
Siria: il vescovo Jacques Mourad racconta
“Arcivescovo di Homs ad ACS: il popolo porta un «peso enorme» ma se le sanzioni saranno effettivamente revocate «la gente tornerà a percepire uno stipendio»”. Sotto questo titolo, la Sezione italiana della Fondazione Pontificia "Aiuto alla Chiesa che Soffre" (ACS Italia) riporta, in un lungo comunicato stampa, la testimonianza sulla situazione siriana dell’arcivescovo di Homs dei Siri, mons. Jacques Mourad, resa in una conferenza stampa organizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS Internazionale). È un’informazione preziosa, non è facile avere racconti di prima mano dal Paese che fino a sei mesi fa era governato da Bashar al-Assad e che da allora è nelle mani del governo islamista di Ahmed al-Scharaa. Riportiamo di seguito il comunicato di ACS Italia.
La situazione in Siria continua ad essere caratterizzata da grave povertà e incertezza, e molte famiglie cristiane stanno ancora cercando di lasciare il Paese. È quanto affermato da mons. Jacques Mourad, arcivescovo di Homs dei Siri, in una conferenza stampa organizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS Internazionale). Secondo il prelato, in collegamento dalla Siria, la recente sostituzione del regime di Bashar al-Assad con uno di matrice fondamentalista islamica ha alimentato sospetti tra i diversi gruppi etnici e religiosi del Paese. «Il popolo siriano vive senza dignità e senza fiducia nei propri simili, nel governo e nella comunità internazionale. Questo è diventato un peso enorme sulle spalle della popolazione», spiega, aggiungendo che, sebbene il governo abbia compiuto molti gesti concilianti nei confronti della comunità cristiana e delle altre minoranze religiose, la presenza nelle strade di milizie salafite pesantemente armate mette molti a disagio. I siriani «non si sono mai trovati di fronte a una forma così rigida di Islam, per loro è estraneo e c’è un certo disagio sociale».
Secondo l’arcivescovo, anche molti sunniti – la religione maggioritaria in Siria – diffidano dei militanti che vagano per le strade. «I nostri vicini sunniti ci dicono che non sono contenti di questo nuovo regime e lo dicono anche agli altri, ma tra di loro c'è paura, perché se i sunniti non sono sulla stessa lunghezza d'onda dei salafiti, questi ultimi li considereranno blasfemi, e la conseguenza della blasfemia può essere la morte».
Nonostante l'atmosfera pesante, mons. Mourad spiega che non si può affermare che in questo momento i cristiani siano perseguitati, tuttavia il fatto che l'applicazione delle regole fondamentaliste differisca da una regione all'altra crea un senso di insicurezza. «Il Paese è nel caos, perché non ci sono norme comuni. Ad esempio, in estate di solito portiamo i nostri giovani nei campi estivi vicino alla costa, ma quest'anno non lo faremo, perché siamo preoccupati per la reazione delle nuove autorità in queste zone, poiché per loro la frequentazione tra persone di sesso diverso non è considerata normale, mentre per noi lo è. D'altra parte, però, a maggio abbiamo celebrato senza problemi le nostre tradizionali processioni in onore della Madonna».
Molti cristiani continuano a lasciare il Paese. Mentre prima erano soprattutto i giovani uomini a cercare di fuggire all'estero per evitare il servizio militare, ora, secondo l'Arcivescovo Mourad, sono le famiglie che non vogliono che i loro figli crescano in un Paese dove le strade sono pattugliate dalle milizie salafite. Aggiunge tuttavia che c'è speranza all'orizzonte, in un momento in cui si parla di revoca delle sanzioni che da oltre un decennio paralizzano l'economia siriana.
«Le sanzioni hanno avuto un effetto terribile sulla popolazione. Dopo il cambio di regime, la maggior parte delle persone ha perso il lavoro e ora non ha mezzi di sussistenza. Ogni giorno vengono da me in cerca di soldi per comprare il pane. La maggior parte delle persone non ha abbastanza soldi per pagare il riscaldamento. È diventato troppo costoso. Se la decisione di revocare le sanzioni andrà avanti, allora ci sarà lavoro, possibilità di cambiare e migliorare le condizioni di vita, opportunità e, si spera, la gente tornerà a percepire uno stipendio», senza contare, aggiunge l’Arcivescovo, che con migliori opportunità economiche diminuirà la volontà di vendicarsi.
Nel frattempo, spiega, la Chiesa continua a essere una delle uniche fonti di speranza per molti cristiani e altri siriani che beneficiano degli aiuti. «A nome di tutti i siriani, e in particolare dei cristiani, siamo estremamente grati ad ACS e ai suoi benefattori per averci aiutato ad aiutare i siriani a sopravvivere in questo periodo di fame, sete e mancanza di tutto».
Per quanto riguarda le esigenze specifiche dei cristiani, indica la costruzione di case, ospedali e scuole. «Penso che la Chiesa debba partecipare a questo, e il modo migliore è organizzare e sostenere grandi progetti che possano dare ai cristiani lavoro, occupazione e coraggio». Occorre, conclude, «aiutare i giovani cristiani che vogliono sposarsi, sostenere e incoraggiare le famiglie, sostenere gli ospedali e le scuole per le comunità cristiane e incoraggiare coloro che sono partiti a tornare».
*Foto ritagliata di Ahmed al-Sharaa, di Press Service of the President of the Republic of Azerbaijan tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza
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