VINCERE L'IDEOLOGIA DELLA PAURA PER COSTRUIRE PARTECIPAZIONE
Tratto da: Adista Documenti n° 24 del 22/03/2008
Le consultazioni elettorali hanno sempre qualcosa di sconcertante: usano un codice espressivo spietatamente binario: vincitori/vinti, sì/no, bianco/nero, di qua/di là. E questo dover tagliare col coltello è impietoso per chi ama la complessità dell’esistenza sia personale che sociale. Questa volta però allo sconcerto per così dire strutturale dovuto alla tecnica elettorale si aggiunge uno sconcerto ben più inquietante. Ci troviamo di fronte a una incredibile persistente ampiezza del consenso verso un sistema autoritario, per non dire dittatoriale, di gestire la cosa pubblica, quale si è rivelato il sistema berlusconiano. Così nacque il fascismo. Così ora può nascere qualcosa che gli somiglia molto.
Gli esperti di sociologia e i politologi si incaricheranno di spiegarci che cosa sta succedendo. Ma noi dal basso abbiamo antenne sensibili che ci consentono quanto meno di intuire. Uno degli elementi che emergono con prepotenza nella società attuale è certamente l’insicurezza e la paura. E la paura, come si sa, fa regredire, rende bambini, induce ad affidarsi, a gettarsi nelle braccia di poteri forti, di miti di salvazione, ad abdicare alla propria responsabilità e autonomia, a svuotare la rete delle relazioni.
Questo senso di smarrimento, di insicurezza e talvolta anche di rifiuto deve essere affrontato con delicata attenzione. Ma è una nuova cultura che deve svilupparsi insieme all’incedere delle trasformazioni strutturali in modo da asservire i processi del cambiamento invece di esserne dominati. E per questo serve la conoscenza, la razionalità, la fiducia. Strumentalizzare e fomentare a scopo di potere e di dominio lo sconcerto e la paura del parto sociale che sta avvenendo nel grembo fecondo della realtà è una forma grave di criminalità politica. E purtroppo è proprio questo che sta avvenendo. Di fronte a questa mobilità planetaria mai prima d’ora sperimentata in una intensità così massiccia, si alimenta la paura del diverso che attenta alla nostra identità, la paura dell’immigra-zione come invasione dei barbari che vengono a rubarci lavoro, benessere, tranquillità, la paura del terrorismo che incendia il mondo. Di fronte a conquiste scientifiche e tecnologiche che penetrano nel sacrario più intimo della vita, si enfatizzano in modo esasperato i pericoli in campo genetico e riproduttivo. Di fronte a prese di coscienza e scoperte nel campo della psiche che rivelano profondità e pluralità di modi di essere finora ignorati, che impongono l’affermazione di diritti negati di parità della donna, che aprono orizzonti di dignità per le persone dall’orientamento sessuale finora represso, si demonizzano nuovi modi di impostare i rapporti umani come attentati alla natura, si colpevolizza la responsabilità della donna nel campo riproduttivo fino ad accusarla di assassinio non solo per l’aborto ma per lo stesso uso della pillola abortiva. Di fronte alla scoperta della pluralità e varietà di espressione del senso della religiosità e dell’etica che rende relativi tutti gli universi religiosi, si agita il pericolo del relativismo che ci farebbe scivolare nel baratro distruttivo del “tutto è permesso se non c’è un Dio” che giudica il bene e il male. E così via.
Un grande compito di formazione culturale sta davanti alla politica e alla società civile e una grande alleanza s’impone fra istituzioni, organizzazioni sociali e movimenti per guarire dalla paura e ritrovare fiducia.
La delega democratica usata come sedativo e questa tendenza al leaderismo addormentano il senso critico e trasformano la società in gregge. La partecipazione critica della società è essenziale per non trasformare l’elezione in un affidamento irresponsabile che esorcizza la paura ma non la guarisce. La partecipazione critica e costruttiva costa. È tanto più allettante lasciarsi condurre.
Il potere ecclesiastico dominante forza la sua presenza nel campo direttamente politico per due motivi. Uno è quello di condizionare la politica stessa e di ottenere il massimo per gli interessi che la gerarchia considera (a torto) interessi della Chiesa. Ma la sua capacità di spostare voti è molto minore dello sbandieramento che ne fa. L’altro motivo, forse più decisivo, è quello di spostare la società, la politica e la cultura verso l’affidamento a poteri autoritari. Il verticismo è il suo orizzonte umano e il fondamento della sua antropologia.
La società civile dei diritti di tutti e della solidarietà, il mondo dell'associazionismo di base, l'area del volontariato, dell'autonomia e della responsabilità si confermano nella loro convinzione che i percorsi delle mediazioni politiche devono continuamente intrecciarsi con i sentieri della trasformazione dal basso della società intera e delle singole coscienze. Altrimenti la politica diventa un "buco nero siderale", un vortice che ingoia energia e crea il vuoto. Resistere nella fatica quotidiana dei rapporti di crocicchio e di piazza, resistere nelle mille iniziative concrete in mezzo alla gente, tese a creare coscienze critiche, autonome e responsabili, resistere nella ricerca inesausta di una comunicazione libera e liberante, tutto questo si rivela sempre più indispensabile. È la strada maestra del realismo dell'utopia. La destra ha spazio perché a questa resistenza si è dato finora poca importanza e scarsa visibilità.
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