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I coloni di Cisgiordania appiccano incendi all'antica Taybeh. I tre responsabili delle Chiese cristiane: si è sfiorata la catastrofe
Da una ventina di giorni, Tayibeh, l'ultima città completamente cristiana della Cisgiordania occupata – conosciuta nel Nuovo Testamento come Efraim (Gv 11:54) – è sistematicamente sotto violenti attacchi da parte di coloni israeliani. Anche l’8 luglio, gruppi di coloni israeliani hanno appiccato diversi incendi nei pressi del cimitero cittadino e dell'antica chiesa di Al-Khader (San Giorgio), risalente al V secolo, minacciando uno dei più antichi luoghi di interesse religioso della Palestina. A riferirlo sono i sacerdoti Daoud Khoury, Jacques-Noble Abed e Bashar Fawdeh, appartenenti alle tre comunità cristiane di Taybeh (la greco-ortodossa, la cattolica latina e la cattolica greco-melchita).
L’Agenzia Fides il 9 luglio riferisce che i tre sacerdoti hanno denunciato, anche «a nome della popolazione della nostra città e dei nostri parrocchiani», la allarmante emergenza segnata dalla «serie di gravi e ripetuti attacchi contro la nostra città, che ne minacciano la sicurezza e la stabilità e colpiscono la dignità dei suoi residenti e i suoi luoghi santi». «Se non fosse stato per l’attenzione dei residenti e per l'intervento dei vigili del fuoco – si legge nel messaggio – si sarebbe verificata una grave catastrofe. In una scena segnata da provocazioni quotidiane, i coloni continuano a far pascolare le loro mucche sui terreni agricoli di Taybeh, nel cuore dei campi di proprietà delle famiglie della città e persino vicino alle loro case, senza alcuna deterrenza o intervento da parte delle autorità competenti».
E «queste violazioni», precisano i sacerdoti, «non si limitano alle sole provocazioni: danneggiano direttamente anche gli ulivi, che costituiscono la principale fonte di sostentamento per i cittadini e impediscono agli agricoltori di accedere e lavorare le loro terre». La parte orientale del villaggio di Taybeh, che comprende oltre la metà del territorio cittadino e ospita la maggior parte delle sue attività agricole, aggiungono, «è diventata un bersaglio aperto per gli avamposti di insediamenti illegali che si espandono silenziosamente sotto la protezione dell'esercito e fungono da trampolino di lancio per ulteriori attacchi alla terra e alle persone».
Ecco allora, che i sacerdoti fanno appello agli organismi locali e internazionali, e «in particolare consoli, ambasciatori e rappresentanti della Chiesa in tutto il mondo», chiedendo «un'indagine immediata e trasparente sugli incendi dolosi e sui continui attacchi a proprietà, terreni agricoli e luoghi santi e a esercitare pressioni sulle autorità occupanti affinché fermino le pratiche dei coloni e impediscano loro di entrare nei terreni della città o di farvi pascolare il bestiame».
*Foto ritagliata di Onceinawhile tratta da commonsWikimedia, immagine originale licenza
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