarnare nella storia umana lo spirito di Gesù, per eseguire fedelmente la sua volontà e per custodire, interpretare e trasmettere, con autorità, la sua parola e il suo messaggio. In altre parole, sostiene di essere l’unica custode di un “deposito” rivelato. Infine, pretende di essere lo strumento indispensabile per la salvezza eterna di tutti gli uomini. Dovremmo parlare di usurpazione, di sequestro?
Personalmente, non smetterò di gridare a chiunque voglia ascoltare che la persona e il messaggio di Gesù hanno un valore universale. Appartengono a tutta l’umanità. Sono un tesoro cui tutti devono avere accesso e di cui tutti devono poter beneficiare. Sono una delle più notevoli espressioni dello spirito umano nella storia dell’umanità. Pertanto, nessuno può arrogarsi il diritto di possederli in esclusiva. Nessuna Istituzione può pretendere di avere il monopolio dei mezzi per raggiungere Dio, né dell’interpretazione e della comprensione del messaggio di Gesù di Nazaret.
Non posso quindi che lodare e approvare gli sforzi che gli uomini faranno per recuperare ciò che il potere ecclesiastico ha loro confiscato. Penso che sia necessario liberare Gesù da un potere che lo ha imprigionato nella fortezza intoccabile delle sue dottrine e dei suoi dogmi.
La Chiesa cattolica pretende di possedere un “deposito” e di trasmettere una conoscenza che sostiene di avere ricevuto da Dio e che afferma essere indispensabile alla vita e alla felicità dell’uomo. Ha espresso e condensato questa conoscenza in proposizioni o affermazioni che chiama “dogmi” e alla cui accettazione ha legato il destino eterno dei credenti.
Per il cattolicesimo, queste affermazioni dogmatiche rappresentano non solo la verità che ogni fedele deve accettare e a cui deve sottomettersi, ma soprattutto costituiscono “la” verità che ogni fedele deve considerare come oggetto o contenuto della sua fede.
Per la Chiesa, il credente non deve credere direttamente in Gesù e nella sua parola. Deve credere nell’interpretazione che l’Istituzione gli impone del messaggio di Gesù.
Qualsiasi fede che faccia riferimento direttamente alle fonti, senza passare attraverso l’interpretazione o la manipolazione istituzionale, è considerata sospetta e spesso eretica.
Eppure, se guardo con attenzione la natura del cristianesimo, mi rendo conto che il fatto cristiano non consiste in un sapere e che, in realtà, non c’è alcun sapere da trasmettere. La propagazione della fede in Gesù avviene nell’ambito più concreto dell’evento personale, dell’esperienza interiore, della testimonianza di vita, e non nell’ambito della trasmissione di eventi cosiddetti “storici” o di verità astratte e scollegate dalla vita.
Non esiste un insieme di fatti, di verità che siano già presenti, dati una volta per tutte, e che si dovranno conservare accuratamente intatti. Non esiste un “deposito” che sia stato affidato a un’Istituzione per essere custodito e protetto da presunti contaminatori o predatori. Se c’è qualcosa da trasmettere, non sono fatti storici o “verità oggettive”, ma piuttosto una “buona notizia” che annuncia la possibilità di essere felice per l’uomo; una nuova visione della realtà; una nuova percezione di Dio e dell’uomo; un nuovo stile di relazione tra gli esseri umani basato sul rispetto reciproco, la fratellanza, la condivisione, la giustizia nel movimento dell’amore.
Ciò che viene trasmesso è dunque un messaggio di liberazione e di speranza, un’esperienza interiore, uno “spirito” e un “significato”. Ciò che interessa ai credenti, infatti, non è il ricordo di eventi passati, né le elaborazioni intellettuali dei teologi, ma la testimonianza e l’esperienza di vita unica dell’uomo di Nazaret, il suo messaggio, i valori e lo spirito che ha lasciato e che si sono rivelati estremamente significativi per gli esseri umani, poiché portano novità di vita, senso, dignità, libertà, felicità e salvezza.
La fede appartiene quindi all’ambito dell’esperienza esistenziale. Si colloca nella storia dell’individuo e delle sue relazioni interpersonali. La fede non appartiene quindi al mondo delle idee e della conoscenza cerebrale, ma a quello molto più intimo dell’incontro personale, dell’esperienza spirituale e dell’evento esistenziale, e quindi del desiderio o della volontà di modellare i valori della nostra vita su quelli che hanno contrassegnato la vita di Gesù.
L’Istituzione cattolica, invece, insiste nel considerare il cristianesimo come una “religione storica”. Ritiene, quindi, che il contenuto delle sue credenze sia costituito da fatti concreti che si sono realizzati così come essa li racconta e che il cristiano deve necessariamente considerare come assolutamente autentici se vuole rimanere nella vera fede cattolica. Così la verginità di Maria è reale, cioè fisica e biologica. Gesù è realmente nato per intervento dello Spirito Santo. Gli angeli hanno davvero cantato sulla grotta di Betlemme. Gesù ha davvero camminato sulle acque. Ha davvero sfamato cinquemila persone con pochi pani e due pesci. Ha davvero riportato in vita l’amico Lazzaro dopo quattro giorni che era nella tomba. Nell’ultima cena, Gesù ha davvero trasformato il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue, facendo dei suoi apostoli i primi sacerdoti cristiani. Voleva davvero fondare una Chiesa con una gerarchia di papi, vescovi e diritto canonico. Il suo corpo crocifisso uscì veramente vivo dalla tomba. Egli è salito fisicamente in cielo con il suo corpo, davanti agli occhi stupiti dei suoi apostoli. È veramente e ontologicamente il Figlio di Dio incarnato, ecc.
Per l’Istituzione ecclesiastica, l’adesione alla persona, alla parola e allo spirito di Gesù non è sufficiente per essere salvati. La garanzia della salvezza è data solo se il credente riconosce l’autenticità dei fatti “storici” raccontati dai Vangeli e se accetta l’interpretazione e la formulazione ecclesiastica delle verità da credere chiamate “dogmi”.
I dogmi prendono allora il posto di Dio e di Gesù. Dall’evento si passa alla “conoscenza”. Dalla fede nel Dio proclamato dal Nazareno si passa alla sottomissione a una Istituzione.
L’ideologia si trasforma così in un idolo. La fede si riduce all’accettazione di affermazioni e proposizioni elaborate dall’autorità religiosa e che il credente è obbligato a considerare “vere”. La fede si trasforma quindi in un meccanismo psicologico di conoscenza o in un atteggiamento intellettuale che potrebbe non avere alcun rapporto con la situazione esistenziale della persona.
Semmai, per essere un membro esemplare della Chiesa, non sarebbe nemmeno necessario avere fede. Basterebbe essere sottomessi alle autorità che gestiscono le verità di fede. La fede come evento esistenziale, incontro, meraviglia, scoperta, adesione, movimento di conversione, abbandono, amore e fiducia, interessa poco all’Istituzione.
Questa visione viene definita “mistica” o “pia” e trova poco spazio nelle esposizioni ufficiali della teologia cattolica.
Tale fede non è ciò che conta di più, né è realmente necessaria per l’appartenenza alla Chiesa cattolica.
L’esperienza cristiana diventa un esercizio intellettuale per memorizzare un elenco di affermazioni ritenute “vere” o divinamente “ispirate”. Ciò che interessa alle autorità religiose della Chiesa non è la qualità del rapporto del credente con la persona di Gesù, ma solo la qualità del suo rapporto con l’Istituzione.
Questo porta il governo ecclesiastico all’inevitabile deriva verso la violenza. Infatti, se la salvezza consiste nell’accettazione di un elenco di fatti e formulazioni intellettuali, allora può essere raggiunta solo attraverso la sottomissione obbligatoria a dogmi e dottrine. La sottomissione obbligatoria, tuttavia, può essere ottenuta solo con il ricorso a tattiche di minaccia, d’intimidazione e di paura, e quindi con una costrizione esercitata sulla libertà e l’originalità dello spirito umano. Nella Chiesa, la politica della violenza non è un incidente; qualcosa che purtroppo è accaduto, ma che si sarebbe potuto evitare. La violenza è diventata nel corso della storia della Chiesa parte integrante del suo sistema di gestione del potere. È attraverso la violenza che l’Istituzione ecclesiastica è riuscita a mantenere nei secoli la “sana ortodossia” delle sue dottrine, soffocando alla radice qualsiasi movimento di critica, disaccordo e contestazione.
Non è mia intenzione descrivere la storia di questa deriva. Non mancano libri che studiano la nascita della Chiesa e l’evoluzione storica della sua ideologia. Mi limiterò ad accennare brevemente agli elementi che sono all’origine del progressivo spostamento dall’intuizione religiosa originaria alla struttura di potere e alle influenze che, avendo distorto il primitivo messaggio di Gesù di Nazaret, sono arrivate a produrre esattamente il contrario di ciò che la sua parola voleva annunciare. Cercherò poi di mostrare come il movimento cristiano, che dopo la pace costantiniana divenne la “religione” ufficiale dell’Impero romano, si trasformò definitivamente in una Istituzione modellata sul sistema totalitario imperiale.
Infine, cercherò di dimostrare, e questa è la ragione principale del mio studio, che la ricerca, il consolidamento e l’espansione del potere costituiscono l’obiettivo che ispira, in modo quasi permanente, le dottrine e le azioni della gerarchia ecclesiastica nel corso dei secoli. Mostrerò come la Chiesa cattolica dia spesso l’impressione di essere un’azienda che sfrutta il fattore religioso e la credulità delle persone; e come non esiti a manipolare le coscienze e a fare a pezzi le persone quando si tratta di raggiungere i suoi obiettivi di potenza e di costruire il suo sistema di potere.
I cristiani di domani
Al termine di questa analisi in cui ho cercato di mettere in luce l’onnipresenza della ricerca del potere nelle politiche e nella pratica corrente dell’Istituzione ecclesiastica e di denunciare le reali intenzioni che spesso si nascondono sotto motivazioni sante ed evangeliche, vorrei immaginare ciò cui la comunità dei credenti in Gesù di Nazaret potrebbe sembrare domani. So che rischio di raccontare un bel sogno, ma mi procura tanta gioia immaginarmelo realizzato!
Domani avremo bisogno di una Chiesa profetica e non di una Chiesa gerarchica. Avremo bisogno di testimoni autorevoli, non di autorità che pretendono di essere testimoni.
La comunità dei credenti in Gesù di Nazaret non accetterà più di essere irreggimentata da un potere sacro o di essere guidata dai principi ideologici di un sistema totalitario, anche se porta un’etichetta religiosa.
I cristiani di domani saranno tali perché avranno scoperto da soli la bellezza del messaggio dell’uomo di Nazaret; perché saranno stati affascinati dalla sua personalità; perché avranno deciso di dissetare la loro vita alla freschezza di questa fonte e di fondare sulle parole di questo Maestro l’orientamento fondamentale della loro esistenza.
Saranno cristiani perché avranno potuto scoprire il Dio di misericordia che Gesù ha loro fatto conoscere; perché la fiducia nella parola di Gesù li avrà liberati dalle loro ansie e dai loro timori; perché avranno definitivamente bandito dalla loro vita il ricordo di quelle orrende storie di ire divine, di punizioni, di condanne e di fuochi eterni con le quali, per secoli, i chierici della santa madre Chiesa li hanno terrorizzati per meglio sfruttarli.
Saranno cristiani non perché faranno parte di una Istituzione religiosa, ma perché non avranno mai accettato di entrarvi. I cristiani di domani non vorranno mai rinunciare alla loro libertà per obbedire a una struttura di potere totalitaria o per lasciarsi guidare da un’autorità umana che pretende di essere infallibile, perché si crede di origine divina. Non accetteranno più di sottoporre il giudizio della loro coscienza alle direttive perentorie e rigide di un sistema dogmatico e totalitario.
I cristiani di domani saranno in pace con Dio e con se stessi, perché non saranno più ossessionati dal continuo senso di colpa e dal tormento del peccato. Avranno compreso che se il male è il risultato inevitabile e tragico della debolezza e della finitezza umana, il peccato è invece una perfida strategia umana inventata dalle religioni per meglio dominare le coscienze e la vita dei loro fedeli. I cristiani di domani saranno convinti che il Dio di Gesù è più grande dei loro fallimenti e delle loro imperfezioni.
Ispirati e guidati dallo spirito di Gesù, i cristiani di domani cercheranno Dio nella loro anima, perché avranno compreso di essere le migliori icone della rivelazione di Dio in questo mondo; e che Dio è la forza che sostiene la Realtà dell’Universo e che dà anche consistenza e valore alla loro persona.
I cristiani di domani avranno compreso che ogni intermediario che s’impone tra Dio e gli uomini non è un aiuto ma un ostacolo, e che colui che cerca di attribuirsi tale potere è un imbroglione e un mistificatore.
I cristiani di domani avranno compreso che la funzione del testimone è d’indicare e non di sostituire; e che Dio non si può raggiungere attraverso le strutture umane, né si può trovare nella fredda oggettività dei dogmi o nella magica efficacia dei riti. Ma che Dio si può solo trovare al termine di un lungo viaggio interiore disseminato di ammirazione, d’incanti, di rapimenti, di ebbrezze, di visioni, ma anche di buio, di smarrimenti, di esitazioni, di paure e di sofferenza. Perché il luogo della vera rivelazione di Dio è tanto l’Universo, quanto la profondità del cuore umano.
I cristiani di domani saranno allergici ai “dogmi” della Chiesa cattolica romana. Non potranno mai più sopportare l’arroganza delle affermazioni magisteriali, né la sicura pretesa di possedere la verità. Avranno compreso che la verità è sempre da fare e da cercare; che non è mai data definitivamente, e che l’espressione più autentica della verità sta nell’accettazione del suo carattere parziale, relativo e contingente.
I cristiani di domani saranno testimoni e non “conquistatori”. Vivranno con la forza delle loro convinzioni, ma non vorranno mai imporle con la forza del loro potere. Aborriranno il proselitismo e il reclutamento. Non organizzeranno mai più “crociate” e partiranno difficilmente in “missione”. Non vorranno più convincere nessuno, né della “verità” della loro fede, né dell’”errore” in cui si trovano coloro che non condividono le loro credenze.
I cristiani di domani avranno l’umiltà delle loro opinioni e non la sicurezza delle loro certezze. Si convinceranno che le vie che conducono a Dio sono numerose e varie come le persone che le percorrono; e che nessuna Istituzione ha il monopolio della verità e l’autorità d’imporre a qualcuno una particolare via di salvezza.
I cristiani di domani crederanno che la pluralità delle credenze e delle religioni è una grazia per l’umanità e non una disgrazia. Considereranno il pluralismo religioso come un immenso mosaico che illustra la bellezza e la grandezza di Dio. Vedranno la molteplicità delle religioni e delle loro dottrine come una stupenda e commovente polifonia attraverso la quale, lungo la storia, le voci dei credenti di tutto il mondo hanno cercato di cantare insieme la musica di Dio.
Rifiuteranno, quindi, per sempre di appartenere a una Chiesa e a una religione che si crede unica detentrice e distributrice di verità e di salvezza. Ricuseranno per sempre che una casta di “chierici” si arroghi il diritto d’indicare con autorità la condotta da seguire per vivere in pace con loro stessi e con Dio. Non accetteranno più nessuna autorità, soprattutto religiosa, che si arroghi il potere di stabilire o di definire al loro posto le regole del bene e del male nella loro vita. Vorranno solo essere fedeli allo spirito e al messaggio del Nazareno che li ha liberati da servitù e da appartenenza.
I cristiani di domani vorranno però essere circondati da una comunità di fratelli e di sorelle e vorranno sentirsi in comunione con tutti coloro che condividono la stessa fede in Gesù.
Faranno a meno dei tradizionali “sacramenti”, divenuti opachi e insignificanti. Troveranno loro stessi i gesti adeguati per esprimere in modo più autentico e più espressivo il calore della loro fraternità e la profondità della loro gratitudine per avere “conosciuto” e “incontrato” Gesù di Nazaret.
Cercheranno però questi gesti nella varietà delle loro culture e tradizioni, e nella fecondità della loro immaginazione, adattandoli alle mutevoli circostanze della loro vita e al continuo avvicendarsi delle generazioni.
I cristiani di domani sceglieranno loro stessi le persone di fiducia alle quali affideranno il compito di preparare, di organizzare e di dirigere i loro incontri comunitari. E queste persone, scelte senza discriminazione di genere, saranno vere e proprie guide e “sentinelle” responsabili del buon funzionamento della comunità locale dei credenti.
Questi “custodi”, godendo della fiducia dei loro fratelli, saranno lieti di far beneficiare la comunità cristiana delle loro esperienze umane, delle loro competenze e delle qualifiche connesse alla loro formazione professionale. Svolgeranno però il loro compito di presidenza come un servizio liberamente accettato e offerto. E non saranno nemmeno sfiorati dall’idea di voler trasformare la loro missione di servizio in una funzione di potere o la loro disponibilità verso gli altri in uno sfruttamento.
Questi “ministri” di domani non saranno incatenati al loro incarico, come condannati ai lavori forzati. Si ritireranno quando ne avranno voglia o quando verrà chiesto loro di farlo. Lasceranno, così, liberamente il servizio che avevano volontariamente accettato.
I cristiani di domani, in realtà, non saranno più “cristiani”, perché avranno abbandonato il “Cristo” fittizio dell’Istituzione per abbracciare “Gesù”, l’uomo e il profeta di Nazaret.
Ho solo raccontato qui un bel sogno? Forse! Penso però che i sogni siano essenziali per mantenere viva la speranza e per tenerci aperti alla novità, sempre all’opera in noi e attorno a noi, del Mistero Ultimo della Realtà al quale abbiamo dato il nome di “Dio”.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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