
Se poi restano in Italia? Ecco perché la Farnesina ha negato il visto ai genitori del prete cingalese
Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 26/07/2025
42329 LUCCA-ADISTA. «E se poi non tornano in Sri Lanka e restano in Italia? Meglio non lasciarli entrare!». È stata più o meno di questo tenore – ovviamente con una forma più paludata – la risposta che l’arcivescovo di Lucca, mons. Paolo Giulietti, ha ricevuto dai sottoposti del vicepresidente del Consiglio, nonché ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani alla richiesta di spiegazioni sul fatto che la Farnesina non avesse consentito ai genitori di don Antony Shehan Fernando Warnakulasuriya di entrare in Italia per partecipare all’ordinazione presbiterale del figlio nella cattedrale di Lucca lo scorso 15 giugno (v. Adista Notizie n. 25/25).
«Mi vergogno di essere italiano», aveva detto Giulietti durante l’omelia in duomo, scusandosi con don Antony. Poi però aveva anche preso carta e penna e inviato una formale richiesta di spiegazioni sia al Ministero degli Esteri che all’ambasciata italiana a Colombo. Pochi giorni dopo – riferisce il settimanale diocesano Toscana Oggi (edizione del 6/7) – Tajani telefona a Giulietti. Per scusarsi, forse. Ma in tal caso si tratterebbe di lacrime di coccodrillo, perché nei giorni successivi arriva la risposta ufficiale della Farnesina alla Curia di Lucca: visto di ingresso non concesso per assenza di garanzie per il loro rientro in Sri Lanka. Ovvero Meloni, Tajani, Salvini & Co. non volevano rischiare di trovarsi una decina di immigrati in più sul suolo italico. Anche se si trattava dei genitori e dei parenti di un giovane prete appena ordinato.
«I parenti di Antony, invitati per il giorno dell’ordinazione, in origine erano 17 – scrive su Toscana Oggi Lorenzo Maffei, che è anche l’addetto stampa della diocesi di Lucca –. La domanda per i visti, completa di ogni dettaglio richiesto per legge e con l’aiuto della diocesi di Lucca, è stata fatta a marzo 2025. Dopo ben oltre due mesi, a maggio, è arrivato il diniego da parte dell’ambasciata di Colombo con la motivazione che non c’erano garanzie che queste persone poi rientrassero nel loro Paese. Allora, per vie informali, l’ambasciata ha prospettato ai genitori di don Antony la possibilità di fare una domanda di visto, ma solo per loro due. La diocesi di Lucca e i due genitori in Sri Lanka si sono subito mossi con urgenza poiché il 15 giugno, data dell’ordinazione, si avvicinava. Ma niente da fare. Pochi giorni prima della partenza per l’Italia, l’ambasciata ha negato anche i visti per i soli due genitori. Identica la motivazione: assenza di garanzie per il loro rientro in Sri Lanka. Ne è seguito il grandissimo dispiacere di Antony, ma anche l’indignazione di tutti quelli che avevano seguito la pratica. Senza contare le ore di lavoro e i soldi spesi dalla diocesi (quasi tutti rimborsabili) e il tempo e i soldi spesi in Sri Lanka (questi nessuno li restituirà)».
Il danno e la beffa, perché la curia lucchese ha seguito i suggerimenti che la stessa ambasciata aveva fornito – limitare la richiesta di visto solo ai genitori – e che poi ha rifiutato.
«Tutto è possibile, aggiungiamo noi – conclude Toscana Oggi –: ma immaginare che i genitori di un futuro prete, con chiare garanzie della diocesi di Lucca e della loro diocesi di riferimento in Sri Lanka, approfittassero dell’ordinazione del figlio per immigrare illegalmente in Europa è una motivazione leggera, per alcuni pure pretestuosa».
Insomma preti sì, ma a casa loro. Perlomeno i genitori!
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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