
Sempre più caldo, sempre più acido: il Mediterraneo si sta ammalando
L’8 luglio si celebra la Giornata internazionale del Mediterraneo, indetta nel 2014 per sensibilizzare sullo stato di salute del nostro mare, promuovere la sua tutela e la salvaguardia della sua biodiversità.
Oggi il Mar Mediterraneo subisce pesantemente gli effetti del cambiamento climatico e – avverte il WWF alla vigilia della ricorrenza, rilanciando l’articolo di Roberto Danovaro su Panda (magazine del WWF Italia) – «si scalda più di ogni altro oceano». «Nel periodo estivo, quando le acque del Mediterraneo raggiungono temperature superiori a quelle tropicali, gli effetti sulla biodiversità marina e sul funzionamento degli ecosistemi diventano devastanti».
Il WWF spiega che gli ecosistemi marini offrono al pianeta una serie di “servizi” inestimabili: catturano il 40% dell’anidride carbonica (frenando il cambiamento climatico), assorbono il 90% del calore in atmosfera (rinfrescando il pianeta), forniscono cibo (30% delle proteine totali) e ossigeno (50% di quello disponibile). Servizi che verranno meno, provocando danni irreparabili, quando il mare, in particolare il Mediterraneo, si ammalerà per l’aumento delle temperature e l’acidificazione delle acque.
Il Mar Mediterraneo si scalda più degli altri oceani perché è meno profondo, ed è sempre più acido, avverte il WWF: «L’assorbimento dell’anidride carbonica determina una diminuzione del pH delle acque marine poiché sciogliendosi in acqua forma acido carbonico: il problema è che il Mediterraneo è una delle regioni più sensibili con un pH diminuito in media fino a quasi 0,2 unità rispetto al secolo scorso e continua a diminuire a una velocità 3 volte più elevata rispetto alle aree oceaniche. Bassi valori del pH hanno effetti negativi sulla crescita, riproduzione e resistenza ai cambiamenti ambientali di molte specie marine. In particolare, ne soffrono gli organismi che producono scheletri calcarei, come cozze, gorgonie, coralli, spugne e ricci di mare».
Il riscaldamento repentino del Mediterraneo, dovuito alle ondate di calore, sconvolge i paesaggi sottomarini, causando «mortalità massive e favorendo l’invasione di specie aliene», come microalghe tropicali, piante marine e pesci esotici. «Il risultato è un panorama sottomarino desertificato, soprattutto tra la costa e i 30 metri di profondità. Queste morie hanno effetti negativi anche sulla pesca perché riducono le possibilità di crescita dei giovanili di molte forme ittiche». A rischio è anche la pesca, per via dell’«alterazione della quantità di cibo disponibile agli organismi marini» e la «conseguente carestia per le specie marine che utilizzano queste risorse».
L’articolo di Danovaro invita a proteggere la biodiversità, perché «un sistema ricco di specie resiste molto meglio ai cambiamenti climatici di un sistema impoverito». Anche intervenendo «con il restauro ecologico», «una sorta di terapia intensiva per il recupero degli habitat danneggiati o distrutti dall’Uomo o dai cambiamenti climatici, una misura prevista anche dalla nuova legge sul restauro della Natura dell’Unione Europea».
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