CHIESE E LEADER RELIGIOSI DENUNCIANO: "IL CONFLITTO IN MEDIO-ORIENTE È CONTRO IL DIRITTO E LA RAGIONE"
Tratto da: Adista Notizie n° 57 del 29/07/2006
33499. ROMA-ADISTA. Le vicende che, da luglio, hanno acuito il già grave conflitto che ha per teatro la Striscia di Gaza, e poi innescato il conflitto tra gli Hezbollah del Libano e Israele, hanno naturalmente interpellato anche i leader delle Chiese cristiane, in Medio Oriente ed a livello mondiale. Collimanti su alcuni punti, sono invece differenziate - o assai sfumate su altri - le analisi sulle "cause" di quella che è diventata una vera e propria nuova guerra, e l'indicazione di possibili soluzioni di pace. Delle moltissime reazioni – che continuano a succedersi mentre chiudiamo questo numero, perché l'asprezza del conflitto non pare attenuarsi – ne riportiamo qui alcune del Vaticano, e poi altre dal mondo ecumenico.
Vaticano: Benedetto XVI è d'accordo con i G8
La prima dichiarazione ufficiale vaticana sul conflitto Israele-Libano è stata, il 14 luglio, alla Radio Vaticana, quella del segretario di Stato, card. Angelo Sodano: "Le notizie che ci giungono dal Medio Oriente sono certamente preoccupanti. Il Santo Padre Benedetto XVI e tutti i suoi Collaboratori seguono con particolare attenzione gli ultimi drammatici episodi che rischiano di degenerare in un conflitto con ripercussioni internazionali. Come in passato, anche la Santa Sede condanna sia gli attacchi terroristici degli uni sia le rappresaglie militari degli altri. Infatti, il diritto alla difesa da parte di uno Stato non esime dal rispetto delle norme del diritto internazionale, soprattutto per ciò che riguarda la salvaguardia delle popolazioni civili. In particolare, la Santa Sede deplora ora l'attacco al Libano, una Nazione libera e sovrana, ed assicura la sua vicinanza a quelle popolazioni, che già tanto hanno sofferto per la difesa della propria indipendenza. Ancora una volta appare evidente come l'unica via degna della nostra civiltà sia quella del dialogo sincero fra le Parti in causa".
Direttamente, sul nuovo conflitto papa Ratzinger è intervenuto la prima volta il 16 luglio, parlando in Valle d'Aosta dopo l'Angelus: "In questi ultimi giorni le notizie dalla Terra Santa sono per tutti motivo di nuove gravi preoccupazioni, in particolare per l'estendersi di azioni belliche anche in Libano, e per le numerose vittime tra la popolazione civile. All'origine di tali spietate contrapposizioni vi sono purtroppo oggettive situazioni di violazione del diritto e della giustizia. Ma né gli atti terroristici né le rappresaglie, soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile, possono giustificarsi. Su simili strade – come l'amara esperienza dimostra – non si arriva a risultati positivi".
Un paio di giorni dopo, rispondendo brevemente a domande dei giornalisti, il papa ha detto, a proposito della crisi mediorientale, di ritrovarsi bene nella dichiarazione che, sul tema, avevano fatto i capi di Stato e di governo nel summit dei G8 appena conclusosi a San Pietroburgo. La consonanza del pontefice con i G8 ha suscitato in alcuni ambienti delle riserve, in quanto la dichiarazione di San Pietroburgo appare frutto di un compromesso che tra l'altro non è riuscito ad imporre immediatamente una tregua alle Parti in conflitto.
Infine, il 20 luglio, la Sala stampa della Santa Sede ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"1. Il Santo Padre segue con grande preoccupazione le sorti di tutte le popolazioni interessate ed indice per domenica prossima, 23 luglio, una speciale giornata di preghiera e di penitenza, invitando i Pastori ed i fedeli di tutte le Chiese particolari come tutti i credenti del mondo ad implorare da Dio il dono prezioso della pace.
2. In particolare, il Sommo Pontefice auspica che la preghiera si elevi al Signore, perché cessi immediatamente il fuoco tra le Parti, si instaurino subito corridoi umanitari per poter portare aiuto alle popolazioni sofferenti e si inizino poi negoziati ragionevoli e responsabili, per porre fine ad oggettive situazioni di ingiustizia esistenti in quella regione (...).
3. In realtà, i Libanesi hanno diritto di vedere rispettata l'integrità e la sovranità del loro Paese, gli Israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro Stato ed i Palestinesi hanno diritto ad avere una loro Patria libera e sovrana.
4. In questo doloroso momento, Sua Santità rivolge pure un appello alle organizzazioni caritative, perché aiutino tutte le popolazioni colpite da questo spietato conflitto".
Patriarchi e leader cristiani di Gerusalemme
Nel mondo cristiano variegate sono state le reazioni al nuovo conflitto, e continui gli appelli al "fermate la guerra" e "iniziate trattative di pace". Sono intervenuti, tra gli altri, il primate anglicano, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, e il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Samuel Kobia. Intanto, prima che scoppiasse la crisi del Libano, ma mentre era già acutissima la crisi a Gaza (ri-occupata dall'esercito israeliano in ritorsione al rapimento di un soldato da parte di un commando palestinese), già il 7 luglio i patriarchi e altri leader cristiani delle Chiese di Gerusalemme in un loro messaggio dichiaravano che "la violenza e l'aggressione di questo momento è senza proporzione o giustificazione". "Noi capi cristiani delle Chiese in Gerusalemme, diciamo: è contro il diritto, e contro la ragione, quello che ancora sta accadendo nella nostra terra. È nostro dovere di leader religiosi di ricordarlo alle nostre Autorità. È contro il diritto e contro la ragione che voi continuiate a condurci nelle vie della morte". "Noi condanniamo il rapimento del soldato israeliano e l'uccisione del giovane colono, così come condanniamo i quotidiani rapimenti e le quotidiane uccisioni di decine di palestinesi come pure il mantenimento di migliaia di essi in prigione. Tutti gli esseri umani, israeliani e palestinesi, hanno la stessa dignità e debbono essere trattati allo stesso modo. Deve cessare qualsiasi aggressione contro la dignità umana, sia israeliana che palestinese. Le nostre sofferenze, di israeliani e di palestinesi, avranno fine quando dalle due parti sarà riconosciuta la verità. Deve essere riconosciuto il diritto di Israele ad avere sicurezza. Nel contempo, deve essere riconosciuto che il cuore del conflitto tra israeliani e palestinesi è che il popolo palestinese è privato della sua libertà".
"È contro il diritto e la ragione continuare nella via della morte. L'imperativo morale è chiaro. Fermate ogni violenza. Basta con le uccisioni. Proteggete la vita e la dignità del popolo. Cominciate negoziati. Spezzate questa delittuosa catena di violenza in cui noi siamo avviluppati". "La situazione è andata troppo avanti. Chiediamo alla Comunità internazionale di intervenire e di insistere per una soluzione diplomatica di questo conflitto. Tutte le Autorità debbono cambiare direzione, e con risoluta pressione e presenza internazionale debbono negoziare per raggiungere una pace giusta e definitiva".
L'apello porta la firma di tutti i patriarchi e leader cristiani di Gerusalemme: Theophilos III, patriarca greco ortodosso; Michel Sabbah, patriarca latino; Torkom II, patriarca armeno; p. Pier Battista Pizzaballa, ofm, Custode della Terra Santa; Anba Abraham, del patriarcato copto ortodosso; Swerios Malki Mourad, del patriarcato siro ortodosso; Abuna Grima, del patriarcato ortodosso etiopico; Paul Nabil Sayyah, dell'esarcato patriarcale maronita; vescovo Riah Abu Al-Assal, della Chiesa episcopale (anglicana) di Gerusalemme e del Medio Oriente; vescovo Mounib Younan, della Chiesa evangelica luterana; Pierre Malki, esarca per i siri cattolici; George Bakar, dell'esarcato patriarcale greco-cattolico (melkita); p. Rafael Minassian, dell'esarcato patriarcale armeno.
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