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CRISTIANI PER IL SOCIALISMO: PERCHÈ VOTARE NO

Tratto da: Adista Documenti n° 30 del 21/04/2007

10579) Roma-adista

È una scelta di coscienza

L'aborto è per la donna la conseguenza estrema, sofferta e umiliante di una sessualità dominata dal potere dell'uomo; la conseguenza di una sessualità finalizzata alla procreazione secondo quanto impone la cultura patriarcale, di cui nei secoli la chiesa si è fatta portavoce e veicolo. Infatti la predicazione di ruoli "naturali" per l'uomo e per la donna è stata più funzionale alla società strutturata per proteggere la supremazia maschile che al messaggio di liberazione evangelico. In questo contesto ancora troppo autoritario e violento verso le donne, la scelta di accettare o rifiutare la maternità è una scelta di coscienza che solo la donna può fare. La vita non è solo un fatto biologico, ma esige una scelta di amore. Non si può amare se non nella libertà. La donna che vuole trasmettere la vita non deve sentirsi costretta ad accettare la maternità come un prezzo da pagare alla sua sessualità e al suo essere sociale. Proprio perché lottiamo per costruire un mondo in cui la maternità e la paternità siano pienamente responsabili, libere, controllabili; un mondo in cui la sessualità sia pienezza di incontro e non finalizzata necessariamente alla riproduzione, comprendiamo il dramma di chi rifiuta di trasmettere la vita in questa società.

Secondo lo spirito del Vangelo siamo convinti che nessuno possa legittimamente sostituirsi alla coscienza della donna che decide di abortire e rivendichiamo pubblicamente e con chiarezza la legittimità della nostra posizione. Gesù non ha assunto atteggiamenti di condanna se non verso gli scribi e i farisei; ha invece annunciato che il Regno non si costruisce con enunciazioni astratte, ma assumendo la responsabilità del male e lottando anche con i "pubblicani" per uscirne. Inoltre, anche secondo la teologia cattolica, un principio morale fondamentale afferma: all'impossibile nessuno è tenuto. Una donna che per ragioni sue (fisiche, psicologiche, esistenziali), in coscienza, non intende portare avanti una gravidanza perché "non può", merita, secondo la teologia classica, il rispetto di tutti. Dio, certo, giudicherà questa donna, come giudicherà tutti, ma di questa sua prerogativa non possono appropriarsi né gli uomini, né il clero, né il Movimento per la Vita. Se le autorità della chiesa cattolica si sono dichiarate per il "sì" alla richiesta di snaturare la legge 194, diversi settori della teologia cattolica e molti pastori delle chiese evangeliche hanno difeso la legge che tutela la maternità e regolamenta l'aborto. (...)

La legge 194 tende a limitare gli aborti

(...) Con la legge 194, la società, riconoscendo di non essere ancora in grado di fornire tutti i mezzi concretamente adeguati per permettere tale scelta, si assume il compito di assistere la donna qualunque siano le sue decisioni. Comunque la legge 194 è tutta orientata alla eliminazione del fenomeno dell'abor-to, come dimostrano chiaramente le disposizioni relative ai consultori, all'informazione sui contraccettivi, alla promozione di una maternità consapevole. L'efficacia di questa legge è ancora limitata a causa del boicottaggio attuato dalle stesse forze che hanno promosso il referendum cattolico e che continuano ad opporsi ad una capillare opera di educazione sessuale per non togliere alla chiesa cattolica importanti spazi e strumenti di controllo sociale. (...) L'aborto si sconfigge riconoscendone la realtà e rimuovendone le radici sociali ed esistenziali.

Non è vero che la scelta è tra la vita e la morte

Non servono a conseguire questo obiettivo proclamazioni di principi astratti che, eludendo i problemi reali, rassicurano la "buona coscienza"; al contrario, occorre che tutti con umiltà accettiamo di portare il peso delle contraddizioni e dei drammi che la donna che abortisce pone ad una società, in cui è sempre più difficile vivere e moltiplicare la vita, stabilire quale vita abbia più diritto di affermarsi, quale qualità della vita sia più importante. La vita è, infatti, un valore da difendere complessivamente; chi, come il Movimento per la Vita, pretende di difenderla sin dall'inizio e non protesta e agisce con eguale impegno contro le condizioni di sviluppo che riducono alla fame due terzi dell'umanità; contro la corsa agli armamenti, che assorbe quantità sempre maggiori di risorse per produrre strumenti di violenza, di oppressione, di morte; contro la mancanza di asili, di scuole, di lavoro; contro l'inquinamento e tutte quelle condizioni non solo materiali necessarie perché la vita si sviluppi, rischia di essere, in termini evangelici, un fariseo. (...)

La coscienza del medico vale di più di quella della donna?

(...) Se dagli elettori venisse approvato il referendum proposto dal Movimento per la Vita, il problema dell'aborto sarebbe ricondotto nel privato della dipendenza dai sensi di colpa e dal confessionale; in modo analogo l'aborto ritornerebbe nel privato di una malintesa libertà, se fosse accolta la proposta dei radicali. L'esigenza di migliorare la legge 194 è largamente condivisa: il movimento delle donne e diverse forze politiche (...) hanno individuato gli aspetti da perfezionare o da correggere e predisposto anche emendamenti legislativi. Al contrario coloro che hanno promosso i referendum abrogativi intendono strumentalizzare i limiti presenti in questa legge e i problemi che in essa sono affrontati. (...)

(da Adista nn. 2048-2053 del 20 aprile 1981)

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