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CASERTA: L'ISTITUTO SOSTENTAMENTO DEL CLERO CERCA L'AFFARE.VESCOVO E POPOLO NON CI STANNO

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 03/02/2007

33729. CASERTA-ADISTA. È un affare da oltre 35 milioni di euro quello che sta cercando di concludere l'Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Caserta (Idsc): la vendita di un'area di sua proprietà di 33 ettari situata nel centro della città che, se finisse nelle mani di qualche costruttore, verrebbe edificata e diventerebbe una miniera d'oro.

A spingere per la cessione c'è l'Istituto centrale per il sostentamento del clero e la Santa Sede. A resistere, da oltre 5 anni, il vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, e una parte consistente della città: chiedono che il Comune renda inedificabile l'area (cosa che, fra l'altro, contribuirebbe a far abbassare notevolmente il prezzo fissato dall'Istituto) e che venga acquistata dalle amministrazioni locali affinché divenga un grande spazio pubblico verde e di utilità sociale. Dietro le quinte c'è la camorra che, avendo fortissimi interessi nell'edilizia, guarda con attenzione ad un'operazione che potrebbe costituire una grande fonte di guadagni e speculazioni.

Il Macrico, dai militari alla Chiesa

L'area in questione è l'ex-Macrico (Magazzino centrale ricambi mezzi corazzati): 324.533 metri quadrati – tre quarti dei quali coperti da alberi e prati – situati nel centro di Caserta, al termine di corso Trieste, la via principale della città. Di proprietà della Chiesa fin dal XVII secolo – serviva per mantenere la mensa vescovile –, nell'Ottocento l'area venne ceduta in affitto ai Borboni che la usarono come "Campo di Marte", per le esercitazioni militari; nel dopoguerra, passò poi alle Forze armate italiane che ne fecero un magazzino e una caserma logistica (la "Sacchi") e costruirono capannoni in lamiera e amianto ed edifici in muratura per un totale di 500mila metri cubi, occupando circa un quarto della superficie. Negli anni '80, la curia di Caserta avviò una causa per ottenere la restituzione dell'area, vinta nel 1994. L'area tornò così ad essere a disposizione della diocesi e, per legge concordataria, essendo un "beneficio ecclesiastico", ne divenne proprietario a pieno titolo l'Idsc.

Dietro l'Istituto di Caserta c'è l'Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc) e, ancora più in alto, la Conferenza episcopale italiana e la Santa Sede, con l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, guidata dal card. Attilio Nicora. Gli Istituti diocesani sono infatti articolazioni periferiche dell'Istituto centrale (nato nel 1985, subito dopo la revisione del Concordato del 1984, per occuparsi della gestione dei fondi dell'otto per mille che attualmente per la Chiesa cattolica, ammontano a quasi un miliardo di euro all'anno, v. Adista n. 7/06). Sono proprietari ed amministratori di tutti i "benefici ecclesiastici", cioè i beni mobili ed immobili della diocesi, e hanno personalità giuridica autonoma, non dipendono cioè dal vescovo diocesano che deve essere interpellato solo per i ‘movimenti' superiori ai 250mila euro. Mentre, ed è il caso del Macrico, per beni che superano il valore di 1 milione di euro, devono avere "il preventivo parere della Conferenza episcopale italiana" e "l'autorizzazione" della Santa Sede.

Quando il vescovo bloccò l'Istituto per il sostentamento del clero

L'Idsc di Caserta uscì allo scoperto nel dicembre del 2000: venne firmato un protocollo d'intesa fra l'allora direttore dell'Istituto, don Saverio Russo, e il sindaco della città, Luigi Falco (Forza Italia), in base al quale l'ex Macrico sarebbe stato venduto al Comune che lo avrebbe poi trasformato in "Parco urbano vivo", provvedendo a costruire non ben definite "infrastrutture primarie da individuare". L'affare sarebbe andato in porto – anche perché da Roma, sede dell'Istituto centrale, erano forti le pressioni sull'Istituto diocesano per "accelerare" la vendita – se non fosse intervenuto il vescovo, mons. Nogaro, fino allora tenuto all'oscuro di tutto, che nel solenne Te Deum celebrato in cattedrale il 31 dicembre 2000, disse parole molto dure, arrivando perfino a minacciare le dimissioni, contro un'operazione che rischiava di trasformarsi in una gigantesca speculazione edilizia, tanto più in una città già assediata da cave, cementifici e discariche. Parole che, a 6 anni di distanza, conservano intatto il loro valore anche oggi: "Sono sempre stato dell'idea che meno beni ha la Chiesa, più bene sta – disse allora mons. Nogaro –. Ma visto che se ne parla tutti i giorni e che questo grandissimo appezzamento di terreno appartiene alla Chiesa, ribadisco che non permetterò nessun tipo di speculazione. È vero, mi hanno già scavalcato alle spalle, ma sul futuro di quest'area dovranno decidere i miei sacerdoti e tutta la comunità casertana". (v. Adista n. 7/2001)

Verde pubblico o cemento privato?

Sull'onda del Te Deum di mons. Nogaro si costituisce un "Comitato area ex Macrico" (oggi si chiama Comitato "Macrico verde") che si impegna a salvare l'area dal cemento – e dagli interessi della criminalità organizzata – per trasformarla in uno spazio pubblico verde a servizio di tutta la città: vengono raccolte le firme di 12mila casertani che propongono di classificare l'ex Macrico zona F2 del Piano regolatore (cioè "territorio inedificabile destinato alla realizzazione di giardini pubblici, con i relativi arredi fissi richiesti per la loro più completa fruizione") e, qualche mese fa, il 21 maggio 2006, viene organizzata l'occupazione del Macrico per una giornata, con oltre 5mila cittadini che ‘invadono' pacificamente l'area e trascorrono una mattinata sotto gli alberi e in mezzo ai prati dell'ex caserma.

Le amministrazioni locali, però, non accolgono le sollecitazioni: nel 2002 il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, durante un incontro riservato con mons. Nogaro e alcuni rappresentanti del Comitato, garantisce un impegno della Regione che rimarrà solo di parole; il sindaco Falco risponde picche alla proposta di rendere l'area inedificabile e, al contrario, bandisce un concorso di idee sul Macrico vinto dall'architetto Stefano Boeri (il quale, contemporaneamente, fa parte della Commissione di Alta Vigilanza per l'esame dei progetti nel Macrico insediata dal sindaco stesso) che all'interno dell'area vorrebbe trasferire il municipio e costruire delle non ben definite "residenze speciali" (si sarebbe trattato di case per artisti) per almeno 5mila persone. Falco, alle elezioni comunali nella primavera 2005, non viene ricandidato, e tutto si arena. Fino allo scorso 19 gennaio quando, durante un'iniziativa pubblica (che ha visto la partecipazione di oltre mille persone, fra queste anche mons. Nogaro) in cui è stato presentato un film-documentario che ricostruisce la storia del Macrico (dal titolo I have a green), il Comitato "Macrico verde" rilancia la sua proposta: rendere l'area inedificabile e destinarla a parco pubblico attrezzato – anche perché i cittadini di Caserta hanno a disposizione 1,5 metri di verde a testa, mentre la normativa nazionale ne prevede almeno 9 – e ad attività sociali e culturali, coinvolgendo la seconda Università di Napoli che nel Macrico vorrebbe realizzare l'orto botanico e ha già un progetto pronto che coinvolge anche il Corpo forestale dello Stato.

Regione, Provincia e Comune prendono tempo: lo scorso 24 gennaio viene dato l'annuncio della costituzione di un tavolo di concertazione (a cui però non partecipa né l'Idsc né il Comitato "Macrico Verde"), ma il nuovo sindaco di Caserta, Nicodemo Petteruti (Ds), rifiuta di impegnarsi a classificare la zona come inedificabile. Mentre l'Idsc di Caserta, ovviamente in accordo con l'Istituto centrale e con la Santa Sede, rilancia: o gli enti locali acquistano subito il Macrico a 35 milioni di euro oppure lo vendiamo ai privati per una cifra molto più alta. Le offerte non mancano, tutt'altro: "Abbiamo i cassetti pieni", dice don Antonio Aragosa, presidente dell'Istituto diocesano. Le voci dicono che sono molto interessati all'acquisto i Coppola, famiglia di costruttori campani già protagonisti di numerosi abusi edilizi fra Napoli e Caserta (fra cui il famoso Villaggio Coppola a Castel Volturno, un ‘ecomostro' abbattuto nel 2003); ma anche degli imprenditori vicini alle cooperative rosse di Umbria-Toscana-Emilia Romagna; e, riferisce il "Corriere di Caserta" (22/1), "alcuni industriali napoletani sponsorizzati direttamente da un cardinale del Nord Italia" e sostenuti dalla Compagnia delle Opere, il braccio economico di Comunione e Liberazione (i cardinali attualmente in servizio nell'Italia settentrionale sono Severino Poletto a Torino, Angelo Bagnasco a Genova, Dionigi Tettamanzi a Milano, Carlo Caffarra a Bologna e Angelo Scola a Venezia che è anche strettamente legato a Comunione e Liberazione e ai suoi ‘derivati').

Di fronte all'improvvisa accelerazione, il Comitato parte con una nuova iniziativa: chiedere ai casertani di esporre dai balconi delle proprie case delle bandiere con la scritta "Macrico verde 100%" (ne sono state distribuite già 2mila). E annuncia che dalla fine di gennaio partiranno le richieste, indirizzate sia all'Istituto di Caserta sia all'Istituto centrale, di poter prendere in affitto piccoli appezzamenti dei terra del Macrico ad uso agricolo visto che – come anticipato da Adista la scorsa settimana (v. Adista n. 7/07) – l'Idsc di Caserta ha concesso in affitto un terreno agricolo di sua proprietà a Marcianise di 2.600 metri quadrati ad un noto boss camorrista della zona per la cifra di 13 euro al mese, e il direttore, don Aragosa, si è giustificato sostenendo che si trattava di un agricoltore che chiedeva un campo da coltivare. Un contratto d'affitto che mons. Nogaro pretende che venga immediatamente sciolto. (luca kocci)

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