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1983 - WOJTYLA SGRIDA IL NICARAGUA

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

La crisi politica aperta dalla caduta del VI governo Fanfani non sembra trovare sbocchi. Così, il presidente della Repubblica Pertini scioglie anticipatamente le Camere e indice nuove elezioni. Il calo della partecipazione al voto (26 e 27 giugno), che per la prima volta scende poco sotto il 90% (cifra comunque enorme se raffrontate all’oggi) segnala l’inizio di un disagio verso la politica destinato ad aumentare. Lo spoglio fa registrare un crollo della Dc, (nonostante l'ascesa di De Mita) che pur con il 32,9% perde oltre il 6% dei consensi. Stabile il Pci, (29,9%), mentre guadagna notevolmente il Psi, che passa all'11,4%. "Non moriremo democristiani" titola ottimisticamente il manifesto (28 giugno). Ma le cose vanno assai diversamente: il Pci viene emarginato da un inedito asse Psi-Dc: ad essere incaricato di formare il nuovo esecutivo è il segretario del Psi Bettino Craxi.

Nel Paese intanto prosegue - con una forte presenza della Chiesa di base - la mobilitazione contro l’installazione dei missili Nato a Comiso, con occupazioni simboliche della base, blocchi, manifestazioni (le principali quella del 26 settembre a Comiso e l’imponente corteo di un milione di persone che attraversa il centro di Roma il 22 ottobre). Il 31 marzo, il "Coordinamento Cristiani per la Pace" (sacerdoti, religiosi, laici, membri di varie associazioni cristiane) indicono una ‘Via Crucis’ contro le armi nucleari che si conclude il venerdì santo di fronte al cancello principale della base di Comiso. L'iniziativa ha il sostegno dei parroci della città che autorizzano l'utilizzo delle chiese più importanti. Se il governo è sordo alle ragioni della piazza, non così Pertini che, nel discorso di fine anno alla nazione, dissociandosi dalla linea dell’esecutivo, afferma di schierarsi dalla parte di chi manifesta per la pace e contro i missili Nato a Comiso, che gli Usa avevano cominciato ad installare in novembre. Afferma inoltre che, in caso di guerra, il contingente militare italiano in Libano deve essere ritirato.

Per la Chiesa cattolica l’83 è l’anno del Giubileo speciale per i 1950 anni dalla Resurrezione. Ma anche (25 gennaio) quello in cui viene promulgato il nuovo codice di diritto canonico (per la Chiesa latina) dal quale esce fortemente rafforzato il centralismo papale. Wojtyla manifesta in modo sempre più aperto la sua ostilità verso ogni istanza di rinnovamento ecclesiale e politico. Durante la tappa in Nicaragua di un viaggio pastorale che tocca diversi Paesi centroamericani (2-10 marzo), il papa rimprovera pubblicamente padre Ernesto Cardenal, che ha accettato di entrare a far parte del governo sandinista. E, durante la messa celebrata in piazza, zittisce la madri degli uccisi dai "contras" (i guerriglieri antisandinisti sostenuti dalla Cia). Prosegue anche l’opera di repressione del dissenso interno e si intensificano le critiche alla linea di coerente fedeltà alla "scelta religiosa" del presidente dell’Azione Cattolica Monticone, soprattutto da parte di Comunione e Liberazione (che - forte del sostegno del papa - acquisisce potere nella Chiesa e sulla scena politica). Intanto la sinistra ecclesiale perde, nella notte tra il 20 e il 21 luglio, Franco Rodano, antifascista, fondatore del movimento dei cattolici comunisti, scomunicato dal Vaticano per la sua adesione al Pci, tra i più stretti collaboratori di Togliatti e Berlinguer e stratega del compromesso storico e del dialogo tra cattolici e comunisti. La Chiesa e il Paese sono scossi, il 22 giugno, dal rapimento di Emanuela Orlandi, 15 anni, figlia di un dipendente del Vaticano. Della sua sorte, e dei possibili legami tra questa oscura vicenda e lo scandalo Ior-Banco Ambrosiano, l’attentato al papa, i servizi segreti di diversi Paesi, la Banda della Magliana non si saprà mai nulla di certo. E se qualche velo dell’Italia dei misteri sembra potersi squarciare quando a San Paolo, in Brasile, vengono arrestati i boss mafiosi Tommaso Buscetta (che si rivelerà uno dei pentiti "chiave" nella lotta a Cosa Nostra) e Tano Badalamenti, la mattanza mafiosa non si arresta: un attentato uccide a Palermo, il 29 luglio, il procuratore capo Rocco Chinnici, che indagava sui mandanti degli omicidi La Torre e Dalla Chiesa, ma anche sui "colletti bianchi" della mafia.

Fuori dai confini nazionali, in El Salvador, il 13 marzo, Marianela Garcia Vilas fondatrice della Commissione per i diritti umani e collaboratrice di mons. Oscar Romero viene catturata dall’esercito salvadoregno, brutalmente torturata e uccisa. Il 23 marzo, Ronald Reagan annuncia l'avvio dell’Iniziativa di Difesa Strategica, meglio nota con il nome di "scudo spaziale". Il 9 giugno, in Gran Bretagna, le elezioni politiche confermano la leadership di Margaret Thatcher, al governo dal 1979. Il 30 ottobre in Argentina Raul Alfonsin vince le elezioni presidenziali: sulla scia della disfatta nella guerra delle Falkland/Malvinas torna la democrazia dopo 7 anni di feroce dittatura militare. (valerio gigante)

 

BUTTIGLIONE: LA SCELTA RELIGIOSA È FILOSOVIETICA

 

13084. Milano-adista. La "scelta religiosa" dell'Azione Cattolica, inconsunto pomo della discordia fra AC e Comunione e Liberazione, è oggetto di un'analisi di Rocco Buttiglione pubblicata sul settimanale di CL "Il Sabato" (2-8 aprile). Tale scelta, che comporta l'affermazione del primato della fede sulla politica, nata da giuste esigenze fra la fine degli anni ‘60 e il principio degli anni ‘70, si è, secondo Buttiglione, guastata col crescere, fino a inserirsi, "pur senza volerlo", "in quella strategia sovietica che mira alla sottomissione senza lotta ed al suicidio spirituale dell'Europa e che vede il suo principale ostacolo in una possibile ripresa di autorevolezza e di presenza della Chiesa cattolica".

All'inizio erano due le necessità per l'Ac, scrive Buttiglione: 1) por fine "a una situazione di pratica non-differenziazione fra Democrazia Cristiana e Azione Cattolica"; 2) "ribadire, davanti ad una cultura giovanile che affermava che 'tutto è politico', l'esistenza, ed anche il primato, di un qualcosa che politico non è, appunto la fede". Per quanto riguarda il secondo punto Buttiglione sottolinea: "Soprattutto in momenti di confusione, di perplessità e di imprecisazione culturale, quando i cristiani appaiono incerti e divisi fra opzioni politiche diverse, è molto importante richiamare che, per così dire, la fede viene al primo posto. Proprio nella sua voluta non politicità un simile richiamo acquista (o può acquistare) il massimo di forza politica. Esso significa infatti un'opposizione diretta a tutti coloro che mettono al primo posto qualcosa d'altro". Questo era in origine. "La scelta religiosa però - continua Buttiglione - viene rapidamente cambiando i suoi connotati originari per effetto di una lettura errata della realtà italiana che nasce all'interno del cattolicesimo di sinistra e soprattutto nel gruppo dei cattolici comunisti ma trova presto credito fra gli intellettuali che ritengono di interpretare il mondo cattolico italiano". "Così accade che la scelta religiosa viene considerata come un elemento che serve fondamentalmente a svincolare la politica e l'azione sociale dalla fede, scavando fra esse un incolmabile fossato" e agli occhi dell'opinione pubblica "viene presentata non come una scelta dell'Ac, ma come una scelta della Chiesa Italiana", per cui "ha finito con l'indicare la posizione del consenso della Chiesa italiana alla strategia comunista del compromesso storico o, più in generale, al processo di laicizzazione-secolarizza-zione della vita nazionale. In altre parole, nella comprensione comune, oggi si stenta a vedere il contenuto religioso della scelta religiosa, mentre sempre più diventa evidente il suo contenuto politico. Esso consiste nell'avversare attivamente qualunque presenza attiva dei cattolici nell'ambito culturale, sociale e politico. Si tratta in breve di assicurare la neutralizzazione del cattolicesimo come forza attiva operante nella vita italiana". (...).

(da Adista nn. 2627-2628-2629 del 18 aprile 1983)

 

"L’AVVENIRE" DI COMUNIONE E LIBERAZIONE

 

13109. Roma-adista. Ad Avvenire cominciano i cambiamenti orchestrati dalla dirigenza ciellina. Negli ultimi giorni il quotidiano si presenta più grintoso dedicando molto spazio a CL, al Movimento Popolare, ai problemi interni della DC e al Comitato di collegamento di cattolici organizzato da Mangialardi. Poco spazio all'Assemblea della Cei mentre ne viene dato molto alle interpretazioni del viaggio del papa in America Centrale firmate da Francesco Ricci, ideologo dell'ala dura di CL. Tra le firme più evidenti del nuovo Avvenire c'è quella di Vieri Poggiali, giornalista economico moderato, di Alfredo Cattabiani, esponente della destra reazionaria e filofascista, e di collaboratori abituali del Sabato come Carlo Luna, Angelo Narducci, Giancarlo Galli e Vittorio Citterich. Lo stesso direttore di Avvenire, Guido Folloni, è entrato a far parte del comitato di direzione del Sabato mentre Avvenire prima dell'autunno andrà a stampare nella tipografia milanese che stampa anche il Sabato.

Oltre ad avere saldamente in mano la direzione del quotidiano, i ciellini hanno sostituito il caporedattore Maraone con Riccomini, che viene dal Giornale di Montanelli e Berlusconi ed è vicino a CL. Presso la sede milanese sono stati assunti tre giovani giornalisti ciellini mentre il segretario di redazione, Rossi, e il caposervizio esteri Sebastiano Morale si sono dimessi, e probabilmente non saranno gli ultimi. A Roma ha presentato le dimissioni anche il vice-caporedattore e vaticanista Angelo Bertani. Ufficialmente "per avere più tempo di studiare e di scrivere". Ma, a parte la volontà di non creare polemiche nel campo ecclesiale, il dissenso sulla attuale linea di Avvenire, che non lascia spazio al pluralismo, costringerà altri redattori romani a rassegnare le dimissioni.

(da Adista nn. 2633-2637 del 26 aprile 1983)

 

INTERVISTA A ENRICO BERLINGUER, SEGRETARIO DEL P.C.I.

 

(...) Adista: Da parte delle Comunità Cristiane di base e di tutta quell'area cattolica sorta sotto l'impulso innovatore del Concilio comunemente (quanto impropriamente) chiamata ‘del dissenso’ o ‘critica’ (...) si è spesso rimproverato al Pci di affrontare il rapporto con i cattolici prevalentemente nelle sedi istituzionali, trascurando la ricerca di una collaborazione sistematica con quelle altre libere ed autonome espressioni dirette del "popolo di Dio" (...); perché?

Berlinguer: Ho già detto che nei rapporti con la cattolicità italiana ha pesato - e non sempre per nostra colpa - una carenza di conoscenze, una disinformazione specifica che ha impedito a volte il dispiegarsi di un discorso coerente, continuativo, produttivo con i credenti, che fosse cioè adeguata alle singole, molteplici - e a volte contraddittorie - forme della loro presenza nella vita della società. Se un'autocritica il Pci deve muoversi per i suoi atteggiamenti nei confronti del cosiddetto "dissenso" progressista cattolico, questa non sta nell'aver temuto di perdere un presunto credito da parte della istituzione ecclesiastica o nell'aver preferito contatti con i vertici della sua gerarchia; sta, semmai, nel non aver saputo sempre accorgersi tempestivamente, interpretare e inserirsi, con i suoi reali connotati, in ciò che si muoveva nel corpo della comunità ecclesiale italiana, cogliendo magari solo i riflessi immediatamente politici di certe realtà nuove. D'altra parte, non mi pare che il Pci debba andare alla ricerca di interlocutori privilegiati, quasi dei mediatori tra la sua proposta politica e l'insieme della cattolicità italiana. Diciamo piuttosto che la proposta comunista - diretta a tutte le forze democratiche, nessuna esclusa a priori - sarà accolta e anche condivisa a seconda della sensibilità e maturazione democratica dei singoli settori della cattolicità. E altrettanto si potrebbe dire per quelle proposte e iniziative di organismi cattolici che sono rivolte direttamente o indirettamente ad altri, e a noi. Là dove sorgeranno rapporti di collaborazione non si tratterà, dunque, di rapporti "privilegiati", ma di una franca e spontanea collaborazione concreta realizzata nell'interesse generale, per il bene comune e non a esclusivo, anche se reciproco, vantaggio dei "comunisti" e dei "cattolici".

 

Adista: Il Pci viene criticato anche per non aver fatto proprie certe lotte che caratterizzano l'impegno di molte comunità di base e gruppi similari: per esempio, la denuncia del Concordato o l'abolizione dell'obbligatorietà dell'insegnamento della religione nella scuola pubblica. Lei ritiene che il Pci, (...) debba mutare in qualcosa il suo atteggiamento in proposito?

Berlinguer: Il Pci non si è impegnato in quegli obiettivi e in quelle battaglie di alcune comunità di base che riteneva politicamente sbagliate o inopportune, o, più spesso, non esattamente coincidenti con le sue posizioni o con i suoi programmi. Noi siamo, per esempio, a favore della riforma del concordato, non per la sua abolizione. Quanto all'insegnamento della religione nella scuola pubblica, anche noi in Parlamento ci stiamo battendo per l'abolizione della sua obbligatorietà; e abbiamo sostenuto soluzioni specifiche che finora non sono convergenti con quelle preferite da altre parti. Il Pci è nettamente schierato per la laicità dello Stato e per garantire la sua piena sovranità nell'ordine che gli è proprio. Desideriamo che questa laicità sia rispettata da tutti, tenendo conto, tuttavia, delle molteplici correnti culturali presenti nella nazione e perciò non prevaricando su questa o su quella per non dar luogo a nuove forme, sia pur mascherate, di confessionalismo di ogni tipo.

(...)

(da Adista dossier del 21-23 febbraio 1983)

 

 

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