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UBI CARITAS? SUL CASO WELBY IL DISSENSO CATTOLICO AL RIFIUTO DI RUINI

Tratto da: Adista Documenti n° 4 del 13/01/2007

DOC-1813. ROMA-ADISTA. "Ipocrita", "scandalosa", vergognosa": sono alcuni degli aggettivi usati da molti cattolici per descrivere la decisione del Vicariato di Roma di negare i funerali religiosi a Piergiorgio Welby, deceduto nella notte dello scorso 20 dicembre in seguito al distacco del ventilatore polmonare effettuato da Mario Riccio, medico anestesista dell'ospedale di Cremona. La diocesi ha tentato di articolare il diniego "in punta di diritto", in un comunicato diffuso il 22 dicembre: "In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dei casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325). Non vengono meno però la preghiera della Chiesa per l'eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti".

Vescovi, teologi e "Avvenire": i funerali negati, una scelta necessaria

Argomentazioni che hanno spaccato il mondo cattolico: da una parte la quasi totalità dei cattolici di base – compreso il ‘popolo delle parrocchie', solitamente silente – contraria alla decisione del Vicariato (ne diamo conto nell'ampia rassegna che segue), dall'altra pochi vescovi e qualche teologo (che hanno trovato spazio sulle colonne di "Avvenire" e dai microfoni di Radio Vaticana) a difendere la scelta del card. Camillo Ruini. Di questi, il più autorevole ad esprimersi è stato il rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, che, in una lunga intervista al Tg1 delle 20 dello scorso 22 dicembre, ha ribadito la posizione del Vicariato. Mentre mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e per anni ‘regista' delle Giornate mondiali della Gioventù, in un'intervista alla Radio Vaticana (il 27/12), ha giustificato la decisione del Vicariato dando la colpa ai radicali che avrebbero strumentalizzato la morte di Welby, trasformando il "gesto liturgico" del funerale in "una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana", tanto più che, aggiunge, "hanno chiesto i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con la fede" (dimentica, però, mons. Sigalini, che le esequie religiose erano state richieste dalla madre di Welby, che è cattolica, ndr). Sulla stessa linea il card. Ersilio Tonini, vescovo emerito di Ravenna: "La Chiesa è madre e lo è con tutti. Purtroppo, però, in questo caso ha dovuto mostrarsi ferma: c'è stata una strumentalizzazione della sofferenza di quest'uomo e della sua morte, un can-can mediatico per dire ‘abbiamo ragione noi'. Non si poteva rispondere diversamente alla richiesta dei funerali religiosi". Polemico, come è nel suo stile, il vescovo emerito di Como, mons. Alessandro Maggiolini, che dopo aver espresso qualche dubbio sulla decisione del Vicariato di Roma ("Si poteva benedire la salma e accompagnarla con la preghiera al sepolcro. Per i parenti quel gesto andava compiuto"), poi irride pesantemente chi ha difeso la scelta di Welby: "Io avrei allestito per Welby anche i funerali del niente. Un corteo con una bara vuota. Al seguito il capo di Stato, il premier, i politici che hanno starnazzato in piazza strumentalizzando questa tragedia. Per loro la morte era la cosa migliore, una liberazione. Piangano allora il nulla, dietro una cassa piena d'aria".

Danno invece motivazioni ‘politiche' al rifiuto del Vicariato di celebrare il funerale religioso i numerosi teologi interpellati da "Avvenire" (27/12). "In un momento in cui viviamo il pericolo della mancata percezione della distinzione tra scelte di fondo diverse riguardo alla vita – spiega al quotidiano dei vescovi mons. Piero Coda, presidente dell'Associazione dei teologi italiani –, credo sia stato importante prendere una posizione netta riguardo a questo gesto con cui si è posta fine a un'esistenza quando la sofferenza ha superato un limite determinato da noi. A me è venuta in mente la chiarezza dell'evangelico ‘sia il vostro parlare sì sì e no no'". Secondo don Michele Aramini, teologo ed esperto di bioetica dell'Università Cattolica di Milano, "il funerale avrebbe avuto inevitabilmente un significato ufficiale, avrebbe costituito in qualche modo un riconoscimento della scelta operata, che contrasta con l'insegnamento morale cristiano". E tira in ballo i "valori non negoziabili" mons. Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense: "È stata una scelta certamente scomoda, ma non avrebbe giovato un atteggiamento buonista di fronte a un atto come quello di Welby, compiuto in maniera pubblica e a suo modo motivata. È bene che ci sia stata questa presa di distanza, che non toglie nulla alla misericordia di Dio". "Servire la verità su questi valori che, come ci dice il Papa, sono non negoziabili, è un modo per dare contenuti alla misericordia". Nemmeno una riga dedica "L'Osservatore Romano" alla questione dei funerali negati: il lungo editoriale di Francesco D'Agostino, presidente dell'Unione giuristi cattolici ed ex presidente del Comitato nazionale di bioetica, sull'edizione del 29 dicembre, si sofferma esclusivamente sul tema dell'eutanasia.

"Funerali per Pinochet ma non per Welby". La protesta del popolo delle parrocchie

Sull'altro fronte, la gran parte del mondo cattolico critica una scelta, quella del Vicariato, giudicata incomprensibile quando non scandalosa: lettere di protesta a vescovi e giornali (molte anche a "Famiglia Cristiana" e ad "Avvenire", che il 27/12 ne pubblica cinque pro-Vicariato e una contro, con una lunga risposta del direttore, Dino Boffo, secondo cui "Welby doveva aspettare il suo momento: chissà che cos'altro avrebbe capito nel tempo che gli restava, che cosa d'altro avrebbe offerto e meritato. Accorciarsi la vita, pretendere di disporre della propria morte, è un atto contro l'amore previdente di Dio. Questo la Chiesa deve insegnare"), "sciopero dell'eucaristia" da parte di molti fedeli, parole di dissenso pronunciate nelle omelie da molti preti. Come quelle di don Luigi Ciotti, durante la celebrazione di una messa a Torino: "Mi piace una Chiesa che accoglie, una porta che si apre a chiunque, che guarda il cuore e non le etichette"; o di don Mario Piantelli, della parrocchia di san Michele di Ripalta (Cremona), che durante la messa di santo Stafano ha rivendicato i "funerali religiosi per Welby", come li hanno sempre avuti "i suicidi, i dittatori, i fabbricanti di armi e i mafiosi". Don Gianfranco Formenton, parroco della chiesa di Sant'Angelo in Mercole vicino Spoleto, ha celebrato una messa in suffragio di Welby e si è detto "interdetto" per il rifiuto del funerale: "facciamo il funerale a Pinochet, lo abbiamo fatto a Franco, a camorristi e mafiosi, e poi si rifiuta il funerale ad un uomo con il pretesto che lui ha chiesto di morire?". "Quando mi è capitato, di fronte a suicidi, non mi sono nemmeno posto il problema che ci fosse qualche articolo del catechismo. Io il funerale l'avrei fatto. E alla predica avrei detto ‘non sappiamo niente, chiediamo a Dio la misericordia per quest'anima come per tutte le altre anime'. Per me, per come sono stato educato come prete e come uomo, è una cosa incomprensibile". Don Antonio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus, giudica "ipocrita" la scelta del Vicariato di Roma: "La Chiesa, giustamente, concede i sacramenti anche ai suicidi. Nel caso di Welby, però, non ha rispettato il suo dolore e la sua sofferenza, né quella della sua famiglia". Don Alessandro Santoro, invece, insieme alla comunità che anima a Firenze, "Le Piagge", ha scritto una lettera al suo vescovo, mons. Ennio Antonelli, per denunciare "l'ennesima assurdità" della "mia" Chiesa.

Durante l'eucaristia domenicale del 24 dicembre, quasi in contemporanea con il funerale laico, la comunità di base di san Paolo di Roma ha pregato per "l'ultimo viaggio" di Welby; e ugualmente ha fatto la comunità di base dell'Isolotto di Firenze, durante la veglia di Natale. E Maria Bonafade, moderatora della Tavola valdese, partecipando al funerale laico in piazza, ha detto di non comprendere "l'indisponibilità del Vicariato cattolico di Roma a celebrare un funerale cristiano per Welby". "Crediamo infatti, come cristiani evangelici, che la Parola della Grazia e dell'Amore di Dio possa essere annunciata di fronte ad ogni morte". (luca kocci)

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