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DON SIRIO POLITI, LA "SPIRITUALITÀ DELLA MATERIA"

Tratto da: Adista Notizie n° 75 del 03/11/2007

34119. BERGAMO-ADISTA. "Quella di don Sirio è la storia di un prete operaio, poeta e contemplativo, artigiano, scrittore, animatore di una piccola comunità, vivido pensatore. Ha fatto tante cose, ma soprattutto ha vissuto". Sono le parole con cui Maria Grazia Galimberti introduce Paso doble per la pace (Servitium editrice, Bergamo, 2007, pp. 130, euro 12), piccola antologia di articoli sulla pace che don Sirio Politi (1929-1988), il ‘capostipite’ dei preti operai italiani, scrisse nel 1984 per il periodico "Lotta come amore".

Ordinato sacerdote nel 1943, don Sirio viene nominato parroco a Bargecchia, vicino Viareggio. L’opzione totale per il lavoro lo coglie improvvisamente dopo 11 anni di parrocchia: "Devo guadagnarmi il necessario, e i sacramenti, la scelta di fede, il mio convincimento li devo offrire". Trova impiego come carpentiere tracciatore in un cantiere navale di Viareggio, ove matura la sua spiritualità della materia, "il faticoso ma anche gioioso abbandono della visione alata". In seguito – quando, nel 1959, la Chiesa proibisce ai preti di lavorare nelle fabbriche – si cimenta in diverse attività, come scaricatore di porto, artigiano e, infine, scrittore e guida di una piccola comunità nella periferia sud di Viareggio.

Il primo prete operaio italiano ha dedicato la sua opera alla ricerca dell’"unificazione tra spirito e materia", che trova una sintesi perfetta proprio nel lavoro manuale. "Per don Sirio – spiega la curatrice del volume – è la materia stessa in tutte le sue espressioni a rivelare Dio". La conciliazione tra materia e spirito, fede e storia, è il canale privilegiato per ricondurre l’uomo verso Dio e la Chiesa verso l’uomo. Negli scritti di Politi, così come appaiono nel volume curato dalla Galimberti, l’amore per Dio si confonde in maniera definitiva con l’amore per gli ‘ultimi’. È proprio questa la ragione che lo spinge verso la povertà radicale, lontano dall’agiatezza e dai recinti delle sacrestie. "L’annuncio del Regno – spiega Politi – richiede di non avere due tuniche, né calzari di ricambio, non possedere oro e argenti nelle cinture, mangiare e bere quello che viene posto davanti", perché "la verità è stata nascosta ai saggi e ai potenti di questo mondo e rivelata, manifestata ai piccoli". La teologia, spiega, è "la via dell’andare e del venire di Dio e dell’uomo, in un andirivieni incessante di Cielo e di Terra, di Rivelazione e di Risposta, come in un gioco bellissimo ed estasiante a irradiare Amore". Non una scienza per pochi eletti, ma lo strumento che costringe ogni uomo e la Chiesa a calarsi nelle vicende della storia.

Figlio del suo tempo, don Sirio resta affascinato dal fermento che anima la società civile durante gli anni della guerra fredda, sostenendo a gran voce il movimento per il disarmo nucleare e la battaglia contro i missili Nato a Comiso. Nel 1984 scrive: "La permanenza della capacità d’incenerimento va risolta immediatamente, annullando il potenziale nucleare e liberandoci dalla paura di essere annientati". "La pace non è, né potrà mai essere frutto della paura, che è radice del male nascosto al fondo di tanta disumanità". Una passione che scaturiva proprio da quella "teologia della pace" che andava prendendo forma nei suoi scritti e di cui troviamo traccia tra le pagine di questo volume. Ancora una volta emerge la sintesi tra materia e spirito. La pace è infatti definita da Politi "mia terra d’origine" – "il bisbigliare dell’erba, il campo dove seminare il pane" – e "desiderio di Dio" – "un’insaziabilità che divora, una necessità assoluta, irrinunciabile". Nella pace tutto trova compimento, la fede e la storia. "Amerai il Signore Dio tuo e la pace come te stesso" è il nuovo comandamento di don Sirio, che Maria Grazia Galimberti lascia in eredità ai suoi lettori.

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